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ZRMANJIN BUK 2008
MAJEROVO VRELO
Martedì 15 luglio 2008, inizia
il mio viaggio in direzione Croazia. Avrei dovuto essere partito già da una
settimana ma, un malaugurato furto di documenti e denari subito pochi giorni
prima della partenza ufficiale e la necessità quindi rifare carta d’identità,
patente, documenti vari ed un po’ di nuovi soldini, mi ha creato non pochi
disagi. Con la sveglia alle cinque e l’aria fresca mattutina, mi avvio
rimuginando speranze e progetti.
Quando raggiungo il confine
Croato dopo dodici ore, la vista della mia auto con il grosso carrello giallo e
irriverente, stimola i doganieri a farmi accomodare sul lato della strada per
accertamenti più seri: fortunatamente sono in possesso di un invito ufficiale
del gruppo DDISKF e questo
documento agevola le spiegazioni della quantità e particolarità dei materiali,
cosicché dopo una serie di semplici domande, vengo ammesso a transitare nel
nuovo paese.
Le condizioni meteorologiche
anche quest’anno ci mettono lo zampino per l’ennesima volta: Tihi mi chiama e mi
dice di cambiare destinazione perché nella zona del parco di Risnjak durante la
notte, si è scatenato un temporale tanto violento che la sorgente di Kupa è
andata in piena, il suo livello si è alzato e la sua visibilità già di solito
non eccezionale, si è ridotta notevolmente. La nuova destinazione diventa Otocac
dove si stabilirà, nell’albergo ristorante Boomerang, il nostro campo base per
poi organizzare le esplorazioni per cercare la prosecuzione di Majerovo Vrelo.
Raggiungo la sorgente mentre la
sera sta calando, in tempo per godere, sul bordo della vasca, il rosso del
tramonto, Tihi mi chiama ancora per avvisarmi che, a causa di un problema al
cambio del suo fuoristrada, è impossibilitato ad innestare le marce ed essendo
costretto a viaggiare con la prima, arriverà con la velocità di una lumaca
fulminata.
Mercoledì 16 luglio, è il giorno
della prima immersione necessaria per verificare la forza della corrente della
sorgente. Mentre preparo le attrezzature, rompo la manetta dello svolgisagola
d’emergenza. Quando m’immergo per primo per fissare una corda da 8mm fino alla
galleria principale, la corrente mi sembra più forte dello scorso anno perché
fatico ad arrivare a -22m nella galleria, dove però la corrente è certamente più
debole; riemergo passando per il secondo pozzo che è anche il più facile da
percorrere perché, essendo più largo del primo, la corrente è meno forte.
Riemergo, giusto per prendere delle bombole ed iniziare a posarle in compagnia
di Frf. Lui sistemerà a –6m ed a –21m le bombole da 15 lt. d’ossigeno e di
nitrox, mentre io porterò due bombole da 20 lt. necessarie alla progressione, a
-30m ed una da 10 lt. contenente nitrox, a -35m. Prima di venire in Croazia mi
sono incontrato con Aldo Ferrucci, per recuperare un po’ d’attrezzatura di
ricambio del mio Copis ed il tanto sospirato filtro radiale: ebbene, oggi che è
la prima volta che lo utilizzo, mi accorgo subito di quanto più confortevole sia
la respirazione con questo nuovo filtro rispetto al tradizionale assiale; per di
più, nel filtro radiale riesco a mettere 3,6Kg di materiale filtrante,
situazione da non sottovalutare nel caso d’immersioni profonde o prolungate.
Al rientro, mentre parcheggio
l’auto tra le piante del Boomerang, riesco a rompere anche lo specchietto
retrovisore; probabilmente sono ancora un po’ stanco del viaggio e di
conseguenza un po’ troppo distratto.
Giovedì 17 luglio, arriva anche
Alen a darci manforte. Il mio obiettivo è di preparare a -70m una bombola da 20
lt ed arrivare nei pressi della risalita, dopo il punto più profondo della
galleria ad oltre 400m dall’ingresso, filmando il percorso con la mia nuova
telecamera scafandrata da Isotta..
Una volta installato lo
scafandro della telecamera sul maialino, non mi resta altro da fare che
alleggerire il tutto con i galleggianti: lo scopo è di rendere neutro l’insieme
ma verificherò solo in acqua quanto le mie ipotesi siano corrette. Mi accordo
con Alen, perché scenda a controllare dopo un’ora dalla mia partenza ed
eventualmente, dopo 1h30’ mandi Frf per una seconda visita.
Il sole è caldo ma
fortunatamente, un leggera brezzolina mi permette d’indossare la muta all’ombra
di un tetto e senza sudare troppo. In acqua, mi accorgo che il maialino è troppo
positivo, colpa della fretta che non è mai una buona consigliera, e che mi ha
impedito di meditare al meglio sul principio d’Archimede. Tolgo alcuni
galleggianti dagli elastici che li trattengono, faccio pace con Archimede, ed
inizio la discesa; a -10m nel pozzo, accorgendomi che è ancora troppo leggero,
sfilo l’ennesimo galleggiante e finalmente sono pronto a partire. Mi accorgo
anche di non aver un buon impianto luci, ma purtroppo è quello che ho sottomano
in questo momento e me lo devo far andare bene. Mi ero già accorto che i faretti
avevano un fascio troppo concentrato ed avevo tentato, con un foglio di
plastica, unico materiale trovato in un negozio, di velarli per ammorbidire la
luce, ma vedo che il risultato non è dei migliori: perché la grotta ha le pareti
molto scure che assorbono la luce e la telecamera è lenta con la messa a fuoco;
mi fermo ed inserisco la messa a fuoco manuale ma la gestione della ripresa non
è facile perché, supero velocemente le zone strette dove si possono vedere le
pareti poi, quando raggiungo ambienti larghi, non c’è nulla da riprendere.
Raggiungo la mia meta dopo ben
30’ perché sono stato rallentato dal desiderio di eseguire delle riprese che, in
realtà, non avevano ancora tutti i carismi per essere portate a buon fine. Dopo
aver raggiunto la fine della galleria profonda ed aver ripreso il filo in
risalita, rientro utilizzando quasi sempre solo le pinne come propulsione, in
maniera tale di gestire con più facilità il lavoro di ripresa video. Dopo un’ora
sono alla base del pozzo a -21m, risalgo e, una volta arrivato nella vasca mi
accorgo che Alen è in acqua perché vedo una nuvola di sospensione nella bocca
d’ingresso. Purtroppo il fango presente sui bordi della vasca non aiuta,
entrando ed uscendo dall’acqua a lasciare limpida l’acqua della vasca se
non stando particolarmente attenti ed ancora non basta.
Riemergo dopo 110’ dalle acque a
9° della sorgente. Sono impaziente di vedere sul monitor del computer il
risultato delle riprese di quest’immersione.
Venerdì 18 luglio trascorro la
giornata a ripristinare le attrezzature disturbato a metà mattina, da un
temporale antipatico e dispettoso.
Sabato 19 luglio, la mattina
inizia con guai al mio compressore di cui sembra grippato il primo stadio, per
cui solo con l’arrivo di Alan in possesso di un altro compressore, si
potranno ricaricare le bombole di Alen e Frf, ed io vorrei anche concentrarmi
per prepararmi all’immersione: mi piacerebbe risalire il pozzo esplorato l’anno
scorso da Jean Jacques per verificare che non ci siano prosecuzioni: allora, pur
essendo la visibilità veramente scarsa, Jean Jacques non era convinto
dell’assenza di prosecuzioni.
Il suo ricordo mi affianca e quando
raggiungo la sorgente, mi accorgo, e forse non è strano, di aver dimenticato
parte delle attrezzature necessarie per l’immersione; rientro al campo base
mentre Alan ed Alen continuano la ricarica delle bombole.
I pensieri nella testa
rimbalzano da tutte le parti, mi sembra addirittura di non sentirmi in forma e
rifletto che mi devo dare una regolata perché mi sembra di non aver nemmeno la
solita fame d’esplorazione. L’ultima spedizione con Jean Jacques, poco meno di
un anno fa, è stata proprio qui ed ora sono qui io e solo perché la sua amicizia
è insostituibile e la sua mancanza feroce.
Alla fine mi decido e riesco ad
andare in acqua alle 14.00: discesa perfetta o quasi perché il cavo della
batteria che porto con me e che avrei dovuto lasciare a -36m pronta ad essere
utilizzata al mio rientro per alimentare il giubbetto elettrico,
si impiglia nell’elica del maiale; seccato la lascio a –30m (tra –30m e
–36m ci sono oltre 50m di galleria) dove prendo la bombola da 20 l. Arrivo al
punto dove lascio il maiale dopo 18’a 400mt dall’ingresso e continuo con una
risalita; al primo deep stop a -52m mi accorgo che in entrambi i lati di questa
frattura c’è la possibilità di esplorare e quindi lascio un elastico per
ricordarmi di questo punto fondamentale; risalgo fino alla fine del filo steso
da Jean Jacques -31m: da lì è impossibile proseguire. Scendo senza occuparmi
della possibilità di esplorare: voglio rientrare. La caduta dai -31m ai -70m è
totalmente verticale poi, una decina di metri orizzontali e giù di nuovo fino al
maialino. Dopo 80’ sono nel laghetto a -12m e dopo altri 35’ riemergo al caldo
dei raggi solari.
Domenica 20 luglio. Questa è una
giornata di riposo dalle immersioni ma dedicata all’allenamento. Inizio alle
7,30 con un giro in bicicletta di 46km; la temperatura iniziale di 12° mi fa
rimpiangere una felpa, ma dopo poco, il sole nascente inizia a riscaldare
l’atmosfera ed inizio a stare bene. Nell’attraversare i paesi, sento il profumo
delle panetterie e quando mi trovo in mezzo ai campi, annuso odori d’animali
domestici, erba tagliata, ecc. Rientrato alla base dopo poco meno di un’ora e
mezza, mi rimpinzo di pane miele formaggio e pomodori. Arriva Moonlight e
parte Frf.
Il resto della mattinata lo trascorro
preparando i materiali per l’immersione del giorno seguente. Il clima è
piacevolmente caldo e nel pomeriggio con Moonlight vado a Senj, al mare, dove mi
ristoro con una nuotatina di oltre 2km. Qui l’acqua è più fredda e meno salata
che altrove grazie alle molte sorgenti del soprastante massiccio del Velebit che
gettano la loro acqua sotto il livello del mare.
Lunedì 21 luglio, inizia con una
abbondante pioggia già dalle sette del mattino tale da preoccuparmi. La sorgente
di Majerovo Vrelo infatti, è molto sensibile e reattiva alle piogge, il che
significa che c’è il rischio di non avere il tempo di recuperare le attrezzature
all’interno della grotta. Mentre mastico la colazione, medito di portar fuori la
bombola da -70m di profondità e di lasciare nella grotta le decompressive, più
facili da recuperare in caso di piena. Inizio a tribolare montando la telecamera
sul maiale: utilizzo dei fari che mi sono stati prestati, ma sono in condizioni
pietose perché tutti gli o-ring sono da pulire ed un contatto si è scollegato;
fortunatamente ho con me un saldatore a stagno ma tutto questo mi fa perdere un
sacco di tempo. Una volta terminati i maneggi, mi accorgo che sono molto più
limitato di quello che pensavo nell’uso dei fari a causa dei cavi
d’alimentazione troppo corti. Verificando il mio Copis, mi accorgo che la
bombola d’emergenza di ossigeno è rimasta con soli 30bar dei 250bar iniziali; la
causa è una perdita dal primo stadio. Sostituisco l’o-ring ma dopo un’ulteriore
verifica m’accorgo che anche un secondo o-ring perde notevolmente ma, cercando
tra le montagne di ricambi che ho con me e non trovandone uno delle stesse
dimensioni, sono costretto quindi a cambiare il primo stadio. Verifico le
batterie del giubbetto elettrico e mi accorgo che una non funziona: il problema
si trova nella spina del cavo, anche qui sono costretto a sostituire il pezzo.
Si è fatta l’una meno venti
quando saliamo in macchina per raggiungere la sorgente. Non piove più e ci sono
18 gradi cioè l’ideale per indossare la muta ma, non per restare a regolare
l’assetto del maialino con le gambe nude nell’acqua a 9° della sorgente. Quando
mi chiudo nella muta ho quasi freddo, e non sono sudato nemmeno un po’. Alan ed
Alen filmeranno la mia partenza mentre Moonlight mi darà assistenza al rientro.
Entrando in acqua, mi accorgo che la
visibilità è leggermente diminuita e la corrente aumentata rispetto a due giorni
prima. Una volta recuperata la bombola da 20 l a -30m, mi lascio alle spalle gli
operatori e, facendomi tirare dal maialino, avanzo verso il punto
d’esplorazione. Anche il contatto elettrico del maialino fa il matto,
costringendomi un paio di volte ad utilizzare lo stacca-batteria per fermarlo;
alla fine m’accorgo che è la manopola d’emergenza, non nella giusta posizione,
che mantiene chiuso il contatto del relè. Dopo 16’, inizio il percorso in
risalita che dai -90m mi porta a -52m e qui attacco il filo dello svolgisagola
iniziando a stenderlo. Una decina di metri orizzontali per raggiungere il
restringimento ed una volta varcata questa specie di finestra, mi ritrovo in una
grossa sala, larga una decina di metri, alta abbastanza per non riuscire a
farmene un’idea e lunga, dopo averla percorsa, una ventina di metri. In
direzione del punto più lontano, scorgo un gigantesco scivolo ricoperto
d’argilla modellata dai secoli da cui, pur subendo un’attrattiva quasi
irresistibile me ne sto a distanza di sicurezza. Lo scivolo è lungo almeno 10m e
largo una decina alla base restringendosi verso l’altro: mi ricorda la forma di
una slavina. Inizio a risalire verticalmente ma ahimè, la visibilità è
deteriorata dalle poche bolle che emetto e che staccano l’argilla presente
ovunque. Verso i -30m mi sposto ancora un poco in orizzontale: sopra di me il
soffitto sembra chiuso e la roccia da marrone scuro cambia completamente e
diventa chiara; risalgo ancora un po’ ma non sono tranquillo perché la
nebbiolina dovuta all’argilla in sospensione, mi suggerisce di essere circondato
da strane forme. Lego il filo a -15m e qui, dopo 77m d’esplorazione, la roccia
si sgretola al contatto delle mani come ci fosse una forte erosione chimica
sulle rocce e come se l’acqua fosse più acida che nel resto della grotta.
Mi lascio cadere verso il basso attento a
non urtare le pareti, per non peggiorare ulteriormente la visibilità. Eccolo
sotto di me il mio bel maialino che mi porterà verso l’uscita della grotta: lo
impugno, riaccendo la telecamera che sembra funzionare e rientro, aiutato anche
dalla corrente che in questa zona è abbastanza sostenuta. Recupero la bombola
dai -70m, esito anche a prendere quella dei -36m ma poi “fiducioso” nelle
previsioni dei prossimi due giorni decido di lasciarla. Arrivo alla base dei
pozzi dopo 80’, e quando arriva Moonlight, mi mancano ancora 45’ prima di
riemergere dall’acqua e trovarmi nel vento freddo che sta spazzando la pianura.
Martedì 22 la giornata inizia
nuovamente con una pioggia fitta ed una temperatura di 12° che mi tolgono ogni
velleità di andare in bici. Poco male perché devo riparare un faro e poi insieme
a Moonlight devo sistemare il resto del materiale, mettere in carica le
batterie, mettere i sottomuta e la muta ad asciugare, riparare il corrugato
della muta che si è rotto, ecc.
Alan ed Alen vanno ad immergersi
a Majerovo; riferiranno poi che la corrente era leggermente aumentata e,
considerato che le previsioni danno peggioramento per i prossimi giorni, il
giorno seguente sarà l’ultima immersione di quest’anno.
Mercoledì 23, ultima immersione
a Majerovo, durante la quale spero di riuscire a continuare la risalita e
d’effettuarne la topografia. Siamo tutti pronti prima del solito, anche se
l’infinita serie di piccoli problemi che continuano a sorgere, non è ancora
terminata. La giornata è ideale per prepararsi all’immersione, con la
temperatura di 12° ed il sole nascosto dalle nuvole. Alan ed Alen si preparano
prima di me per filmare il mio ingresso nella grotta. Moonlight verrà a
verificare che tutto proceda bene ed a recuperare il materiale che riporterò,
tornando dall’esplorazione. Quale delizia non sudare mentre indosso la muta, con
il sole che va e viene: in un attimo sono pronto ad indossare il mio Copis. Alan
ed Alen spariscono sotto la superficie dell’acqua mentre io termino la
vestizione, recupero il maialino ed inizio l’immersione. A circa dieci metri di
profondità, quando intravedo le luci della telecamera di Alan, avanzo
utilizzando il maialino per contrastare la corrente ed alla base del pozzo, mi
fermo un attimo per permettere ad Alan di anticiparmi a -30m dove recupererò la
bombola relè. Accecato dalle luci dei fari della telecamera, prendo la bombola
ed inizio a percorrere la galleria. Per agevolare il lavoro di Alan, voglio
accendere anch’io i fari della mia telecamera che però non vogliono saperne ed
in un attimo di nervoso, strappo telecamera e fari dal maialino, li consegno ad
Alen e me ne vado. Sono talmente rapido che, comprese le soste, arrivo alla base
del pozzo a 400m in 14’; mentre risalgo, preparo la placchetta per la topografia
e lo svolgisagola. A -54m inizio a prendere i dati necessari per rilevare la
salita e la decompressione trascorre veloce, essendo impegnato a scrivere. Una
volta arrivato alla fine del filo, riposiziono la placchetta, attacco lo
svolgisagola ed inizio la nuova esplorazione. Risalgo ancora in un ambiente
tetro fino a 9m, ma mi ritrovo in una zona cieca. Probabilmente avrei dovuto
spostarmi sulla destra ma a questo punto, la visibilità è pregiudicata e sono
costretto a rientrare. La discesa che mi riporta al maiale a -90m, è
impressionante e rapida. Il maiale è lì che mi aspetta, lo prendo e via verso
l’uscita: nella galleria sono spinto dalla solita corrente ma la velocità è
decisamente superiore. In decompressione incontro Moonlight, a cui consegno le
due bombole da 20 lt., la bombola da 10 lt. ed il maialino. Le ritrovo a -21m
appese alla corda perché Moonlight, dopo aver verificato che tutto procede nel
migliore dei modi, è andato a fare una visita alla grotta. Mentre aspetto di
terminare la tappa decompressiva, slego la corda dal masso e spedisco il pacco
di materiale alla superficie del lago sfruttando la corrente. All’uscita
dall’immersione piove, come lo scorso anno e, dulcis in fundo, la gomma
anteriore del mio fuoristrada è a terra, buca. Alen la sostituisce nel tempo che
impiego per cambiarmi. Un salto per ripararla, un giro in paese e poi la
sospirata pappa con trote, verdure e formaggio.
Giovedì 24 carichiamo le
macchine per andare ad Obrovac dove venerdì sera inizierà ufficialmente la
spedizione Zrmanjin Buk.
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Vita sul fiume a Otocac
Foto: Luigi Casati |
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Vita sul fiume a Otocac
Foto: Luigi Casati |
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Il tramonto a Majerovo Vrelo
Foto: Luigi Casati |
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Quasi tutti pronti per la prima immersione
Foto: Stefano Gallingani |
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Il maialino attrezzato di telecamera
Foto: Stefano Gallingani |
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Mi aggancio al maialino
Foto: Stefano Gallingani |
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Mi bilancio il carico
Foto: Stefano Gallingani |
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La fine di una capovolta in stile
Foto: Stefano Gallingani |
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L'esterno dal lago
Foto: Luigi Casati |
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Vegetazione nel lago
Foto: Luigi Casati |
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Vegetazione nel lago
Foto: Luigi Casati |
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Un tronco ricoperto da alghe
Foto: Luigi Casati |
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Il secondo pozzo visto da sotto
Foto: Luigi Casati |
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Il secondo pozzo visto da metà
Foto: Luigi Casati |
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Uno sguardo alla profondità
Foto: Stefano Gallingani |
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La decompressione
Foto: Stefano Gallingani |
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La decompressione
Foto: Stefano Gallingani |
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KRNJEZA
Venerdì 25 la giornata è libera
e ne approfitto per svegliarmi presto per fare un giro in bicicletta. La
mattinata è fresca e questo è un bene perché in questa zona ci sono diverse
salite con pendenze fino al 15%. Trovo subito una ripida salita per uscire dalla
valle, poi la strada continua meno ripida fino ad arrivare ad un gruppo di case
dove due cani un po’ incavolati, m’inseguono per quasi un chilometro e mi fanno
stabilire il personale record di velocità in salita. Per il resto, il giro
finisce al sessantunesimo chilometro di cui la metà di salite impegnative.
Alla sera ci s’incontra con un
gruppo speleo ungherese al ristorante, dove è stata organizzata la cena d’inizio
della nuova meta della spedizione e si festeggia anche il compleanno di Tihi.
Sabato 26 in tarda mattinata
saltiamo sulle auto per raggiungere il punto dove c’imbarcheremo sulle canoe per
raggiungere la grotta. E’ da molto tempo che i miei sogni sono in sintonia con
quelli degli amici Croati e precisamente dal giorno in cui, due anni fa, ho
visto il canyon e l’ingresso della grotta. Una parte del gruppo, quella secondo
me più sfortunata, andrà a piedi, gli altri me compreso, con tutto il materiale
andrà con i kayak, via fiume. Appena partiti, mentre la canoa fende l’acqua,
vedo una biscia saltare da un ramo di una pianta in acqua e sparire tra la
vegetazione, poi è la volta di una tartaruga che s’immerge scendendo da un
tronco, aironi grigi, martin pescatore e qualche falco riempiono il cielo, oltre
naturalmente ad innumerevoli rondini e uccelli di vario tipo che completano il
suono dello sciabordio delle imbarcazioni, con i loro stridii. Arriviamo alla
grotta dopo il gruppo che è andato a piedi: il nostro tragitto è durato due ore
mentre i “terrestri” hanno impiegato 1h e 30’. Tuttavia la progressione sul
fiume è notevolmente più sicura e confortevole del percorso a piedi perché, via
terra, ci sono oltre 200m di dislivello da scendere su di un pericoloso ghiaione
e, la salita ripida che segue, è molto faticosa. Siamo un bel gruppo di Croati,
Ungheresi e Italiani. Dallo sbarco, abbiamo ancora mezzo chilometro di
saliscendi sui massi sul fondo della valle ma, visto che siamo in tanti e che il
numero fa forza, il peso delle attrezzature ben distribuite fra noi, quasi non
si sente. Fortunatamente l’acqua del sifone è ad una ventina di metri
dall’ingresso e c’è spazio in grotta per cambiarsi al fresco. All’interno del
gigantesco androne, largo una decina di metri ed alto una ventina, vive beata
una colonia di pipistrelli ed i biologi del gruppo ci precedono per registrare
le loro chiacchierate; noi speleo e speleosub aspettiamo che finiscano il loro
lavoro di spionaggio poi, giusto il tempo di posizionare le attrezzature sul
bordo dell’acqua, preparare il rebreather e via, salto dentro.
Alen, che ha l’incombenza di
posizionare le bombole d’emergenza a -6m ed a -21m, partirà 15’ dopo di me. Io
sistemerò una bombola a -36m e tengo con me due bombole da 20 l. per
l’esplorazione. Alan, che ha esplorato precedentemente per un centinaio di
metri, mi ha anticipato che la grotta è gigantesca e che probabilmente scende in
profondità. L’acqua appare torbida e questo è un deterrente ai fini esplorativi
ma, dopo qualche metro, la visibilità migliora tanto da poter vedere bene a
cinque metri di distanza tuttavia, le dimensioni della grotta sono tali, che
anche cinque metri non sono sufficienti per trovare facilmente la prosecuzione.
Evito di scendere nel primo
pozzo che incontro, evito anche il secondo e dopo circa 50m di progressione mi
trovo a -21m; da qui non posso far altro che spingermi verso una maggiore
profondità. A -36m lascio la mia bombola da 10 l., e qui nuovamente devo
scegliere in quale dei due passaggi che mi si presentano è meglio infilarmi.
Scelgo quello che teoricamente, mi sembra sia in direzione dell’interno della
montagna: -….sono in una frattura e non è facile seguire una morfologia
logica….- Proseguo la discesa tra massi ricoperti di argilla ma, fortunatamente
con il mio rebreather Copis, non emetto bolle d’aria che sicuramente
contribuirebbero a ridurre la visibilità. Raggiungo i -55m e mi trovo, ormai a
120m dall’ingresso, in una saletta completamente chiusa; risalgo fino a -36m,
attacco nuovamente il filo e via nel secondo passaggio dove raggiungo i -40m,
poi la galleria inizia a risalire. Sono ancora nella frattura dove salgo fino a
-17m dopo aver steso altri 50m di nuovo filo ma, il passaggio si restringe e ci
sono dei massi bloccati tra le pareti sopra di me: devo scendere per trovare un
ancoraggio ed attaccare il filo qualche metro più sotto.
Girando di qua, girando di là,
sono un po’ sfiduciato perché non so decidere dove indirizzarmi per andare a
cercare e la visibilità in diversi punti è molto ridotta. In risalita recupero
la bombola da 10 l e la porto a -21m, riattacco il filo e mi sposto verso il
soffitto della frattura: salgo lentamente fino a raggiungere la superficie, e
caccio fuori la testa in una grossa sala di una ventina di metri d’altezza per
una decina di larghezza. Rimanendo in acqua mi spingo un po’ più avanti e dopo
qualche metro, il nero che si allarga sotto di me mi attira: mi sono convinto
che la prosecuzione deve essere a poca profondità perché le pareti sono pulite
dall’argilla mentre, oltre i -30m, ne sono ricoperte. Ancora una volta devo
scendere in un ambiente talmente grande da non dare la possibilità di vedere la
parete alla mia sinistra poi però, a -44m, sono di nuovo costretto a fermarmi
perché non si passa più.
Un po’ deluso, è passata più di
un‘ora, decido che l’esplorazione per il momento è conclusa e faccio dietro
front: Moonlight mi starà aspettando in deco ed infatti lo incontro a –21m; un
ok con la mano e continuo la mia risalita. In totale ho steso 305m di filo di
cui 200m per la nuova esplorazione. Termino la mia immersione dopo 95’: Tihi è
soddisfatto del risultato io un po’ meno, perché sono consapevole di non aver
trovato nessun passaggio soddisfacente per risultati più grandiosi. Lasciamo
tutta l’attrezzatura sul posto e rientriamo: due ore di canoa ci aspettano e
naturalmente lungo il tragitto scateno una guerra di spruzzi tanto è, che sono
soprannominato dalle fanciulle completamente bagnate, “angel Gigi”. Arriviamo al
campo alle 20, ceniamo, qualcuno fa festa con specialità alcoliche di diversi
paesi, Croazia, Ungheria, Romania altri, fra cui anch’io, vanno a nanna.
Domenica 27, Moonlight rientra
portando con sé il compressore rotto, lo lascerà a Chiara che a sua volta lunedì
lo porterà a riparare. Lo riporterà mercoledì il Pifferaio.
Una parte dei gruppi speleo si
dedica all’esplorazione di una grotta senza sifoni, mentre un altro gruppetto
ridotto, torna con me alla grotta anche se, quasi tutto il materiale è già là.
Siamo in 12 di cui sei fanciulle, naiadi inviate dai boss dei gruppi, per
portare fortuna alla mia immersione. Devo ancora far asciugare l’interno della
muta ed i sotto-muta, che ho abbandonato nel sacco speleo, dopo l’immersione.
Fisso una corda sulla quale poter stendere questi “panni” ed un po’ per volta
arrivano i volontari portando pezzi vari d’attrezzature. Assemblo il Copis con i
bombolini carichi e mi preparo a partire.
Alen e Frf entreranno in acqua
un’ora dopo di me per controllarmi durante la decompressione. Ho talmente poca
speranza di raggiungere grandi risultati e di stare immerso per lungo tempo che,
pensando di non aver bisogno di far pipì, non indosso nemmeno il preservativo
all’uopo. Parto perciò con un solo venti litri e raccolgo, una volta arrivato a
-21m, la bombola da 10 l. Raggiungo la superficie nella sala del giorno prima e
stavolta la percorro sulla sinistra fino in fondo dove attacco il filo ad uno
spuntone e mi lascio cadere giù. Un salto verticale di 40m ma alla fine, mi
ritrovo sul filo da me posato precedentemente; risalgo spostandomi sperando di
trovare una galleria ma, nulla. Avvicinandomi alla superficie, intravedo un
passaggio stretto che porta in una zona asciutta non molto grande. Raggiunta la
superficie, ogni tanto mi lascio andar giù fino a -20m, per verificare se per
caso, esista qualche prosecuzione nascosta: niente da fare.
Ritorno a -21 sulla bombola da
15 l e mi calo nel buco che torna in direzione dell’entrata; a -40m, quando vedo
il filo da me posato il giorno prima al secondo tentativo, sono rassegnato a
ritornare nella zona già percorsa. Lascio il 10 l. a -35m e continuo cercando
prosecuzioni a sinistra,quando finalmente eccone una. Sono a -40m attacco il
filo e parto: evviva, continua! Tra l’argilla, percorro una specie di galleria,
qualche passaggio stretto fangoso che sembra chiudere poi, svoltato l’angolo,
riesco ad avanzare. Risalendo a -30m, raggiungo una strettoia che, al di là,
sembra allargarsi. Mi ci infilo ma, ahimè, una volta arrivato a -24m dopo 80m,
mi trovo in una stanza chiusa. Rientro sempre più demoralizzato, rimanendo ben
attaccato al filo che altrimenti potrei perdere a causa della poca visibilità
finché sono ancora nella frattura da dove sono partito.
A -45m rivedo il piccolo
passaggio sulla mia sinistra, che vado a controllare: è largo 80cm circa ma,
dopo 5m, eccomi in un ambiente grande che scende: questo mi fa preoccupare
perché penso sconsolato che finisca come gli altri. A -60m sono in una zona che
prende la forma di una condotta forzata e ciò è un fatto nuovo, che mi stuzzica
a proseguire ancora un po’.
A -70m la parete si piega a
gomito e sono curioso di scoprire cosa ci sarà dietro: vado e trovo una condotta
forzata con un diametro di 5-6m che parte orizzontale; forse è quella giusta
finalmente. Depongo il mio svolgisagola pronto ad essere ripreso alla prossima
esplorazione, e torno indietro: ho steso solo altri 70m di filo nuovo ma ora
sono veramente felice perché credo di aver trovato il passaggio giusto che mi
porterà nel sistema.
Ritrovo Alen e Frf a -35m,
segnalo che va tutto bene, loro risalgono ed io mi godo il torbido lasciato
dalle bolle dei loro circuiti aperti. Riemergo dopo 119’; il tempo di
smontare il Copis, sistemare le cose e via di nuovo sulle canoe. Un po’ stanco,
non ho voglia di scatenare la guerra degli spruzzi ma a metà del percorso vengo
brutalmente provocato con gocce di acqua in faccia e poiché ciò mi rigenera, i
combattimenti hanno inizio: praticamente rientriamo tutti completamente fradici.
Al campo, cena e canti.
Lunedì 28 giornata di riposo:
esco in bicicletta e mi limito a percorrere 40km perché le gambe sono dure e non
vanno come dovrebbero; durante la pedalata rifletto che le salite sono come la
decompressione durante la quale me ne posso stare a pensare, mentre le discese
sono l’esplorazione subacquea, cioè non mi danno tempo di guardarmi intorno
perché la velocità è alta come la concentrazione. Aggiungo una lunga nuotata al
mare e mi rilasso totalmente. Domani spero sia una buona giornata e perciò
chiudo gli occhi sognando una bella esplorazione.
Martedì 29 la remata mattutina
in canoa è un divertente toccasana per l’umore e lo stress; raggiungendo la
grotta per primo, ne approfitto per far prendere un po’ di sole alla muta per
toglierle l’umidità e devo allestire il Copis. Quando è finalmente tutto pronto
è già pomeriggio: prendo con me le due bombole da 20 l e parto. Pinneggio
tranquillo e determinato, fino a raggiungere il pozzo che mi porta a -70m e dove
posso fare una pausa: la visibilità sembra leggermente migliore anche se
comunque non si vedono le pareti intorno. Raccolgo lo svolgisagola che sta
dietro la curva ed avanzo in questa magnifica galleria di forma ovoidale per
circa 40m; raggiungo un altro pozzo, mi trovo a -73m dove lascio una bombola da
20 l contenente un 19% di ossigeno. Da questo momento mi sento più libero così,
scendendo ancora passo in una galleria che cambia nuovamente morfologia. Sembra
una frattura che percorro fino a -90m dove questa si restringe bruscamente
diventando larga un metro e alta un paio. Fortunatamente essa subito dopo,
sembra riprendere forme ragguardevoli ma non scende oltre i -98m; continuando,
salgo ancora di poco fino a -80m dove non ci sono passaggi. Ritorno a –73m,
dove, mentre prima lasciavo la bombola ho avuto l’impressione di un bivio,
riattacco il filo e vado nella direzione di mio interesse ma, dopo una decina di
metri, nulla, tutto chiuso. Ritorno a -80m e percorro il soffitto di questo
pozzo, mi infilo in una stretta frattura per una ventina di metri ma nulla, non
mi resta altro da fare che ritornare a -98m e provare a risalire uno stretto
camino osservato mentre rientravo. Dal punto più adatto per attaccare il filo,
riprendo la mia risalita nel camino che ha un diametro di un metro e mezzo con
molta argilla all’interno: mi muovo piano piano cercando di non far danni alla
visibilità e quando a -70m le dimensioni diventano impossibili, capisco che non vale
la pena proseguire. Tagliato e legato il filo, scendo con visibilità zero e per
questo mi impiglio più volte nelle rocce fino a quando raggiungo la zona larga
con visibilità decente.
A malincuore dopo 45’ riprendo
la risalita verso le tappe decompressive, a -35m recupero una batteria ed
aspetto la puntuale visita di Alen e Frf con la seconda batteria. L’immersione
finisce dopo 183’. Sosta all’uscita della grotta, spuntino, salto in canoa su
per il fiume.
Mercoledì 30 mattina ci passiamo
le foto, chiacchieriamo, andiamo al mare a Novalja sull’isola di Pag, meta di un
turismo giovane di massa: 200km di strade fortunatamente non intasate dal
traffico. Sul posto però, la quantità di persone sparse nel parcheggio spaventa
noi frequentatori del buio e della tranquillità per cui scegliamo subito un
posto più tranquillo. Meglio la sera, quando rientriamo: il bagno nelle nostre
adorate pozze d’acqua dolce, complete di cascatelle, ottime per il relax.
Giovedì 30. L’immersione d’oggi
la dedicherò al rilievo topografico essenziale per avere una traccia
dell’andamento della grotta: spero, durante il lavoro, di scovare qualche
passaggio esplorabile per il futuro. Scelgo di iniziare con la galleria che
porta nella zona profonda e che è la principale in questo piccolo sistema. In
un’ora, riesco a svolgere il lavoro fino a -75m, osservando un paio di
possibilità esplorative. Risalgo fino a -21m e da qui riparto con un nuovo
foglio, per topografare l’uscita dal sifone, la sala aerea ed il secondo sifone.
Pur non essendo in esplorazione, le regole per la decompressione valgono in ogni
modo perciò, durante la risalita, sono costretto a fermarmi. Poco male, perché
queste pause mi offrono l’opportunità per gironzolare ed annotare un po’ di
dettagli riguardanti la frattura dentro la quale mi trovo. Terminata la deco,
ritorno in superficie, proseguo nel mio lavoro in un’altra parte subacquea,
ridiscendendo a -40m. Un’altra volta fuori dall’acqua, disegno altri dettagli
della parte aerea, poi di nuovo giù fino a -21m dove recupero le bombole di
emergenza ed inizio l’ultima risalita cioè quella che mi riporterà all’ingresso
della grotta. A-15m incrocio i fari di Alen e Frf e, dopo 120’ riemergo.
Abbandoneremo questo luogo
solitario e suggestivo per puntare verso altri lidi. Con calma ricercata
smontiamo il campo e prepariamo i sacchi da caricare sulle canoe. Il Pifferaio
ed io, che siamo soli sulle canoe e perciò più lenti, ci avviamo per primi: il
vento ci aiuta spingendoci alle spalle, con lunghe e violente folate. Sei canoe
sono necessarie per trasportare tutte le mie attrezzature ed il resto dei
materiali; rimane qualcosa di Alen e Frf che domani, daranno l’ultimo tocco
ispezionando il laghetto che si forma prima della grotta.
Venerdì 1 agosto Il Pifferaio ed
io carichiamo le bomboline del mio Copis, portiamo ordine tra i materiali
sistemandoli nel carrello e nelle auto, sotto il sole cocente che ci arrostisce;
arrestiamo la cottura gettandoci a mollo nelle acque del fiume Zrmanja.
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Prima sera a Obrovac
Foto: Luigi Casati |
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Prima sera a Obrovac
Foto: Luigi Casati |
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Quasi quasi perdiamo una canoa
Foto: Stefano Gallingani |
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Si caricano le canoe
Foto: Stefano Gallingani |
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Si inizia a scendere il fiume
Foto: Stefano Gallingani |
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Si continua a scendere il fiume
Foto: Ozgur Can Sonwez |
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Il primo stop
Foto: Ozgur Can Sonwez |
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Il motivo del primo stop
Foto: Luigi Casati |
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Il secondo stop
Foto: Ozgur Can Sonwez |
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In fondo alla valle la grotta ci aspetta
Foto: Luigi Casati |
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Ultimo tratto in canoa
Foto: Luigi Casati |
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Nei pressi della grotta
Foto: Karolina Varga |
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Il maestoso ingresso
Foto: Karolina Varga |
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Ci si avvicina all'acqua
Foto: Alessandro Fantini |
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La preparazione
Foto: Karolina Varga |
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Ultimi dettagli
Foto: Karolina Varga |
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La prima esplorazione é finita
Foto: Karolina Varga |
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Un po' di meritato riposo
Foto: Karolina Varga |
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Inizio della topografia
Foto: Alessandro Fantini |
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Un po' di fresco prima dell'immersione
Foto: Alessandro Fantini |
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Tutto pronto per la topografia subacquea
Foto: Alessandro Fantini |
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Via!!
Foto: Alessandro Fantini |
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I lavori sono finiti
Foto: Melita Kovacev |
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Si porta tutto fuori dalla grotta
Foto: Melita Kovacev |
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Il rientro sul fiume
Foto: Luigi Casati |
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Il rientro sul fiume
Foto: Luigi Casati |
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Il rientro sul fiume
Foto: Luigi Casati |
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Il rientro sul fiume
Foto: Luigi Casati |
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Il rientro sul fiume
Foto: Luigi Casati |
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Si sistema l'attrezzatura
Foto: Luigi Casati |
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Il campo
Foto: Luigi Casati |
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Sulla strada per andare alle pozze
Foto: Luigi Casati |
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Sulla strada per andare alle pozze
Foto: Luigi Casati |
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Doccia al tramonto
Foto: Luigi Casati |
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KUPA
Sabato 2 partendo dal nostro
campo alle 8 del mattino, abbiamo un appuntamento a Crni Lug per un’intervista
alla televisione verso fine mattina. Da percorrere ci sono oltre 200km di cui
una parte di statali a causa della chiusura di un tratto dell’autostrada. Al
paese, ci aspettano nei pressi del laghetto formato dal fiume Kupa. Sul luogo,
si tiene una manifestazione comprensiva di lancio con paracadute e competizione
di nuoto: ci presentano al pubblico, ci intervistano poi, siamo liberi di
raggiungere Gerovo. Melita, Frf, Alessandro ed io, troviamo lì Moonlight che è
arrivato dall’Italia in anticipo. Lasciamo in una proprietà il carrello e, con
le sole auto, andiamo a Kupari nostro campo base dove ci prepariamo ad un primo
trasporto: un pezzo di strada sterrata che percorriamo con il mio fuoristrada,
poi circa mezzo chilometro di percorso abbastanza comodo da fare a piedi.
Trasportiamo due bombole da 15 l e quattro bombole da 20 l. Finalmente con il
buio, arriva il momento di andare a dormire.
Domenica 3 ci sarà la prima
esplorazione nella sorgente del fiume Kupa: Izvor Kupe.
Frf è stato costretto ad andare
a casa per problemi di salute e Melita sua compagna lo segue: rimaniamo il
Pifferaio, Moonlight ed io. In acqua andiamo il Pifferaio ed io: la visibilità
non è delle migliori e lo si capisce già guardandola da fuori. Parto per primo
stendendo il filo vicino alla corda lasciata da un gruppo di Croati e Sloveni
venuti a fare immersione un mesetto fa. Come già previsto la visibilità è di 2m.
Nel pozzo scuro seguo la corda che mi hanno chiesto poi di recuperare, fino a
che raggiungo il fondo a -65m e da qui proseguo in forte pendenza fino a -75m
dove termina la corda con una coda di filo bianco ed un piombo. Poco più lontano
appare un filo abbandonato al suo destino che fluttua, dopo essere stato
tagliato dalla corda: lo seguo a debita distanza dal momento che non è fissato
da nessuna parte, nemmeno là dove s’interrompe a -85m. Non ci si vede nulla ma,
potendo seguire il fondo, continuo a scendere tra massi e ghiaia in un luogo
dove non è facile fare ancoraggi perché i massi sono lisci ed il filo ne scivola
via con estrema facilità.
Quando il lato sinistro della
galleria mi appare dopo una ventina di metri di progressione, mi sposto verso il
centro dove credo sia più alta la volta, la mia vista si annebbia ma è solo un
lato della maschera che si è appannato ed è molto seccante in un ambiente di
questo tipo, con la temperatura dell’acqua di 7 gradi ed a oltre -100m di
profondità. Arrivo in una zona strana con solo ghiaietto sul fondo e neanche un
sasso: poco male perché depongo lo svolgisagola per la prossima volta ed inizio
la risalita. A -115m, a 180m dall’ingresso, risalgo cercando di osservare le
pareti intorno ma, con l’acqua così torbida, è pressoché impossibile e, non
avendo il filo legato in molti punti, durante la risalita finisco sulla parete
di sinistra, piena di tronchi e rami ed oltre, sopra di me, non vedo nulla.
Tappa dopo tappa, a -21m arriva il Pifferaio con la batteria per il giubbetto.
Almeno da qui in su posso a vedere la luce del sole ed in controluce, alcuni
enormi tronchi incastrati di traverso nella galleria: dopo 94’ d’immersione
torno fuori.
Lunedì 4, giorno di riposo per
me, Alen e Gordan che ci hanno raggiunto, faranno un giro in acqua mentre il
Pifferaio esplorerà il pozzo vicino a quello sceso ieri da me: verificherà, con
una visibilità leggermente migliore, che non ci sono congiunzioni fra i due
pozzi, scendendo fino a -59m ad una distanza di 80m dall’ingresso.
Martedì 5, già prima di far
colazione, scappo a mettere la glicerina nei due display del mio Copis per
aumentarne i limiti di profondità, anche se è previsto che già senza modifiche,
si possano raggiungere i -150m senza problemi. In questa grotta credo che le
sorprese saranno tante ed il mio ottimismo è alle stelle.
La glicerina non è molto liquida
e bisogna aspettare che tutte le bolle d’aria escano; dopo il primo rabbocco, ho
il tempo per mangiare. Torno ai miei display e con l’aiuto del Pifferaio,
completo il lavoro: nemmeno una piccola bolla d’aria appare all’interno del
monitor ma, accendendo l’elettronica, con sorpresa, mi accorgo che qualche cosa
non funziona: la glicerina adoperata non è adatta a questo uso.
Telefono a colui che per quanto
riguarda il Copis ed il Megalodon è il mio riferimento tecnico, Aldo Ferrucci,
che mi dice di pulire via il tutto e di cercare della glicerina non conducibile
o dell’olio neutro. Si è fatto tardi e mentre con pazienza ripulisco il tutto,
il Pifferaio sale al carrello che è posteggiato a Gerovo, per prendere la testa
di ricambio del mio Copis.
A mezzogiorno, dopo aver
trasportato a spalla il materiale davanti alla grotta, devo ancora preparare il
mio Copis. ma fortunatamente il lavoro non è lungo; sistemo tre bombole relè da
20 l, mi organizzo per l’assistenza con il Pifferaio ed inizio a cambiarmi. In
acqua, non solo un o-ring di un primo stadio perde e lo devo sostituire, ma
litigo anche con la maschera che continua ad appannarsi: mi tolgo irritato casco
e maschera e ripeto l’operazione anti-appannamento con una bella sputata e, “io
speriamo che me la cavo”. Il Pifferaio sempre efficiente, mi riconsegna veloce
la bombola finalmente in ordine e perciò, anche se non vedo Alen che dovrebbe
filmare la mia preparazione, mi avvicino alla corda e vado verso il fondo.
La visibilità è circa il doppio
ma le bolle che credo siano di Alen, e che salgono esattamente intorno al mio
filo ed alla corda, m’impediscono la visione e mi rallentano. Alen è a circa
-30m in compagnia di Gordan e quando li supero passando al loro esterno, risolvo
il problema e posso continuare la mia discesa verso la base del pozzo. Dove il
filo parte orizzontalmente, inizio a pinneggiare fino a raggiungere la bombola a
-80m rallegrandomi perché, anche se non riesco a vedere tutta la grotta a causa
delle sue dimensioni, la visione generale è proprio migliorata. A -100m lascio
la compagnia di molti Temoli e la bombola con la placca per la topografia: sono
più agile e con minor fatica, raggiungo lo svolgisagola. Il tratto con il
ghiaione è molto grande, ed una volta valutata la pericolosità dell’ambiente, la
mente ritorna a concentrarsi su come inventarmi un ancoraggio, da che parte
andare e se allontanarmi dalla parete che sorge dal nulla sul mio lato destro.
Non riesco a fissare il filo sulle poche rocce che sono troppo lisce; a -125m
m’impiglio con la pinna nel filo, agilmente mi districo e sono libero. Il filo
che sto stendendo non mi piace perché è troppo lasco e me lo trovo continuamente
addosso nelle posizioni sempre più antipatiche.
Basta! A -135m, a 230m
dall’ingresso, lascio lo svolgisagola in dolce attesa e rientro. A -120m, mentre
mi alzo per cercare di vedere il soffitto, appoggio le pinne al fondo e provoco
una frana di ghiaia che inizia a scivolare sotto di me; fortunatamente la
galleria è molto alta e questa situazione non mi preoccupa molto anche se è
fastidioso vedere la ghiaia come un fiume, scorrere sotto di me. Eccomi alla
bombola dove prendo la placca topografica ed inizio a rilevare direzione,
profondità e distanza; in qualche punto vedo la parete, in altri il soffitto
poi, mentre effettuo una tappa deco a -90m, mi accorgo che quello che supponevo
essere la parete di destra (durante la discesa) non è altro che un grosso masso
che misura 8m per una decina: il bello è che della parete nessuna traccia: forse
se ci fosse qualche metro in più di visibilità, sarebbe più facile osservare
questo gigantesco buco nel calcare.
A -24m dopo circa 55’, il
Pifferaio appare con una bombola da 7 l di gas respirabile fino alla superficie,
la batteria e la borraccia; gli passo le due bombole da 20 l di cui una con un
erogatore che perde dalla membrana (altro piccolo incidente), gli scrivo sulla
lavagna di tornare dopo 45’ e rimango solo nel pozzo. Torna puntuale con il
cambio di borraccia e batteria, scrivo che finirò la deco dopo ulteriori 45’.
Dopo 155’ saluto la solitudine e riemergo tra una ventina di persone che si sono
trattenute ad aspettarmi.
Mercoledì 6, alle 10 del
mattino, ci aspettano al centro organizzativo del parco, per una conferenza
stampa con tanto di televisione nazionale Croata e di giornalisti. Tihi, il
Pifferaio ed io stiamo seduti al tavolo con i rappresentanti del parco e della
protezione delle acque del fiume Kupa.
Nel pomeriggio ci dedichiamo
alla ricerca dell’olio per il Copis ed alla sistemazione di un po’
d’attrezzature.
Giovedì 7 tutto sembra filare
liscio: alle 10 abbiamo già caricato la macchina, alle 10.30 ci spostiamo verso
la sorgente. Per la prima volta in questa spedizione, tutto sembra procedere
senza intoppi: sul bordo della vasca preparo il Copis, inserisco il filtro
radiale appena preparato, le bombole, la testa, il vuoto, il pieno e verifico
gli analizzatori. Sostituiamo l’erogatore sulla bombola da 20 l, prepariamo le
batterie, il fornello per il thè, ecc. Quando tutto è pronto vado nel bosco
attrezzato di carta igienica a meditare; spero di vedere un orso o una lince,
animali comuni in questo parco, ma nulla, la mia mente vede solo il filo da
seguire, i tronchi da evitare, quando gonfiare la muta e quando iniziare a
pinneggiare, sento già il ritmo dentro. Nulla o quasi nulla mi può fermare ora:
raggiungo gli altri, inizio a prepararmi. I lavori da compiere sono definiti,
faccio un tuffo in acqua a rinfrescarmi prima di cominciare a sudare troppo e
per fortuna che con questa temperatura è facile bloccare ogni stimolo alla
sudorazione. Indosso il Copis e finalmente entro in acqua. Raggiungo a nuoto la
baia, ad una decina di metri da me, dove il Pifferaio mi passa le due bombole da
20 l che porterò con me al fondo: mi accorgo di aver perso una fascetta da un
anti-freeze e la sosta forzata non mi diminuisce la concentrazione che rimane
tale da non accorgermi nemmeno che Alen è dietro di me intento a filmare le
operazioni.
Riaggancio la bombola, accendo i
faretti e mi dirigo seguendo il filo nel centro del lago. A -6m una rapida sosta
per verificare il funzionamento dei sensori: due perfettamente allineati ed uno
leggermente sballato ma nulla di preoccupante. Scendo di traverso fino alla
verticale, sono a -12m, mi stacco dalla parete per evitare i tronchi a -20m, giù
lo svolgisagola mi aspetta. La valvola automatica d’immissione del trimix nel
Copis funziona perfettamente così che devo solo compensare; supero la bombola a
-36m, a -55m inizio a gonfiare la muta per rallentare. Perfetto! Arrivo a -63m
senza urtare i tronchi, mi lascio scivolare verso il fondo. Il led sul
boccaglio, mi semplifica notevolmente la progressione, perché mi comunica
costantemente la pressione parziale dell’ossigeno evitandomi di guardare in
continuazione il display. Iniziando a pinneggiare con il ritmo preimpostato, la
respirazione non si affanna grazie anche a questo spettacolare filtro che la
rende incredibilmente semplice. La visibilità è di 4m: rimango alto rispetto al
filo, nessuna traccia del soffitto, ma attorno ai -110m rischio di andare a
sbatterci improvvisamente contro: da qui al mio svolgisagola giù in basso sulla
ghiaia, l’altezza della galleria è di circa 6m, ma delle pareti nessuna traccia.
Sulla destra vedo un grosso
masso dove cerco di fissare il filo che però scivola via; avanzo tentando di
rimanere sulla destra superando qualche sasso e della ghiaia. Il led al
boccaglio mi conferma che il flusso dell’ossigeno è regolato perfettamente
perché non aumenta la PpO2. A -150m mi si impiglia una bombola nel filo perché
non ho più l’abitudine ai fili morbidi come questo. Vedo entrambe le pareti
stringersi e sotto di me giacere enormi massi: m’infilo nel passaggio largo 2m
ed alto poco più di un metro anche se sembra che qualche metro più in là il
passaggio si allarghi, decido che per il momento la mia esplorazione è
terminata.
Fisso il filo ad una piccola
protuberanza del masso, do uno sguardo al computer che segna -154m 17’, ed
inizio il ritorno. Il passaggio stretto lungo una quindicina di metri che
percorro non è la strada che ho fatto scendendo ma sono consapevole che il filo
non ben fissato ai massi, si è spostato seguendomi; questa, in caso di scarsa
visibilità è una fra le situazioni più pericolose che si possono verificare
perché si rischia di incastrarsi senza possibilità di soluzione. A -120m ho
l’impressione che sulla mia destra ci sia una galleria, ma sarà per un’altra
volta. Durante le lunghe tappe fonde, mi diletto a vagare a destra ed a sinistra
senza però percepire sempre le pareti essendo la galleria spesso più larga di
una decina di metri dal filo. Recupero le due bombole a -100m ed a -80m, poi la
corda speleo di cui prima detto. A -35m mi ritrovo con cinque bombole da 20 l e
40m di corda speleo da 10mm, a -24m consegno il tutto al Pifferaio e tengo con
me solo le due bombole con il nitrox 35% e 50%. Dopo poco più di un‘ora, arriva
con il thè, la batteria del giubbetto e la lavagnetta e di nuovo gli affido due
bombole da 20 l, appuntamento dopo altri 45’. Altra tornata di cibo e bevande
per me e mia richiesta al Pifferaio di far scendere Alen con la telecamera e di
organizzare la visita finale di Gordan. Alen arriva senza telecamera ma con la
terza batteria ed ancora thè. Gordan mi fa visita quando ormai mancano solo una
trentina di minuti alla fine della deco. All’uscita, dopo 209’ un po’ di turisti
curiosi e Gordan con indosso la muta è pronto a recuperare dall’acqua le mie
attrezzature.
Venerdì 8: la giornata scorre
tranquilla, con foto scattate, bombole ricaricate, memorie stilate. La sera e la
notte, mentre un violento temporale butta acqua a secchiate, i pensieri corrono
alle conseguenze che avrà sulla sorgente.
Sabato 9: le previsioni non
hanno sbagliato nemmeno sulla quantità di acqua che sarebbe caduta; il torrente
formatosi sulla strada ha trascinato via i nostri sandali ed il fiume Kupa è
diventato marrone e turbolento. A questo punto io, che considero il gioco
finito, inizio a preparare le attrezzature da caricare definitivamente, in
macchina ma Alen, che non è convinto, inforca la bicicletta e pedala verso la
sorgente. Al ritorno, racconta che nel laghetto formato dalla nostra sorgente,
la visibilità non è cambiata ma la causa del torbido che osserviamo da dove ci
troviamo, cioè a valle, è da imputabile ad una piccola sorgente che sgorga a
metà strada tra noi e Izvor Kupe.
Piacevolmente sorpresi, a
mezzogiorno torniamo alla nostra sorgente perché, a dispetto del tempo, potremo
dare un altro bel colpetto all’esplorazioni e stavolta, con Alen e Gordan che
faranno le riprese, sarà il Pifferaio che, come facilmente posso immaginare,
avrà il piacere della scoperta e del brivido esplorativo.
Relazione del Pifferaio:
09/08/2008 – Dopo il
temporale che ha imperversato per tutta la notte sono già con la testa
parzialmente in Italia. Dal pomeriggio di ieri infatti la pioggia, ampiamente
prevista, ci aveva portato a considerare praticamente conclusa l’esplorazione
nella sorgente di Kupa. Dopo la colazione, infatti, stavo riorganizzando le mie
attrezzature ed avevo anche cominciato a caricarle sulla macchina mentre Gigi
stava scrivendo alcuni appunti sul suo Mac…
Quando ecco che Alen, dopo un sopralluogo in bici alla sorgente, ci dice che la
piena che vediamo passare nel fiume vicino al nostro campo non parte dalla
sorgente principale, ma da alcune sorgenti minori, più a valle della stessa.
Sento Gigi che dice: “…allora andiamo a fare immersione…”; una lampadina si
accende nel mio cervello e hanno inizio un insieme di emozioni che ancora fatico
a descrivere.
Ieri infatti, quando per timore del maltempo, abbiamo deciso di “sbaraccare”
dall’esplorazione principale che Gigi stava facendo nel 1° pozzo, lo stesso mi
aveva già preannunciato la possibilità, meteo permettendo, di continuare
l’esplorazione nel 2° pozzo che avevo iniziato 5 giorni prima.
Inutile dire che quello che Gigi mi stava proponendo era un’occasione
eccezionale e che andava sfruttata nel modo migliore.
Preparo in un attimo la mia muta, il sottomuta, recupero i computer, le
maschere… una controllata alla calibrazione dei sensori…
Siamo pronti: durante il tragitto in macchina verso la sorgente Gigi, con la sua
esperienza, riesce con alcune parole, consigli, e anche con alcune battute
spiritose, a farmi entrare già “in acqua”, a farmi concentrare sull’immersione.
E ancora, durante tutta la fase di preparazione del reb o durante la vestizione,
sentirlo vicino, sapere che, nonostante non lo faccia notare, nulla gli sta
sfuggendo di ogni mio movimento, continua a darmi delle incredibili sensazioni.
Il mio lavoro mi porta normalmente ad essere “sotto-tensione”, a sentirmi
osservato e controllato, ma questa volta, è diverso: dopo diverso tempo ormai,
in cui io mi occupo di aiutare lui a vestirsi, a montare il reb, di passargli il
materiale prima dell’immersione… di fargli assistenza in acqua… ora i ruoli sono
invertiti…
Per me è un grande onore che non voglio… non posso tradire.
Il 2° pozzo della sorgente si trova nello stesso laghetto del 1° pozzo, ad
appena pochi metri di distanza. Secondo un vecchio disegno (rivelatosi poi non
troppo attendibile) presente in un cartello ai bordi della sorgente i due pozzi
scendono paralleli e dovrebbero avere una connessione verso i 50/60 metri.
Già durante la mia prima immersione, fino a -58 mt non ho trovato alcuna
connessione, non certo agevolato in questo dalla visibilità che non supera i 3/4
metri.
Oggi la visibilità è un po’ peggiorata ma, almeno per un po’, avrò la sagola
guida che ho posizionato durante la prima immersione e anche gli elastici dove
lasciare le bombole durante la discesa sono già pronti.
Le pareti del pozzo, praticamente verticale, sono molto lisce e una delle
difficoltà che avevo trovato era proprio quella di trovare punti per dei buoni
ancoraggi del filo.
Gigi mi lascia usare il suo 20 lt 10/80 come diluente e prendo con me anche una
delle bombole di soccorso recuperate il giorno prima, un 15 lt 52/25.
Un ultima occhiata tra me e Gigi, e parto. Alen sta riprendendo con la
videocamera le fasi di preparazione in superficie e mi seguirà fino a -21 quando
lascerò la bombola.
Dedico i primi metri della discesa ad abituarmi alla bombola da 20lt che finisce
proprio in corrispondenza del pulsante di carico del diluente; decido poi di
posizionarla diversamente sulla fila di moschettoni e risolvo il problema... per
provare il pulsante di carico ho raggiunto però un assetto appena troppo
positivo e, non volendo sprecare gas, devo dare qualche pinneggiata a testa in
giù per riuscire a scendere.
Dopo pochissimo sono a -21 mt, lascio il 15 lt e continuo la discesa…
Non so bene quando Alen si sia fermato; in ogni caso dopo qualche decina di
metri mi trovo solo a seguire il mio filo.
La visibilità ancora non mi permette di vedere tutto il pozzo ma solo la parete
su cui sto facendo riferimento, quella più verso ovest, quella cioè dal lato del
1° pozzo. Ho in ogni caso la conferma dell’impressione che avevo avuto nella
prima immersione: uno dei lati del pozzo, che potremmo identificare come base,
continua a scendere leggermente inclinato e si sposta verso nord.
Durante tutta la discesa continuo a incontrare qualche albero o rami, ma non
appena arrivato a -58 ho la seconda conferma di un’impressione avuta durante
l’immersione precedente. Il fondo, seppure sempre molto inclinato, riesce a
rivelare una franata di sassi e rocce e da questo punto anche la presenza di
rami e tronchi aumenta.
Continuo a tenere il lato ovest del pozzo come riferimento e scendo
ulteriormente, continuando anche a seguire una lieve inclinazione dello stesso
verso nord.
I rami aumentano (alcuni li scopro solo dopo averci sbattuto per colpa della
scarsa visibilità) e anche le dimensioni dei tronchi cominciano a diventare
notevoli. Pensando alle informazioni di Gigi sul 1° pozzo credo che si possa
supporre che mi sto avvicinando alla quota in cui i pozzi si “spianano”…
Verso i -70 mt ho un sussulto quando, con la torcia illumino una grottina
proprio in direzione del 1° pozzo… che sia il passaggio che stiamo cercando??
Purtroppo, appena ci metto la testa dentro e, con le torce del casco riesco a
illuminarla, si rivela profonda solo un paio di metri.
Proseguo la discesa di qualche metro, i rami continuano ed ora, nonostante le
pareti siano sempre molto lisce, c’è anche qualche roccia isolata di dimensioni
un po’ più grandi.
Una di queste sembra perfetta per un ancoraggio; un’occhiata al computer: -79 mt
e siamo già a 16 minuti… Taglio il filo e provo a puntare la torcia in varie
direzioni, cercando qualche informazione sulle dimensioni dell’ambiente in cui
mi trovo… purtroppo solo il “nero”…
Inizio la risalita, e dopo una quindicina di minuti sono a -21 mt; recupero la
bombola, alzo ancora un po’ la PPO2 del circuito e comincio anche ad intravedere
la luce del sole sopra di me.
La decompressione continua regolarmente e mentre sono a -6 mt, girato verso una
parete a seguire i movimenti di un pesciolino, sento una mano che mi tocca: mi
giro e vedo Alen che mi chiede se tutto va bene; gli segnalo l’OK e gli comunico
che ho ancora una decina di minuti per terminare la deco.
Quando arrivo a pochi metri dalla superficie, sento il rumore di sassi che
qualcuno sta buttando in acqua… proprio sopra di me… credo di avere qualche idea
su chi possa essere l’autore di quel gesto… mi viene da sorridere…
Sono passati 66 minuti, è ora di tornare in superficie: appena metto la testa
fuori dall’acqua noto che la sorgente si è decisamente “popolata”, sono arrivati
alcuni dirigenti del Parco di Riznjac e di Udruga-Kupa, alcuni amici del DDISKF
(tra cui Tichy, armato di telecamera) più qualche turista di passaggio…
La prima persona che cerco con gli occhi è Gigi; è una bella sensazione… Passo
un po’ di attrezzature dall’acqua, poi esco e mi vado a sedere su una roccia. E’
proprio lui che mi aiuta a sfilarmi il reb e cominciamo subito a scambiare
qualche opinione sulla grotta. Mi sembra soddisfatto e questa è la cosa che mi
fa sentire meglio.
In questi anni seguendolo nelle sue esplorazioni, alcune delle quali veramente
“ai limiti”, sto imparando un sacco di cose, anche solo osservandolo, standogli
vicino, facendogli domande… Non so se, e come, potrò mai ringraziarlo
abbastanza… di certo oggi ho un ulteriore motivo per farlo:
Grazie Gigi!!
Quando termina l’immersione del
Pifferaio, all’esterno della sorgente, oltre ai turisti, ad alcuni dirigenti del
Parco, sono arrivati gli amici cioè i forti rinforzi da caricare per benino e
grazie a loro, con un solo viaggio, possiamo trasportare tutte le attrezzature
all’auto.
Sebbene la prassi
dell’esplorazione sia l’adattabilità a fatiche e disagi, noi siamo anche dei
gaudenti: al rifugio ci godiamo cibo e bevande con il coronamento di una
gigantesca torta di panna offerta dall’associazione Udruga Kupa per festeggiare
il risultato.
Un ringraziamento particolare va:
Agli sponsor:
A chi ha sostenuto la spedizione:
Al gruppo speleologico Szegedi Karszt - és Barlangkutató
Egyesület (Szeged Karst - and Cave Research Association) (www.szkbe.hu)
Nonché ai due italiani che mi hanno seguito:
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Alessandro Fantini (il Pifferaio) |
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Stefano Gallingani (Moonlight) |
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L'ambiente intorno a Izvor Kupe
Foto: Gigi Casati |
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L'ambiente intorno a Izvor Kupe
Foto: Gigi Casati |
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Il campo base
Foto: Gigi Casati |
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L'ambiente intorno a Izvor Kupe
Foto: Gigi Casati |
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Da qui si va a piedi...
Foto: Gordan Polic |
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Si costeggia il fiume Kupa per raggiungere la sorgente
Foto: Gigi Casati |
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Si costeggia il fiume Kupa per raggiungere la sorgente
Foto: Gigi Casati |
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Si costeggia il fiume Kupa per raggiungere la sorgente
Foto: Gigi Casati |
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Si costeggia il fiume Kupa per raggiungere la sorgente
Foto: Gigi Casati |
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Scherzi della natura
Foto: Gigi Casati |
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Si costeggia il fiume Kupa per raggiungere la sorgente
Foto: Gigi Casati |
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Si costeggia il fiume Kupa per raggiungere la sorgente
Foto: Gigi Casati |
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La scultura controlla il fluire delle acque
Foto: Gigi Casati |
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Il lago formato dalla sorgente
Foto: Gigi Casati |
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Una bevutina
Foto: Alessandro Fantini |
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Anche il cielo è intrigante
Foto: Gigi Casati |
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Rapace in volo
Foto: Gigi Casati |
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Le attrezzature prendono il loro spazio
Foto: Gigi Casati |
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Le attrezzature prendono il loro spazio
Foto: Gigi Casati |
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Le attrezzature prendono forma
Foto: Alessandro Fantini |
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Una piccola modifica al contenitore dell'elettronica
Foto: Gigi Casati |
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Una piccola modifica al contenitore dell'elettronica
Foto: Gordan Polic |
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Controllo delle valvole del boccaglio del Copis
Foto: Gordan Polic |
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Controllo della tenuta del Copis
Foto: Alessandro Fantini |
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Uno sguardo alle previsioni meteo
Foto: Alessandro Fantini |
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Un po' di fresco
Foto: Alessandro Fantini |
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La preparazione
Foto: Dalibor Smolic |
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La preparazione
Foto: Alessandro Fantini |
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Ingresso in acqua
Foto: Alessandro Fantini |
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Ingresso in acqua
Foto: Dalibor Smolic |
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Si raggiunge il punto di immersione
Foto: Alessandro Fantini |
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Fuori ci si prepara per garantire l'assistenza in decompressione
Foto: Gigi Casati |
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Gordan sfida le fredde acque "in umida"
Foto: Gigi Casati |
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Un attimo e via
Foto: Alessandro Fantini |
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Meno di un attimo e via
Foto: Alessandro Fantini |
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Gia finito?
Foto: Dalibor Smolic |
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La maschera "tatuata"
Foto: Gordan Polic |
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Nel pomeriggio il cielo cambia colore
Foto: Gigi Casati |
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Sempre più minaccioso
Foto: Gigi Casati |
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Il sole dopo la tempesta
Foto: Gigi Casati |
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Si asciugano i materiali mentre...
(vedi foto seguente)
Foto: Gordan Polic |
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Ci si prepara per l'ultima immersione
Foto: Gordan Polic |
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Il bosco
Foto: Gigi Casati |
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Il bosco
Foto: Gigi Casati |
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Dopo il temporale il bosco si modifica
Foto: Gigi Casati |
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Un po' di umidità...
Foto: Gordan Polic |
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Piano piano se ne va
Foto: Gordan Polic |
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Il Pifferaio si prepara sotto lo sguardo vigile di Gigi
Foto: Dalibor Smolic |
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Un attimo di concentrazione
Foto: Dalibor Smolic |
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Quasi pronto
Foto: Dalibor Smolic |
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Non dimenticare la bombola, eh...?!
Foto: Gigi Casati |
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Così va meglio
Foto: Dalibor Smolic |
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Ultimi minuti a -2mt
Foto: Gigi Casati |
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Lo svolgisagola quasi vuoto
Foto: Gigi Casati |
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Quanti metri avrò svolto? Meglio controllare, mi aspettano per...
(vedi foto seguente)
Foto: Gordan Polic |
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L'intervista
Foto: Gordan Polic |
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Saremo golosi?
Foto: Gordan Polic |
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Non ci farà mica male un po' di vinello?
Foto: Gordan Polic |
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La conferenza stampa: a volte bisogna stare seri...
Foto: Gordan Polic |
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