
GRAVA DI SAN GIOVANNI a LAURINO 2005
Sabato - I preparativi per sistemare
le attrezzature e caricare i gas dedicati alle immersioni previste per questa
estate, iniziano alla mattina alle otto dopo la solita colazione. Il compressore
riempie di gas le bombole scelte, il buster ricarica le piccole bombole di O2
del circuito chiuso mentre io mi dedico alla riparazione delle torce. Sul più
bello, quando tutto fila per il meglio, sento un colpo secco nell’area dedicata
alla ricarica dell’ossigeno e, dopo un paio di altri secondi, un forte botto:
esco di corsa dal capannone e vedo uno zampillio di fiamme alto oltre 5m
alimentate dalla bombola da 40l di ossigeno. La situazione è precaria perché ci
sono altre bombole da 40l di O2, di elio e di argon vicine alle fiamme: balzo
avanti attraversando gli zampilli per allontanare dal punto più caldo le dieci
grosse bombole, riesco a chiudere il rubinetto dell’aria che alimenta il booster
e dopo pochi attimi gli zampilli di fuoco si calmano; a questo punto per fermare
le fiamme non mi resta altro che chiudere il rubinetto della bombola di O2.
Risultato: del booster non rimane che la raccorderia, delle fruste di
alimentazione non rimane che la parte metallica di collegamento e della grossa
chiave inglese che si trovava lì vicino non rimane che la testa e la coda perché
il resto si è fuso come fosse cera.

Sconsolato e rassegnato per aver perso
un comodo supporto e più di 1.400 euro ma contento per non essermi fatto male,
continuo a riempire le bombole con il classico affidabile sistema del travaso.
Nel tardo pomeriggio arriva Jean Jacques che, incredulo,
guarda i poveri resti della mia ex attrezzatura di ricompressione dell’ossigeno.
Abbiamo molto lavoro quindi, dopo qualche riflessione,
iniziamo a scaricare il furgone per selezionare anche le sue attrezzature.
Fortunatamente passa Davide per recuperare delle bombole e, di buon grado, ci da
una mano.
Domenica - Lunga giornata di preparativi: iniziamo alle otto
del mattino ed al termine del caricamento delle bombole, facciamo quel poco di
manutenzione necessaria, prima di una spedizione, ai nostri due circuiti chiusi
Voyager disinfettandoli, pulendoli e sostituendo loro il prodotto filtrante.
Jean Jacques verso sera si decide a modificare le scarpette delle mie pinne
nuove e gli sono grato perché è un lavoro che odio. Finiamo di caricare il
furgone alle 23.00.
Lunedì – Partenza alle ore 03.00 quando ancora è buio e la
cosa più insolita, visto il periodo, è la temperatura di 13°. Con il sorgere del
sole come prevedibile, la temperatura raggiunge i livelli stagionali ed il
viaggio diventa una sauna visto che il furgone di Jean Jacques è senza aria
condizionata. Non posso fare a meno di immaginare Paolo ed Emilio che, partiti
da Lecco più o meno insieme a noi, seguendo lo stesso itinerario, si godono il
refrigerio del condizionamento.
Arrivati sul posto, prima ancora di andare a cercare un posto per dormire,
andiamo alla sorgente: le cose sono molto cambiate rispetto all’anno scorso
poiché delle piante sono cadute e ostruiscono parzialmente il passaggio; mi
infilo tra i rami ed arrivo alle scale metalliche che sono ancora in buono stato
anche se alla prima manca uno dei due bulloni che la fissano alla parete ed i
cordini che le tengono unite non sembrano stare in buona salute. Sistemo alla
bell’e meglio il tutto, mi accosto all’acqua che ha una visibilità decisamente
migliore rispetto allo scorso anno e faccio gli scongiuri che tutto vada per il
meglio.
Con molta fortuna troviamo a Piaggine un agriturismo con tre camere libere,
poiché a Laurino dove pensavamo di soggiornare, si svolge un Jazz festival e
tutto è prenotato.

Martedì – Al mattino i compiti sono così suddivisi: Paolo e
Emilio “bonificheranno” l’ingresso eliminando una pianta caduta, tagliandone
rami e radici che ostacolano il passaggio; poi raddoppieranno le corde di tenuta
delle scale; Jean Jacques, Lorenzo arrivato da Genova, ed io sistemeremo le
attrezzature selezionando il materiale da portare alla sorgente. Il tempo che
occorre è più lungo del previsto e quando raggiungiamo la sorgente alle 12.00
abbiamo ancora tutto il materiale da trasportare all’ingresso.
Mentre Jean Jacques si prepara per la prima immersione, io e gli altri
sistemiamo vicino all’acqua, tutto il necessario. Alle 14.00 è tutto pronto per
la partenza di Jean Jacques: il suo compito è quello di verificare le condizioni
del pozzo che, dall’ingresso, porta direttamente a –64m. Riemerge dopo un’ora:
ha tirato un nuovo filo fino all’ingresso della galleria a –67m. ed ha collocato
un paio di bombole decompressive.
Verso le 15 arriva Mario, da Caserta, che rimarrà per qualche giorno ad
aiutarci.
Sono ormai le quattro passate quando tocca a me ed a Lorenzo scendere in acqua
per scattare delle foto: la discesa nel pozzo la eseguiamo velocemente anche se
Jean Jacques ha parecchio intorbidito il primo pezzo; la visibilità, anche nella
zona non percorsa da Jean Jacques è di circa 3m., non proprio il meglio per
fotografare. Raggiunto lo svolgisagola lasciato a –67m., inizio a svolgere il
filo mentre Lorenzo scatta le foto. Raggiungiamo i –82m dove lascio lo
svolgisagola dopo aver ancorato il filo. Lascio, come soccorso, anche una
bombola da 12lt. con il 16% di ossigeno. Rientriamo scattando ancora qualche
foto, dal momento che la visibilità non è peggiorata salvo in qualche punto.

Arrivati al pozzo che arriva in superficie, osservo enormi
grovigli di filo, da cui ci teniamo prudentemente alla larga. Attorno ai –54m
osservo sulla sinistra, salendo, una apertura che vado a sbirciare: una
diramazione da provare. Finita la deco una decina di minuti prima di Lorenzo,
riesco a salire la scaletta del pozzo prima che anche lui riemerga. Lorenzo, che
non è uno speleo, fatica un pochino a risalirlo, ma il desiderio che lo ha
guidato fin qui, di fare foto in un ambiente così diverso da quello in cui opera
normalmente, gli fa ammirevolmente superare ogni handicap. Lasciamo sul bordo
dell’acqua una parte dell’attrezzatura: pinne, fari, svolgisagola e bombole
relè.

Mercoledì – Ci immergiamo per primi Lorenzo ed io con
l’intenzione di raccogliere altre immagini. Scendo in fretta per continuare a
stendere il filo e portare un relè da 20lt. il più lontano possibile. Raggiungo
lo svolgisagola di Jean Jacques, inizio a stendere il filo, raggiungo una curva
secca a sinistra di circa 90°: a questo punto c’è il vecchio filo trasformato,
dopo le piene invernali e primaverili, in un pericolo piuttosto che una guida
affidabile. Dopo aver steso una decina di metri di filo, lo svolgisagola che sto
usando si blocca: sono a –90m. Non perdo tempo nel tentare di sistemare il
problema, decido di tagliare il filo e di continuare la mia progressione
utilizzando quello sul mio svolgisagola lungo 280m e ben metrato. Proseguo, ma
poco prima di raggiungere il successivo pozzo che porta da –100m a –125m il
vecchio filo che, non essendo più teso, si attorciglia alla manovella del mio
svolgisagola, bloccandola, mi costringe a fermarmi; per risolvere il problema
definitivamente, taglio una decina di metri di pericoloso filo, a piccoli pezzi.
Finalmente raggiungo il pozzo: il filo sembra ben messo ma non è metrato, per
cui è meglio stenderne uno nuovo che sarà utile poi per la topografia della
grotta.
Inizio il rientro dopo aver lasciato una bombola da 20lt. di soccorso sul bordo
del pozzo a –101m a168m dall’ingresso, ed a circa 80m di profondità, incontro
Lorenzo che approfitta subito, accendendo potenti fari, per scattare foto.
Prosegue tutto bene: a –65m inizio a sistemare il mucchio di fili vecchi
accumulati dalle piene affinché non siano pericolosi, aiutato dalle luci potenti
dei fari di Lorenzo che mi illuminano perfettamente l’ambiente. Risaliamo
lentamente: stranamente ho più freddo del solito, nonostante la temperatura
dell’acqua in questa sorgente non sia fredda: 12° ( termometro del VR3 ).
Raggiunti i -12m sento dei dolori al ginocchio destro, allungo un pochino la
deco e risalgo piano piano. Il pozzo da risalire all’asciutto con l’attrezzatura
addosso non aiuta di certo per cui, in superficie, continuo a respirare per
precauzione per una decina di minuti dal mio Voyager ossigeno puro e tutto
passa.
Mario si immerge per andare a portare una bombola di soccorso a –36m e per
togliere i vecchi fili dal pozzo iniziale.
Jean Jacques è andato alla stazione di Paestum a prendere Josè che arriva dalla
Svizzera per qualche giorno, a darci una mano.
Risaliti all’auto, il dolore ritorna acuto e, raggiungendo l’agriturismo, decido
di andare a stendermi in camera.
All’ora di cena ho ancora i brividi. Sarà il freddo accumulato nei due giorni
precedenti, la fatica, o chissà cosa: opto per rimanere a letto tranquillo.

Giovedì – A causa di un doloretto al ginocchio che non mi ha
permesso di dormire molto, forse si sono infiammati i soliti legamenti, dopo la
colazione rimango all’agriturismo a fare un po’ di riparazioni varie alle
attrezzature. Lorenzo ed Eva, la sua compagna, raccolgono le attrezzature e si
apprestano a ritornare a Genova con un po’ di tristezza: già, ormai Lorenzo si è
specializzato a salire le scale con tutta l’ attrezzatura sulla schiena ed Eva
ormai riesce a guadare il fiume senza bagnarsi i piedi.
Jean Jacques si dedica alla topografia del pozzo iniziale, anche se la
visibilità sta diminuendo a causa delle immersioni continuative: non essendoci
un ricambio d’acqua, l’argilla presente sulle pareti rimane in sospensione.
Josè prende contatto con la sorgente. Paolo e Emilio si prodigano come sempre ad
aiutare nei trasporti del materiale.
Venerdì – Rimango ancora fermo per precauzione, anche se i
dolori sono spariti. La voglia mi dice di immergermi, ma la logica mi consiglia
di aspettare.Mario ci saluta e ritorna a casa.
Jean Jacques, non appena entrato in acqua si accorge di avere un grosso buco sul
piede destro della muta e, in qualche minuto, si ritrova bagnato fino a sopra il
ginocchio. Decide di rinunciare, consapevole di avere la possibilità di fare la
topografia il giorno seguente.
Josè scende in circuito aperto per andare a vedere se continua la deviazione nel
pozzo iniziale a –55m, ma ne percorre solo qualche metro, risale e si trova in
una zona completamente chiusa. In risalita l’osservazione del pozzo è un
piacevole diversivo.
A sera, dopo un viaggio interminabile a causa del traffico, ci raggiunge Massimo
da Livorno
Sabato – Scende in acqua solo Jean Jacques per fare la
topografia: l’immersione dura 95’ e la topografia si conclude a –90m. Purtroppo
la visibilità è terribilmente deteriorata e rende impossibile il disegno delle
sezioni della galleria.
Domenica – Finalmente dopo tre giorni di impazienza,
ricomincio con le immersioni. I giorni utili a nostra disposizione sono ormai
pochi. Il mio obbiettivo minimo è di raggiungere il limite esplorativo dell’anno
scorso. Tutto era già preparato da ieri: oggi devo solo infilarmi la muta e
partire.
Mi sento impacciato nella grossa muta poichè devo scendere il pozzo con il
circuito più 12kg di zavorra che mi servono per compensare i volumi d’aria che
tiene l’interno di questa muta. Raggiunta l’acqua, mi infilo le pinne, mi
aggancio i due grossi relè da 20lt, prendo il faro, lo svolgisagola di soccorso
e dopo aver riscaldato il materiale filtrante, inizio la discesa. La visibilità
è talmente peggiorata che non vedo a più di un metro di distanza; raggiungo il
fondo del pozzo a -67m, stabilizzo a 1,2 la PpO2 ed entro nella galleria sub
orizzontale che si mantiene per una ventina di metri alla profondità di –70m:
eccomi al secondo pozzo che mi fa raggiungere rapidamente i –80m. La galleria
parte ora sulla destra rispetto a quella precedente, la percorro per una ventina
di metri e raggiungo i –90m a 152m di distanza; poco dopo un’altra curva secca a
sinistra di 70°, una decina di metri ed eccomi nei pressi del terzo pozzo.
Raggiungo lo svolgisagola a –101m lo impugno e scendo: avendolo percorso lo
scorso anno, so che raggiungerò i –125m a 234m dall’ingresso. Sul fondo del
pozzo trovo il vecchio filo tutto rotto e pericolosamente raggomitolato: cerco
di fissarlo in qualche modo ma la poca visibilità non mi aiuta e decido di
lasciarlo in un angolino; impiego quasi un minuto per cercare la galleria
orizzontale, finalmente la trovo, fisso il filo su di un comodo ancoraggio sul
fondo: appena entrato nella galleria, ho l’impressione che rispetto a sopra, la
direzione cambi di 90°. Ora pinneggio in tutta tranquillità: in fondo a questo
tratto di una ventina di metri, c’è una curva a sinistra; dai –127m risalgo di
un paio di metri ed eccomi sul bordo del quarto pozzo. La visibilità è così
scarsa che nemmeno con le potenti e penetranti torce HID che mi ha fornito
Giòsub, riesco a vedere la piccola galleria da me osservata lo scorso anno che
parte sulla sinistra poco prima del quarto pozzo. Metto un ancoraggio in cima,
discesa veloce ed ulteriore ancoraggio sul fondo. A -138m a 248m di progressione
eccomi sullo stesso punto da me raggiunto lo scorso anno: la voglia è tanta mi
lascio tentare, inizio a pinneggiare in ambienti mai visti dall’uomo con un
ritmo inferiore a quello che utilizzo nella parte meno profonda. Dopo una
quindicina di metri e una curva secca sulla sinistra, la galleria accenna ad una
risalita ma, in effetti, risale bruscamente solo dopo altri dieci metri: decido
di fermarmi qui. Devo ripercorrere la galleria prima di iniziare a perdere
quota; sono al venticinquesimo minuto quando mi stacco dai –138m: da qui inizia
la lenta risalita che mi riporterà alle quote deco più alte.
Dopo due ore, ecco che arriva Josè con del thé caldo, la batteria del giubbetto
elettrico, le cavigliere e la lavagnetta sulla quale scrivo quanta deco devo
ancora fare ed il risultato dell’immersione. Il tempo scorre e quando le visite
di Josè terminano, tocca a Massimo sostituirlo nel gradito servizio thè e cambio
della batteria. Massimo non essendosi mai immerso in questa sorgente, verificato
che tutto procede per il meglio, se ne và a fare un giretto sul fondo del pozzo.
Riemergo dopo 275’ e per precauzione il mio circuito viene portato in superficie
da Massimo mentre io posso risalire la scala alleggerito, in tutta tranquillità.
Mi cambio, prendo la sacca con i sottomuta per portarli ad asciugare e inizio il
ripido sentiero che porta al furgone; sono appena arrivato che inizio a sentire
un dolorino al ginocchio; senza perdere tempo mi infilo nella nostra camera di
decompressione portatile, dove Jean Jacques mi ricomprime: a –1m il dolore
scompare, tuttavia scendo a –6m per 30’ cosicché quando esco tutto è passato.
Lunedì – Giro turistico a Castelcivita: Passiamo a salutare
gli amici ed entriamo a visitare la bella grotta turistica che un paio di noi
non avevano mai visto.
Martedì – Jean Jacques entra in acqua per posizionare a –65m
un maialino e per continuare la topografia, ammesso che condizioni di visibilità
siano migliorate rispetto a domenica. Io rimango all’agriturismo a preparare il
mio materiale, poi raggiungo gli altri alla grotta facendomi una corsetta di 6-7
km.
L’immersione di Jean Jacques dura due ore ed il rilievo viene eseguito fino al
pozzo a –101m.
La visibilità sebbene migliorata leggermente, non permette in molti punti di
disegnare le gallerie più grandi.
Mercoledì – Ultimo giorno disponibile per le immersioni. Sono
rapidamente pronto a lasciare l’agriturismo e alle 10.00 siamo già alla grotta.
La giornata è fresca e penso che non soffrirò il caldo mentre indosserò la muta.
Jean Jacques si allontana per delle commissioni mentre io, che in teoria, dovrei
prepararmi e partire, incontro alcune sorpresine. Infatti, verificando la
bombola da 20lt. che dovrei utilizzare come soccorso oltre che come
alimentazione del circuito chiuso, con enorme stupore trovo che all’interno sono
rimasti solo 40Bar. La stranezza sta nel fatto che, all’uscita dalla mia
immersione di domenica, nella bombola c’erano 240Bar, che la bombola rimasta per
tre giorni nel bosco, era chiusa con l’erogatore montato e che sicuramente
l’o-ring tra rubinetto e bombola è in tenuta: si sarà divertito il folletto del
bosco respirando una 5/80?
Purtroppo, per questo motivo, si perde quasi un’ora per ripristinare il
materiale.
Corro all’agriturismo e preparo un’altra bombola; raggiunta nuovamente la grotta
assemblo la bombola, metto in ordine le piccole cose da portare sul bordo
dell’acqua, tolgo dal sacco i vestiti da indossare e mi accorgo che manca il
cavetto di raccordo del giubbetto elettrico. Stavolta è Massimo che va
nuovamente all’agriturismo a prenderlo mentre io inizio a cambiarmi. Il tutto ci
costa un’altra mezz'ora.
Finalmente con tutto il necessario riesco a prepararmi, raggiungo l’acqua, che
in questa settimana è scesa di oltre un metro ed ha quasi raggiunto il livello
minimo da noi osservato lo scorso anno. Alle scale fisse preventivamente abbiamo
collegato una scaletta speleo per agevolare l’ingresso e l’uscita dall’acqua.
Un attimo prima di partire provo ad accendere i due faretti sul casco, ma ahimè
non ne vogliono sapere di accendersi. Furioso con me stesso per essermi
dimenticato di provarli appena posizionati sul casco come faccio sempre, decido
di partire ugualmente. Con me ho comunque due lampade a led da 1W, le White lux
e un faretto a mano a scarica di gas da 10W della Giòsub.
La visibilità è di circa 3m: raggiunto il fondo del pozzo, prendo il maialino
che mi ha prestato Lorenzo più adatto dei miei a questo tipo di conformazione
delle gallerie, e parto. Mi fermo subito dopo ad accorciare il cavetto che mi
lega al maiale, ed a posizionare il faretto a mano sullo stesso. Raggiungo i
–126m dopo 11’: pur con la visibilità che non accenna a migliorare, dopo soli 2’
sono all’ultimo pozzo che scende a –138m ( computer VR3, mentre il profondimetro
mi indica –142m ). Dopo una trentina di metri orizzontali ecco lo svolgisagola
che avevo lasciato, lo impugno e continuo a percorrere la galleria che risale
perdendo qualche metro di quota; un breve tratto orizzontale e di nuovo si
riprende a salire. Sono a –124m.: di nuovo la galleria risale bruscamente per
cui decido di lasciare il maialino e continuare pinneggiando, ma ahimè, dopo
essere arrivato a –120m, il meandro continua in orizzontale. Lasciando il
maialino ho lasciato anche il faretto da 10W HID perché fissato sul corpo dello
stesso ed ora, come fonte di luce, ho con me solo le due piccole White lux che
non mi permettono in questo torbidume di vedere nemmeno i lati del meandro.
Giornata decisamente no, anche se sono riuscito ad esplorare altri 65m di nuova
galleria. Mi sento stanco psicologicamente e, sebbene l’autonomia del circuito
chiuso mi permetterebbe di andare molto più lontano, mi fermo, fisso il filo su
di un bel sasso, ed inizio il rientro.
Mi accorgo solo ora di non aver posizionato bene il filo all’andata, anche se è
vero che la sua stesura, avanzando con il maiale spesso è poco precisa: di fatto
il rientro è più lento del previsto. Dopo essere ridisceso a –138m, risalito il
pozzo che porta a –125m, ridisceso a –127m, arrivo alla base del pozzo che mi
riporterà a –104m., quota alla quale inizierò la decompressione. Sono trascorsi
30’ e mi trovo a mezz’acqua nel pozzo ad aspettare che ancora i 2’ultimi di
sosta trascorrano. Poi via via, rispettando le varie soste, raggiungo il pozzo
iniziale dopo 80’ : il tempo lo impiego a trasportare le bombole relè, che sono
3 da 20t.l e una da 12t., il maialino mi serve anche per tirarmi nei passaggi
più “stretti” evitandomi di faticare più del necessario. Lo straordinario è
verificare, osservando la disposizione delle erosioni ( schellops ) sulle
pareti, la conferma alle ipotesi di un’inversione di corrente: probabilmente, in
un epoca remota l’acqua entrava nella grotta che quindi fungeva da inghittitoio
mentre ai nostri giorni con l’acqua che esce, la grotta è diventata sorgente.
Questi fenomeni non sono rari ma con la fantasia, occorre saper immaginare
scenari decisamente diversi.
Nel pozzo, mentre risalgo, recupero anche le bombole da decompressione
posizionate a –50m ed a –36m, vengo raggiunto come previsto da Josè dopo 185’
quando mi trovo a –25m. Mi fissa le cavigliere, mi passa la batteria e la
borraccia mentre io gli passo piano piano per evitare che qualche cosa cada sul
fondo del pozzo una parte del materiale. Il sollievo che da il caldo del
giubbetto elettrico fa sempre piacere, il tè che dopo averlo assaggiato è sempre
bollente lo lascio raffreddare; con il contatto dell’acqua e in un paio di
minuti sarà perfetto. Non appena finisco di bere rivedo Josè questa volta con la
lavagnetta, sulla quale scrivo il risultato totale dell’esplorazione: 95m di
nuove scoperte per cui in totale la grotta misura 343m (la parte allagata), la
profondità alla fine dell’esplorazione è di 120m, mentre la profondità massima
rimane di 138m.
Passo tutto il resto della attrezzatura a Josè che se ne va; rimango solo per
una cinquantina di minuti, quando nuovamente sento un rumore infernale: è solo
il rumore delle bolle che rotolano contro le pareti. Vedo delle luci avvicinarsi
ed è ancora Josè che premurosamente mi porta del tè e una nuova batteria. La mia
deco procede bene, non mi serve altro; Josè aspetta che finisca di bere il tè,
mi segnala che alla prossima visita non ci sarà più lui, e risale. Il tempo
scorre velocemente: fra la moltitudine di pensieri che scorrono nella mia mente
si fanno strada quelli che riguardano i problemi di decompressione nati in
queste ultime immersioni: li imputo alla mancanza di allenamento dovuta ad una
sosta forzata a causa di un ricovero in ospedale per un controllo al cuore ed ai
farmaci che sono costretto a prendere fra cui un beta bloccante, ecc. Continuo
la deco seguendo la tabella ma soprattutto seguendo il mio istinto e le mie
sensazioni.

Le ultime visite con la borraccetta del tè e le batterie del
giubbetto di ricambio le fa, come previsto, Massimo. Ormai sono a –6m e tutta
l’attrezzatura in eccesso la faccio portar via dai compagni mentre con me, oltre
al circuito chiuso, rimane solo la bombola di ossigeno ed una bombola di miscela
iperossigenata. Dopo 30’ salgo a -3m e tutto va bene ma, raggiungendo i –2m
inizio a sentire un dolorino al ginocchio: ci risiamo, mi riporto a –6m e
continuo in ossigeno puro: il circuito chiuso mi permette ancora una lunga
autonomia per cui trascorro una mezz’ora in tutta tranquillità, prima di
iniziare a risalire lentamente. A –1m di nuovo qualche piccolo dolore, che fare?
Non ho freddo, gas non mi manca, ritorno questa volta a –3m e trascorro ancora
una ventina di minuti, riprovo a risalire e questa volta va tutto per il meglio
Sono trascorsi 409’ dalla mia partenza. Per precauzione, mentre mi tolgo tutta
l’attrezzatura continuo a respirare dal circuito anche in superficie: Dopo 15’
minuti termino definitivamente: consegno tutto l’ambaradan ad un Massimo ormai
infreddolito visto che è rimasto quasi un’ora in più del previsto ad aspettare
con la muta umida indosso. Il momento in cui tolgo il circuito è un momento di
paura infatti con quell’aggeggio in spalla, potrei gestire una emergenza e
ritornare a ricomprimermi ma senza, devo per forza risalire il pozzo aereo fino
all’uscita della grotta per avere un qualsivoglia aiuto. Fortunatamente i dolori
non ci sono proprio più e mi dedico alla risalita della scala; fuori dalla
grotta vedo che quasi tutta l’attrezzatura è stata portata alla macchina: ottimo
lavoro da parte di tutti i componenti del piccolo gruppetto.

Fuori dalla grotta prima di cambiarmi qualche battuta
spiritosa alla quale non posso sottrarmi, una breve descrizione
dell’immersione,uno sguardo alle piante che sovrastano l’ingresso della grotta,
con la speranza di rivederle al loro posto il prossimo anno e di non dover
operare un’altra volta d’ascia per entrare nella grotta. Mi cambio, raggruppiamo
le ultime cose e ci incamminiamo verso le macchine, da questo punto riusciamo a
vedere in tutta la sua bellezza l’arroccato paese di Laurino, circondato da
bianchissimi soffici cumuli nembi.
A cena è impossibile non ricordare e condividere con tutti i vari momenti
trascorsi in acqua durante l’esplorazione, le immersioni d’assistenza, i lavori
di preparazione esterni, i trasporti del materiale alla macchina, oltre alla
sintesi sui risultati raggiunti: siamo di fatto riusciti a topografare la grotta
dall’ingresso fino a –105m.
Lorenzo da casa, mi comunica che abbiamo
ottenuto, considerate le condizioni precarie di visibilità, un buon servizio
fotografico.
Da parte mia sono sufficientemente soddisfatto non solo per il risultato
raggiunto ma, considerate le mie condizioni fisiche, anche per come ho superato
il mio test personale.
Partecipanti:
Emilio Casari
Eva Bacchetta
Jean Jacques Bolanz
Josè Lamblelet
Lorenzo Del Veneziano
Luigi Casati
Mario Mantio
Massimo Ziino
Paolo Cesana

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