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FIUMELATTE - Gennaio 2012

 

Fiumelatte, 28 gennaio 2012

Fiumelatte è la grotta che ha dato il via alla mia passione per la speleologia subacquea quando, quasi per caso nel  1986 ho assistito all’immersione di Patrik Deriaz in un suo sifone, dove ho visto una seconda immersione di Jean Jacques Bolanz che sarebbe poi diventato il mio tutor, guida, amico nelle immersioni e nella vita, dove anch’io mi sono immerso dopo brevissimo tempo dall’inizio della mia attività speleo subacquea.

Come sempre accade, nel momento in cui si cerca di ricordare, ci si accorge di quanto tempo sia trascorso e come “l’appena ieri” è un po’ più lontano e la memoria opacizza le immagini che ci si aspettava rimanessero nitide.

Allora l’immersione la eseguii in circuito aperto ed il gas che respiravo era semplice aria. Il sifone scendeva con passaggi anche stretti, quasi impraticabili con i “bibo” sulla schiena, per quanto me ne possa ricordare e la galleria scendeva e proseguiva ad una profondità media di circa -60m. L’esplorazione fu interrotta dalle piogge e da allora non rimase altro che attendere un periodo di secca altrettanto notevole, per poter continuare, con il minimo delle penalizzazioni causate dalla profondità.

Quest’anno, mentre il pensiero si era molto allontanato dall’idea di poter ritrovare un periodo così favorevole come quello di allora, l’amico Tiziano frequentatore assiduo e osservatore all’erta dei livelli dei sifoni della grotta, mi chiama e mi avverte che i livelli si sono di nuovo abbassati quasi come nel passato anno di grazia.

Avevo programmato di prendermi una pausa di qualche mese per rimettere in assetto il mio fisico ma la telefonata ha l’effetto dell’accensione di una miccia che funziona a lenta combustione. Si decide per il giorno 28 di fare un sopraluogo e m’immergerò per rielaborare il ricordo delle strettoie e dei passaggi. Porto un bibo da 7 l., una muta leggera. I volonterosi portatori sono numerosi e in breve raggiungiamo il “mio” sifone.

Sono in una fase di pigrizia acuta anzi, acutissima e, sul bordo del laghetto, esprimo ai prodi speleo che mi hanno aiutato, il rammarico di non essere vicino al fuoco del caminetto sorseggiando un thé invece di essere lì. Mi preparo poco convinto, supero il laghetto, risalgo una piccola cengia, supero altri 6-7 m. in una frattura verticale non molto larga ed eccomi in acqua. Cacciando la testa sotto la superficie e riscoprendo la galleria già nota con una visibilità stupenda, il mio umore cambia completamente e s’innescano finalmente nella mia testa, i fuochi artificiali dello spirito esplorativo.  L’adrenalina va a mille.  Avanzo veloce con il piccolo bibo, nella galleria a frattura verticale, poi di nuovo in una galleria non grande ma nemmeno troppo piccola; eccomi sulla frattura che porta a -46 m. Ricordo che è la più stretta, ma rivedendola mi convinco che potrò passare anche con il reb. Scendo giù e vedo iniziare la galleria di dimensioni più ampie. La voglia di continuare mi assale ma il buon senso mi suggerisce che sono troppo profondo per pensare di far strada con due piccole bombole, perciò fisso il filo e torno indietro scongiurando che il tempo meteo mi sia favorevole nei prossimi giorni.

8 febbraio
Il cielo è rimasto sereno, la temperatura freddissima perciò è giusto seguire le indicazioni della sorte e dare un altro colpetto alla conoscenza di Fiumelatte. Alle cinque della sera, un tramonto romantico, pieno di suggestivi riflessi arancioni, nelle acque lisce del lago, assistono alla preparazione dei sacchi con bombole, erogatori, rebreather, da trasportare nel buio assoluto della grotta. L’arrivo degli ultimi volonterosi permette di trasportare tutto all’ingresso in un viaggio solo. Diamo l’addio alle stelle già accese e alla neve scricchiolante sotto i piedi e c’infiliamo all’interno in direzione del sifone, percorso alto.

La mia intenzione è di predisporre per l’esplorazione di punta del prossimo sabato e quindi dovrò collocare tutte le bombole di emergenza in acqua. Si arriva con tutta calma al sifone facilitati dalle corde fissate lungo i pozzetti. Appoggiato scomodamente alle rocce ho bisogno di allestire un po’ di cose, dal reb, completamente smontato per il trasporto, agli erogatori sulle bombole, alle luci sul casco, cosicché, quando entro in acqua, sono le 22.00.

Tribolo un poco a superare alcuni passaggi, dopo i quali lascio una bombola da 7 l. d’ossigeno poi, seguendo il filo d’Arianna, raggiungo il primo pozzetto e scendo. Tutto il materiale che ho con me mi limita notevolmente, sbatto ovunque durante la discesa. Nonostante stia usando il Reb quindi non emetta bolle d’aria, il fango depositato sulle pareti, si smuove e riduce notevolmente la visibilità. Il raffreddore che da qualche mese mi perseguita, è problematico e i miei seni paranasali non ne vogliono sapere di equilibrarsi: sono costretto a fermarmi o a rallentare la discesa. A -21 m. lascio la bombola di triox 50%-20%. Finalmente sono più snello e filante, almeno fino all’ultimo pozzetto a -30m dove sgancio di nuovo le due bombole da 12 l. per poter passare. Quando finisce il filo nuovo steso la scorsa volta, sono avvolto dalla nuvola fangosa che mi stava inseguendo; attacco lo svolgisagola e continuo la progressione per una decina di metri finché intravedo quella strettoia, l’ultima che ricordavo aver superato anni fa e il cui profilo mi è rimasto stampato nella memoria. Trovo pezzi del mio “antico” filo, mentre proseguo in una galleria non troppo grande che però, a tratti, permette un comodo passaggio. Ancora 100 m. di galleria a -60 m. dove posso osservare il punto finale della mia vecchia esplorazione con il filo annodato ancora lì. Allora avevo usato quattro bombole da 10 l., 2 delle quali caricate con una giclette con il 15% di elio, scelta azzardata vista alla luce dell’attuale esperienza che consiste nell’uso delle miscele. La galleria si restringe e perciò sgancio una delle due bombole e proseguo finché il filo sul rocchetto dello svolgisagola arriva al suo ultimo giro: 234 m. totali dall’ingresso del sifone cioè 34 m. in più dell’ultima volta ed una profondità massima portata da -62 m. a -71 m. Tra una nuvola d’argilla e l’altra, ritorno indietro: raggiungo la fine della galleria e prima di oltrepassare la strettoia, lascio una delle due bombole da 12 l. Salire nell’acqua marrone di fango fra le due fratture di forma ellittica, non è così divertente e, in alcuni punti, a fatica trovo il punto ideale con lo spazio per passare. Mi avvicino alla superficie lentamente, osservando che lo Shearwater m’indica una decompressione diversa più consona ai canoni attuali da quella del VR3, ma simile nel tempo totale. Dopo 75’ riemergo dall’acqua in un punto differente meno stretto ma più fangoso. Si organizza il trasporto del materiale che deve essere rigenerato ed in breve tempo stavolta, alle 00.30, ci ritroviamo sulla riva del lago illuminato dalla luce limpida della luna.

11 Febbraio 2012
Il materiale infangato dell’esplorazione di Mercoledì, non sono riuscito a pulirlo alla perfezione. Le temperature di questi giorni non mi hanno certo agevolato: in cortile infatti, c’è una lastra di ghiaccio e l’acqua del rubinetto esterno è gelata. Pazienza, mi accontenterò.

Arrivo al parcheggio mentre la luce brillante della mattina avanzata fa dileguare il rosato quasi malinconico ricordo, del tramonto dell’ultima volta. La luminosità infonde energia e anche se un po’ in ritardo sulla tabella di marcia prevista, tutto è già pronto, compreso l’entusiasmo dei portatori. In breve, il materiale necessario è trasportato alla bocca del tenebroso “antro” e da lì al sifone. Comodamente seduto, sono veloce nel sistemare le attrezzature che sono già parzialmente assemblate. Mentre qualcuno giustamente, sgranocchia la sua merenda, io mi colloco a bagnomaria nella pozza, per terminare la vestizione.

Carlo, che con la muta umida, sembra uno speleosub di antica memoria, è pronto a scattare qualche foto nella parte iniziale del sifone. Mentre procediamo di qualche metro, mi accorgo che con lui davanti, l’acqua s’intorbidisce perché, quando si volta nel piccolo spazio accessibile, solleva nuvole d’argilla; gli faccio cenno di lasciarmi passare davanti, anche se così sarà costretto a scattare foto soprattutto del mio “mandolino” che, a causa  della mia età e della muta che lo riveste, in fotografia avrà l’aspetto di uno scatolone.

Arriviamo alla prima frattura, dove Carlo si ferma, mentre io continuo verso la galleria sul fondo. Ritrovo la bombola da 12 l. che avevo lasciato mercoledì e avanzo verso lo sconosciuto. Ora che non devo tirare il filo, mi posso guardare in giro; non stimo di essere molto allenato anzi, credo di essere solo al 50% delle mie possibilità. Stimo di avere la velocità di una tartaruga. Avrei potuto utilizzare un propulsore Zeuxo, ma la ristrettezza dello spazio, prima di raggiungere la galleria sul fondo e la previsione di accessi angusti, mi ha convinto a rimandarne l’opportunità. Voilà lo svolgisagola in bella mostra: sono a -71 m. e qui lascio una bombola da 12 l. per avanzare con due bombole, una da 12 l. e una 10 l. oltre al reb che ha un bel buco sul sacco di espirazione. Dopo 20 m. orizzontali, vedo un’ennesima frattura che scende; a un certo punto questa si allarga ma poi, di fronte a me c’é un’ulteriore strettoia che nel suo punto più largo, mi obbliga a incunearmi tra le due rocce. Dopo averla superata, strisciando, posso solo continuare per una decina di metri perché una nuova strettoia obliqua, alta circa 40 cm. m’impedisce il passaggio con la configurazione che ho adottato cioè con il reb sulle spalle. Sono trascorsi 35’ dalla mia partenza: la profondità massima ora è di -92 m., la distanza dall’ingresso del sifone è di 280 m. e la temperatura dell’acqua è di 9/10°C. Per riuscire a infilarsi in questa strettoia, sarebbe necessario avere una configurazione con le bombole all’inglese per ottenere un minore ingombro. Rientro tranquillamente recuperando di volta in volta, le bombole di sicurezza, e superando di nuovo i vari restringimenti lungo il percorso.

Riemergo dopo 83’, con Carlo che, essendo quasi pronto per scendere a verificare la mia deco, quando mi vede riemergere, è pronto ad aiutarmi a far passare fuori dal sifone dalla parte stretta, ma decisamente più pulita, tutte le bombole cioè le due da 7 l., una da 10 l. e due da 12l. Sguscio fuori dall’acqua nella parte più comoda anche se più fangosa.

Si torna, mentre per l’ora, le sei del pomeriggio e per la pioviggine, fuori dalla grotta è buio, fosco, malinconico. I nostri animi invece, sono sereni e soddisfatti anche se la stagione invernale che sta finendo, il prossimo scioglimento delle nevi in quota ed il tempo che mi occorre ancora per rimettermi in piena forma, non mi consentiranno in breve, di riprovarci.

Lo scioglimento delle nevi farà rialzare il livello del sifone e forse, ancora un po’ di anni trascorreranno prima di recuperare quelle condizioni favorevoli che in questo breve arco di giorni mi hanno concesso di sfrugugliare nella pancia di mamma Terra.

 

Un grazie particolare ai partecipanti (sperando di non essermi dimenticato di nessuno...).

Andrea Forni - Beatrice Dell’Oro - Carlo Civillini - Carlo Venezia - Claudio Carnello - Cristina Rainero - Davide Corengia - Elena Marelli - Emanuele Citterio - Fabrizio Spreafico - Federica Cattani - Francesco di Vita - Giorgio Argentieri - Luca Fachera - Luca Triacchini - Mario Comi - Marzio Merozzi - Michele Gnecchi -Paola Cestari - Paolo Cesana - Pierluigi Gandola - Stefano Gallingani - Tiziano Manzi - Virginia Mandracchia

 

         
     
 
I portatori aspettano
Foto: Mario Comi

 

 
Anche Caramella ci raggiunge
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Vestizione
Foto: Mario Comi

 

 
Il vecchio coprimuta ed il nuovo Shearwater
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Superata la pozza mi avvicino al sifone
Foto: Mario Comi

 

 
Di ritorno dall'immersione con il vecchio filo
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
La felicità ritrovata
Foto: Mario Comi

 

 
I portatori sono sempre sorridenti
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Tramonto sul lago
Foto: Mario Comi

 

 
Salita alla grotta
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Trasporto nella grotta
Foto: Mario Comi

 

 
Per non bagnarsi i piedi
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Belzebù a passeggio in grotta
Foto: Mario Comi

 

 
La frattura prima del sifone
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Si rimonta il COPIS-MEG
Foto: Mario Comi

 

 
Quasi finito
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Si prepara l'ultima bombola
Foto: Mario Comi

 

 
Tutto in acqua ed il reb pronto per essere calato
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Non c'è molto spazio
Foto: Mario Comi

 

 
Si parte
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Al rientro si devia nella nuova galleria
Foto: Mario Comi

 

 
Decisamente più spaziosa
Foto: Mario Comi

 

 
     
 
Si esce
Foto: Mario Comi

 

 
Il sorpasso
Foto: Carlo Venezia

 

 
     
 
La bombola aspetta
Foto: Carlo Venezia

 

 
Lo scatolone
Foto: Carlo Venezia

 

 
     
 
La galleria
Foto: Carlo Venezia

 

 
La roccia tagliente
Foto: Carlo Venezia

 

 
     
 
Finalmente un po' di spazio
Foto: Carlo Venezia

 

 
La prima frattura
Foto: Carlo Venezia

 

 
     
 
Si passa comodi
Foto: Carlo Venezia

 

 
Si recuperano i materiali
Foto: Carlo Venezia

 

 
         

 

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