
SORGENTE DELL'ELEFANTE BIANCO 2010
 
Sabato 13 Febbraio
Alle 9 del mattino ci troviamo nella fresca piazzetta di Valstagna dove, dopo 
esserci riscaldati con un cappuccino 
bollente, andiamo a scaricare dalle macchine le attrezzature per portarle sul 
bordo del laghetto della sorgente dell’Elefante Bianco. Siamo in tanti, forse 
più del previsto: Mosè, Nadia, Caramella, Simone, Squark, Valeria, Svirg, 
Moonlight, Roberta, Pifferaio, Giorgio, Boa ed io. In un battibaleno tutta la 
mia attrezzatura vola prima alla casa gentilmente prestata da Claudio e Loriano 
Costa e poi da lì, direttamente alla sorgente. Ennio è l’addetto con Caramella, 
a montare la campana fuori dall’acqua poi, Boa e Caramella iniziano i lavori di 
posizionamento in acqua. Tenendo i giusti ritmi si alternano tutti per finire di 
sistemare la campana e portare bombole 
alle varie profondità, massima -75m. Finiamo che è quasi buio, un allacciamento 
volante alla rete elettrica del signor 
Eliano Costa ci permette di avere luce all’interno dell’abitazione.
Domenica 14 Febbraio
Al mattino partiamo da Valstagna verso Bologna con l’auto di Mosè che lascia il 
posto di guidatore a Nadia; Giorgio ed io completiamo l’equipaggio. Naturalmente 
all’Eudi incontriamo molti amici e fra discussioni e progetti, arriva l’ora di 
raggiungere il palco dove proiettano in Anteprima le favolose immagini del film 
"Oceans" di Jacques Perrin, e dove scambiamo chiacchiere con Roberto e Aldo 
che hanno partecipato alla lavorazione dello stesso.
Lunedì 15 Febbraio
Siamo di nuovo a Valstagna, pronti per iniziare le esplorazioni: alla sorgente 
arrivano gli inglesi Rick e John in 
compagnia di due loro amici inglesi. Ci salutiamo e parliamo dell’Oliero: 
avremmo dovuto fare il giro insieme ma i problemi di batteria ai miei super 
maialini mi hanno obbligato a rinunciare all’ultimo momento alla traversata. Ora 
siamo all’Elefante e decidiamo una collaborazione nel preparare la grotta. A 
giorni alterni c’immergeremo: oggi parto io che devo ancora posizionare le 
bombole da 20 lt. d’emergenza a -90m, -105m, -145m. Le troverò tutte già a  -75m 
mentre con me avrò una bombola da 20 lt. necessaria per garantire la ridondanza 
al Copis durante il rientro. Mosè mi seguirà per fare riprese fino a dove sarà 
possibile.
La preparazione dei materiali è 
perfetta: siamo numerosi e tutto fila liscio tranne quando mettiamo in acqua il 
maialino rosa che, all’istante, inizia a perdere aria dal compartimento motore. 
Lo recuperiamo e lo sostituisco con il piccolo aquazepp equipaggiato con 
batterie al Litio. Ora finalmente è tutto pronto.
Altra sorpresa quando mi infilo 
nella grossa muta adatta a questo tipo di immersioni: il neoprene del cappuccio 
e del collo si è irrigidito perché è da più di un anno che non la uso; vabbè, mi 
dico, in acqua si smollerà un pochino.  Per lo stesso motivo fatico anche a 
chiudere la muta ma alla fine ci riesco e posso quindi terminare di prepararmi 
per l’immersione. Quando è tutto pronto, Mosè e Nadia mi anticipano in acqua, 
Mosè con la sua telecamera e Nadia con dei fari potenti adatti ad illuminare di 
taglio la scena. Inoltre Nadia deve portare una bombola da 12lt. di miscela 
respirabile a -30m visto che io avrò con me solo un’ipossica. Scendo lentamente 
per permettere a Mosè di seguirmi ed alla profondità di -75m mi fermo per 
caricarmi le altre 3 bombole. Il filo in questa prima parte è fissato 
decisamente male, ma mi devo accontentare di quello che trovo. Una volta 
caricatomi le bombole, mi giro verso il fondo della grotta ed inizio la discesa, 
trainato dal maialino. Anche in questo punto osservo uno strano modo di sagolare 
e penso all’incompetenza di chi ha sistemato in questo modo il filo. Raggiunti i 
-90m lascio la prima bombola, a -105m in cima ad un masso lascio la seconda 
bombola ed a questo punto riesco ad avanzare con facilità essendo molto più 
leggero. Poco prima della fine della galleria, a -120m, finisce il filo: penso 
ai soliti bugiardi che dicono di raggiungere profondità che rimangono solo 
impresse nei loro sogni; collego il mio filo con un nodo sicuro ma orribile a 
vedersi e mi rendo conto che la visibilità in questa parte di grotta è di non 
più di 7m. Scendo il pozzo ed avanzo scorgendo a tratti, spezzoni del mio 
vecchio filo ancora posizionato sul fondo. A -135m sono costretto a fermarmi 
perché un elastico che si è infilato nell’elica mentre annodavo il filo su uno 
spuntone roccioso, una volta riacceso il motore, mi ha bloccato l’elica. Non 
riuscendo a sbloccarla e, non volendo perdere tempo, lascio la bombola attaccata 
al filo, blocco lo svolgisagola ed inizio il rientro a pinne.
Durante l’attesa della prima 
tappa in profondità, riesco a sbloccare l’elica ed a utilizzare il maialino 
quando praticamente non mi serve più. Trovo ad aspettarmi a circa -70m Mosè, che 
riprende una parte della risalita nella sala. Il resto della decompressione 
viene seguito dal Pifferaio mentre Boa e il 
Giardiniere si occupano di terminare i lavori alla campana. Quando riemergo dopo 
3h11’, tutto è pronto, tranne per la parte profonda, per la decompressione della 
prossima immersione. Spiego a John come e dove ho lasciato lo svolgisagola e 
ritiriamo le nostre attrezzature prima che il buio ci sorprenda.
Martedì 16 Febbraio
Per noi è giornata di tranquilla revisione e preparazione: mentre il Giardiniere 
migliora alcuni particolari nella zona decompressive, io vado a Marghera al 
negozio di Aquatica, fornitissimo come sempre di ricambi per erogatori, per 
revisionare una serie di erogatori Jetstream. Il Pifferaio mi fa da assistente.
Quando rientro a Valstagna, 
osservando le auto degli inglesi ancora parcheggiate alla sorgente, mi fermo e 
vado a vedere: John sta per uscire dall’acqua. Mi dirà dopo che ha raggiunto la 
profondità di -154m, ma che, avendo avuto anche lui qualche problema al circuito 
chiuso di emergenza prima della partenza, ha limitato la profondità.
Mercoledì 17 Febbraio
Tocca di nuovo a me andare fondo poiché Rick, che ha avuto un problema 
all’orecchio, oggi farà solo un’immersione di prova, prima di quella profonda di 
domani. Mosè è ritornato questa mattina alla grotta, portandomi un sottomuta più 
leggero ed un nuovo fondo del maialino da sostituire a quello che si è allagato 
precedentemente. Siamo raggiunti da Laura e Francesco, futuri corsisti nel corso 
“Intro to Cave” in Grecia, ad aprile.
Riproviamo a portare in acqua il 
maialino rosa, concepito per raggiungere profondità di -220m. Speranzosi lo 
caliamo in acqua e non notiamo alcuna perdita: la sostituzione del pezzo ha 
funzionato. Con calma e con tutti gli attrezzi appositi, tornato a casa, 
controllerò la parte non funzionante ma, per ora la soluzione adottata è la 
migliore; con me ora tuttavia, porterò anche un secondo maialino ed una bombola 
da 20 lt. da lasciare per le emergenze, 
alla profondità di -160m. Come formichine, tutti lavorano per aiutarmi a 
preparare le attrezzature necessarie cosicché la mattina scorre veloce e l’ora 
giusta per l’immersione si avvicina; sono tranquillo e sereno, tengo la fascia 
del cardio ed il preservativo all’interno del piumino per riscaldarli un po’, 
mentre scelgo i sottomuta da utilizzare. Una volta entrato nella muta, non devo 
far altro che aprire le bombole del mio Copis-Meg, indossare tutta 
l’attrezzatura e lasciarmi cadere in acqua. Mentre mi attacco le bombole rélé, 
mi ricordo di non aver attaccato la frusta della muta e quella del gav e poiché 
con questa muta mi sento rigido come un baccalà, è più facile e veloce 
avvicinarmi a riva per farmi aiutare dal Giardiniere. Mentre tento di stare in 
equilibrio, appoggiando i piedi sul fondo per essere il più vicino possibile, 
scivolo, e poiché sbatto su una roccia, percepisco una perdita dietro di me, che 
prontamente il Giardiniere blocca chiudendomi il rubinetto del diluente; prova a 
sistemare il primo stadio e, poiché riaprendolo, tutto funziona, una volta 
allacciate le fruste, recupero le due bombole relé da 20 lt. Percepisco un’altra 
perdita alle mie spalle, torno a riva, mi metto in posizione comoda per i fedeli 
assistenti: sembra una perdita dal corrugato del gav. Questo è un altro piccolo 
problema fortunatamente non fondamentale. Avviandomi di nuovo, mi accorgo 
d’essere positivo, anche se, come rimugino, ho uno strato in meno di sottomuta e 
la stessa zavorra di lunedì. Torno ancora a riva per prendere una batteria e le 
cavigliere, dopo di che, finalmente scendo verso il fondo del lago e, lasciando 
le zavorre supplementari, mi dirigo verso Mosè che è in posizione per effettuare 
le riprese. Continuo lentamente fino a -30m dove prendo il maialino d’emergenza 
collocato da Mosè poco prima della mia partenza, lo attacco dietro al maialino 
che cavalco, e mi dirigo verso il fondo. Le luci di Mosè mi seguono per qualche 
metro poi, solo le mie luci illuminano la galleria. La visibilità nella parte 
profonda oltre i -105m, è di circa 4m. e, quando raggiungo i -136m, prendo la 
bombola da me lasciata lunedì e la trasporto fino a -145m. Pensando sia più 
comodo lasciare qui il maialino di soccorso, lo sgancio e l’attacco vicino alla 
bombola relé. Davanti a me, a -154m, lo svolgisagola. Lo sblocco e proseguo per 
altri 30m quasi orizzontali, fino al bordo del pozzo, dove lascio la bombola a 
-160m, e mi lascio sprofondare nel torbido dell’acqua. Al fondo del pozzo, che 
non riconosco, forse perché sono passati tanti anni o forse perché, la ridotta 
visibilità, m’impedisce di vederlo in tutto lo splendore eseguo un giro di 200° 
per trovare la prosecuzione, scendo nel buco per altri 2m ed eccomi nel tratto 
orizzontale. Avanzando attaccato al maialino, ascolto un rumore strano che 
suppongo siano gli attriti degli organi meccanici, mi sembra di perdere 
leggermente quota; arrivo in un punto dove la prosecuzione è appena verso 
sinistra, do un giro di filo su di uno 
spuntone di roccia che trovo, lascio lo svolgisagola e decido di tornare verso 
l’uscita. Ho continuato solo per una decina di metri, ma questa è solo 
un’immersione di preparazione per le prossime punte: i miei due profondimetri 
segnano cifre diverse -183m sul Vr3 e -189m sul Galileo.
Alla base del pozzo arrivo con 
il maialino in 20’, e risalgo forse un po’ troppo velocemente, in un minuto 
circa, i 18m che mi permettono di raggiungere la galleria a -160m: lì c’è la 
bombola di sicurezza che, rifletto, in caso di piena difficilmente manterrà la 
posizione, non essendoci purtroppo posti, per sistemarla al riparo della 
corrente. A -145m quando mi fermo per recuperare il maialino di soccorso, mi 
sento positivo e non capisco il perché: per mantenermi in assetto, sono 
costretto a tenere le pinne orientate verso il basso. Accorgendomi di aver 
finito il diluente della bombola da 3 lt., so che non è un grave problema ma mi 
chiedo se la causa sia la perdita iniziale, oppure un lavaggio di troppo. 
Sostituisco la frusta del by-pass del diluente con la frusta di bassa pressione 
della bombola d’emergenza. Quando a -122m mi fermo per un deep-stop, essendo 
sempre più positivo, collasso la muta, recupero un chilo di piombo dal maialino 
rosa e, finita la sosta, percorro i cinquanta metri di galleria orizzontale in 
quota a circa –115m. Alla risalita finale, decidendo di non prendere delle 
bombole per avere del peso in più, ma preferendo mettere dei sassi nella tasca 
della muta, alzo lo sguardo verso l’alto e, senza volerlo, porto all’indietro 
più del normale il collo: mi sento girare la testa e mi do dello stupido perché 
sono consapevole che in acqua, e soprattutto in profondità, è meglio evitare 
questo tipo di estensioni; mi riprendo alla svelta e continuo a risalire.
A -70m, attacco al filo i 
maialini che, senza le loro zavorre esterne, sono leggeri e li lascio 
risalire eliminando la loro spinta positiva su di me. Sono un po’ confuso ma, in 
un barlume di lucidità, provo a sgonfiare la sacca del GAV e con stupore mi 
accorgo che è piena d’aria. Sapevo dall’inizio dell’immersione che c’era una 
minima perdita dal corrugato dietro il capo. Come spesso faccio non ho 
utilizzato il GAV e pensando alla perdita nel corrugato non mi sono minimamente 
preoccupato di controllarlo. Un piccolo trafilamento di gas dal VIS e la perdita 
di quota sono stati sufficienti a causare il problema. Stacco la frusta del gav 
e risolvo il problema. La concentrazione sulla parte profonda dell’immersione mi 
ha fatto trascurare un dettaglio banale che si è trasformato in problema.
Finalmente posso rimettere un 
po’ d’argon nella muta e continuare in pace la decompressione. A circa -50m., a 
Mosè che mi viene incontro con la telecamera, affido un maialino, lui mi prende 
anche il secondo, e tanto meglio così visto che a me non serve più.
Se ne va e rimango solo nel buio 
della galleria, a -40m: mi sento strano, ho la nausea, sento dolori al braccio 
destro e una sensazione di paralisi nella parte destra della faccia. Allargo il 
cappuccio che mi stringe ma niente, scendo di qualche metro e mi fermo: devo 
modificare la mia risalita ed inventare una decompressione che mi permetta di 
risolvere il problema; avendo il rebreather con il mio maxi filtro radiale, 
posso permettermi di rimanere qui 
ancora diverse ore senza rischiare che il filtro si esaurisca e che si creino 
problemi d’autonomia di gas. I pensieri si accavallano e si intrecciano: vorrei 
in un attimo, uscire dall’acqua scappando da questo elemento che in questo 
momento mi sta stretto, ma so che, se dovessi commettere un errore del genere, 
il risultato sarebbe fatale. Devo resistere e concentrarmi: rifletto pensando al 
neoprene della muta che in questo anno di inutilizzo si è raggrinzito, 
pensando alla fatica fatta durante la risalita per procedere senza finire sul 
soffitto, pensando alla stanchezza accumulata durante i primi giorni di 
spedizione. Mi chiedo se ce la farò, fermo a questa profondità con questo 
problema, come riuscirò a riprogrammare ed a gestire la risalita.
Quando arriva il Giardiniere, 
scrivo sulla lavagnetta: “non sto bene, ho la nausea, portami la batteria, le 
cavigliere e del thé”. Lui legge, riparte, e sono di nuovo solo; non cambia 
nulla perché è da solo che me la devo cavare, è da solo che devo scegliere la 
soluzione migliore. Dopo pochi minuti appare una luce, si avvicina, è Mosè; che 
ci fa qui, mi chiedo, mentre mi guarda interrogativo e mi segnala che rimarrà in 
mia compagnia. Quando il Giardiniere ci raggiunge, finalmente posso bere thé 
caldo; in un attimo svuoto la borraccia e ne chiedo ancora. Devo bere tanto, più 
del solito, ma voglio anche rimanere solo per concentrarmi meglio sulle mie 
sensazioni, senza distrarmi scambiando troppi messaggi: Mosè capisce, mi rimane 
a lato ed osserva, mentre il Giardiniere intanto, sale e scende per esaudire i 
miei desideri.
Dopo una ventina di minuti la 
situazione si modifica: poiché la sensazione di paralisi alla faccia ed il 
dolore al braccio sembrano diminuire, risalgo qualche metro. Di nuovo una 
pericolosa situazione: inizio a sentire il formicolio alle gambe, segnale di 
un’embolia midollare. Non camminerò più mi dico. Attimi d’intensi pensieri. 
Aumento la pressione parziale nel rebreather fino a 1.5bar – 1.6bar e rimango 
fermo, immobile concentrandomi sulla respirazione; bevo thè ed ancora thè, 
mentre il caldo del giubbetto mi permette un ulteriore comfort; tuttavia non 
riesco a far pipì e questo è un brutto segno. Ed ora che succede? Caldo, un gran 
caldo alle gambe; le tocco e sento male quando schiaccio leggermente la mano sul 
quadricipite. Il tempo scorre lento ed i dolori ora, sono solo alle gambe, ma 
respiro meglio e sono più lucido: la paura mi fa rimanere ben vigile sulle 
sensazioni. Poi, quando il caldo sembra diminuire, sono passati solo 10’, 
riacquisto la fiducia che forse riuscirò a superare il problema. Ho ancora più 
di quattro ore di decompressione e chissà cosa potrebbe ancora succedere. Allo 
scadere di altri 30 minuti, sparisce il caldo, spariscono i dolori e, pur non 
essendo pronto per i 100m ad ostacoli mi sento meglio e percepisco lo stimolo 
tanto desiderato: riesco a fare pipì e quindi le parti basse ancora funzionano. 
Anche se i brividi percorrono il mio corpo, realizzo che sta andando tutto bene 
e che la crisi, per ora, è superata. Finito l’argon del bombolino, anche se devo 
solo risalire, me ne faccio portare ancora. E’ trascorsa un’ora da che ho 
iniziato ad avere i problemi ed in quest’ora sono risalito a -30m.: comincio ad 
avere un gran freddo. Un cambio di batteria al giubbetto che migliora 
leggermente le sue performance, un buon thé caldo che mi scalda dentro: non devo 
far altro che resistere almeno fino a -12m, dove entrerò in campana e starò 
certamente meglio. Quando raggiungo i -12m, sono passate circa quattro ore: 
tutto è pronto perché mi sono coordinato con Boa e il Giardiniere per ricevere 
assistenza al mio ingresso in campana. Anche se sembra andare tutto bene, voglio 
evitare il più possibile, movimenti bruschi nel togliere il rebreather: entro 
facilmente, mi sistemo sullo sgabello e, tentato di comunicare con l’esterno 
tramite telefono senza risultato, torno ad utilizzare la lavagnetta. Durante i 
30’ che trascorro in campana a -12m, respirando ossigeno puro, all’esterno, non 
trovando il raccordo tra telefono e prolunga, modificano gli spinotti ed il 
telefono si attiva. Dopo i vari come va? Tutto bene? Serve qualche cosa? Mi 
sento dire: "Ciò Gigi, 
te toca pagar l’elicotero".
Con la mente concentrata sul mio 
corpo, con la sensazione di essere più stanco del solito e ancora un pochino 
preoccupato, non realizzo bene la storia dell’elicottero: sarà uno scherzo. Al 
momento di andare a -9m., Boa si ripresenta puntuale ed inizia a fare risalire 
con il tir-fort la campana fino a posizionarla alla quota richiesta; 30 minuti 
ancora e poi, se tutto fila liscio, si procederà alla risalita.
Fuori dalla campana appare 
quello che credo sia Mosè dal casco che indossa, e mi chiedo che ci fa ancora in 
acqua; lo osservo aggirarsi intorno alla campana come uno squalo che studia la 
sua preda. Lo tengo buono scambiando con lui, ogni tanto, degli scritti o delle 
attrezzature. Mi sembra anche un po’ svampito. Tra una telefonata e l’altra il 
tempo scorre, ed a -6m sono contento perché non solo non si manifesta nessun 
dolore, ma mi sto avvicinando alla superficie. Siccome questa giornata è di 
quelle che rimarranno impresse nella mia mente, come
"dulcis in fundo", 
si rompe lo spinotto che collega il telefono della campana: ergo, 
rimango di nuovo senza comunicazioni con l’esterno. Poco male perché ormai non 
manca molto e la lavagnetta non tradisce mai. Riecco Boa, sono 
già passati altri 30’, si sale a -3m ancora mezz’ora e poi una risalita lenta 
fino alla superficie. Il fantomatico Mosè mi meraviglia sempre di più perché 
sembra non conosca il suo faro, eppure ora sto bene e mi sento lucido. Quasi 
finito: di nuovo Boa e Mosè mi 
accompagnano ad 1,5m dove rimango qualche minuto e poi su fino a -80cm; la 
campana si blocca e mi dicono che è finito il cavo d’acciaio. Non fa nulla 
perché scivolerò fuori dalla campana e mi lascerò catapultare, vista la mia 
positività (ho solo la muta e nessun peso), verso la sospirata superficie. 
Quando è il momento di uscire, sono passati 6h10’ ed in superficie ci sono 
accesi i fari dei Vigili del Fuoco e c’è molta gente. Mi avvio con calma verso 
il bordo della vasca e quando lo raggiungo, vedo Mosè con la telecamera che mi 
riprende. Mi chiedo, sempre più stupito ma come può essere già qui cambiato, se 
era alla campana con me pochi minuti fa. Uscito dall’acqua, mentre sto 
appoggiato ad un sasso, si stappa una bottiglia di spumante, me ne viene offerto 
un bicchiere ed anche se non vorrei, mi bagno le labbra, quanto basta per 
sentire il sapore. Come non partecipare alla festa? Quando lo pseudo- Mosè esce 
dall’acqua e si toglie il casco, mi accorgo che si tratta del Proteo: ora si 
spiega il tutto. Proteo mi chiede se l’avevo riconosciuto? Forse avrà percepito 
la mia stranezza, come io la sua, visto che ero convinto di comunicare con una 
persona diversa.
Si chiacchiera dell’immersione e 
di tutto il bailamme nato all’esterno della sorgente poi, risalgo il pendio che 
porta alla casa dove teniamo tutte le nostre attrezzature.
Oggi è andata bene, ma siccome 
fino a domani non sarò ancora tranquillo, controllo il mio organismo e tutti i 
movimenti che eseguo e le reazioni. Una scaldata con una doccia tiepida e 
finalmente, tutti affamati, ed io non 
sono da meno, si va a cena. Mentre si 
intrecciano chiacchiere e commenti, mi impegno nel bere molta acqua non gassata 
(di gas ne devo avere ancora troppo in corpo). Ci raggiunge più tardi Karsten, 
un amico speleosub tedesco, espressamente venuto per dare una mano e fare 
fotografie. Rick invece, avendo problemi di compensazione, rinuncia 
definitivamente alle prossime immersioni ed annuncia che, il giorno dopo, 
sbaraccherà e rientrerà. Personalmente ho ancora tempo a disposizione, ma voglio 
immergermi inizialmente solo per verificare quali saranno le reazioni del mio 
organismo sottoposto nuovamente a pressione.
Giovedì 18 Febbraio
Ripensando al giorno prima, mi spiace che dopo cinque ore di immersione per 
mancanza di batteria si sia spento il Galileo, perché sarebbe stato interessante 
avere il grafico dettagliato che, da questo computer, si può scaricare. Karsten 
ed il giardiniere si immergono per sistemare un po’ le attrezzature alla campana 
mentre io mi riposo e, con Mosè, vado ad acquistare i galleggianti per le 
bombole, nella fabbrica che si trova poco lontano da qui.
Servizio su "Il Giornale  di Vicenza" 
[Articolo]
Venerdì 19 Febbraio
Piove a dirotto: l’Elefante si è alzato di oltre un metro, la visibilità 
va peggiorando, la corrente aumentando: mi spiace per Karsten che è venuto fino 
a qui forse per nulla, ma purtroppo, anche se le previsioni non erano delle 
migliori, non ci si aspettava questa situazione.
Sabato 20 Febbraio
Piove ancora per quasi tutto il giorno.
Servizi su "Il Giornale  di Vicenza"  
[Articolo 1]    
[Articolo 2]
Domenica 21 Febbraio
Forse è proprio l’ultimo giorno possibile per tentare di recuperare un po’ dei 
materiali lasciati all’interno della sorgente. Penso inoltre che, dopo ciò che 
mi è capitato mercoledì, sia un’imprudenza andare oggi, subito a -160m senza 
aver provato le reazioni del mio fisico con una prima immersione soft. Davanti 
alla sorgente, notato che la visibilità sta peggiorando, dopo un piccolo 
briefing per chi è arrivato solo ieri sera, m’immergo per andare a recuperare le 
bombole solo dai -109m in su. Scendo pinneggiando con calma, nessuno mi 
rincorre, non ho fretta e sto molto attento alle sensazioni: la paura è tanta, 
ma la devo affrontare. Karsten mi segue per cogliere qualche foto nonostante la 
visibilità sia di circa 6-7m costanti per tutta la galleria. Arrivato a -109m, 
prendo la bombola da 20 lt. ed in 
risalita, recupero via via le bombole da 20 lt. a -90m, a -75m, a -55m, a -36m, da 15lt a -24m, 
a -18m ed a -12m. Mi sento bene, ma 
sono come un albero di Natale che, invece di sorreggere i palloncini, sorregge 
le bombole. A questo punto ritorna Karsten che dopo aver scattato qualche foto, 
mi scarica di una parte delle bombole e dopo di lui anche Laura che, anche se 
alle prime armi, porta fuori il resto.
Ora, di nuovo leggero, di tutto, 
scendo per far un giretto all’ingresso della grotta con Laura, a -29m la sua 
nuova profondità massima in accordo al brevetto; poi vado alla campana a 
smontare le corde, a recuperare le bombole e tutto quello che vi è appeso, 
cosicché Proteo e Caramella possano smontarla più velocemente. Quando esco 
dall’acqua dopo 90’, la campana è libera, il narghilé, il cavo del telefono sono 
fuori. Con uno sguardo panoramico vedo che solo Nadia e Laura si stanno 
impegnando a trasportare le bombole dalla vasca della sorgente fino alle auto.
Alla fine, mentre trasporto una 
bombola d’ossigeno da 50lt. all’auto, un pensiero di ammirazione va alla parte 
femminile del gruppo perché, mentre i maschietti si disperdevano nelle 
chiacchere, il lavoro pesante ed ingrato lo svolgevano le femminucce indomite. 
La mia memoria torna a Jim Bowden che aveva un team di donne: un caso?
Sono triste ma solo un poco: il 
tempo meteorologico non mi ha favorito e porto a casa solo pochi metri 
d’esplorazione in più, tuttavia l’esperienza problematica che ho vissuto, mi ha 
maturato dandomi un giro di vite: la negazione, se ben meditata, può diventare 
positiva. L’Elefante non fugge, mi aspetta.
Lunedì 22 
febbraio:

Anche la visibilità è ormai compromessa...
Martedì 23 
febbraio
Servizio su "Il Giornale  di Vicenza" 
[Articolo]
 
Ringraziamenti :
Claudio e Loriano Costa
Domenico Rossi
Eliano Costa
Ennio Lazzarotto
Francesco Marchesini
Fulvio Frescoso
Laura Nicolini
Nucleo Vigili del Fuoco Sommozzatori Vicenza
Lota Lota Sub (www.lotalotasub.com)
 
Sponsors:
Cima Sub - Brescia (www.cimaservice.it)
Teorema Guarnizioni - Paratico (www.teoremaguarnizioni.it)
Area Sub - Ghedi (www.areasub.eu)
Un’onda nel blu - Provaglio d’Iseo (www.unondanelblu.com)
Partecipanti:
Alessandro Fantini (Pifferaio)
Alberto Cavedon (Proteo)
Claudio Carnello (Caramella)
Davide Corengia (Squark)
Francesco Boaria (Boa)
Giorgio Correli
Karster Gessert
Luca Pedrali (Mosè)
Mirco Rimoldi
Nadia Bocchi
Roberto Longhi (Giardiniere)
Simone Piscitelli
Stefano Gallingani (Moonlight)
Valeria Nava
Virginia Mandracchia (Svir)