
CRETA - Ottobre 2008
Il 22 di ottobre parto da solo
per l’isola di Creta, con l’intenzione di effettuare dapprima delle semplici
ricognizioni e, se ne capiterà la possibilità, non mancherò di tentare
un’esplorazione.
Una volta sceso il 23 ottobre,
dal traghetto a Patrasso, mi avvio velocemente verso il Pireo ad Atene, porto
dal quale m’imbarcherò per Creta. Avendo abbastanza tempo a disposizione,
preferisco uscire a Corinto, dalla nuova autostrada inaugurata poco prima delle
olimpiadi, per percorrere la vecchia strada ed andare a bere un caffè nel solito
bar, macinando ricordi. Osservo scorrere davanti agli occhi la vecchia strada,
il ponte di Corinto con tanto di passerella per permettere la vista dall’alto
sul vuoto artificiale e sulla quale transitano milioni di turisti, adulati dai
venditori di gadgets sui due lati dello stretto e dai punti di ristoro. Jean
Jacques ed io, dal nostro primo passaggio nel 1987, ogni volta che siamo
transitati su questo ponte, ci siamo sempre fermati nello stesso bar, un bar
anonimo per turisti di massa, con molte schifezze da mangiare comuni a molti
paesi e quasi nulla di tipico, un bar insolito per noi solitamente alla ricerca
di posticini proponenti novità per il palato; in ogni modo questo bar, che
quest’anno sembra cambiato nell’arredamento anche se forse lo hanno solo
tinteggiato, penso che rimarrà privilegiato nei miei ricordi perché è il bar
dove lo scorso anno salutai per l’ultima volta Jean Jacques.
Già, ora che sono dentro, che
ordino? Come al solito qui, ordino un caffè freddo e poiché il “nostro” tavolo è
libero, mi siedo e mi lascio trasportare dalla memoria.
Terminato il caffè, riprendo il
mio viaggio alla volta del Pireo e quando sono quasi a destinazione, riesco pure
a sbagliare strada ed ad allungarla di una decina di chilometri: Atene, quasi
ogni volta che la raggiungo, m’ingoia nel traffico caotico. Finalmente da
lontano, vedo il mostro d’acciaio galleggiante che mi ospiterà per nove ore
circa; non potendo scegliere un biglietto “camping on board”, prendo il
materassino, il sacco a pelo ed un libro e salgo sul ponte della nave, alla
ricerca di un angolo buio, a volte anche vietato, per dormire sotto la sola luce
delle stelle. Domani alle cinque sarò a Creta e raggiungerò il punto d’incontro
con Yannis Bromirakis e con Kostas Fotinakis.
Il 24 ottobre sono nello stesso
posto dello scorso anno, solo con qualche giorno d’anticipo; ricevo le chiavi
del locale dove lascerò le attrezzature, scarico tutto il materiale ed invece
che andare a visitare qualche località archeologica come nel recente passato, me
ne vado alla sorgente d’Almiros. L’anno passato, di questa sorgente ho giusto
fatto in tempo ad osservarne velocemente le topografie a desiderarne
l’esplorazione, quando sono stato raggiunto dalla tremenda chiamata per Jean
Jacques. Ora sono di nuovo qui.
Carico un bibo da 10 l. ed il
necessario per un’immersione in grotta e via: percorro una stradina sterrata
lunga qualche centinaio di metri e raggiungo un cancello chiuso solo da un filo
di ferro, lo apro e percorro ancora un centinaio di metri prima di fermare la
macchina.
Sono solo; intorno a me solo
qualche capra ed un desolante muro che serve per contenere l‘acqua nel periodo
delle piene. Raggiungo la scaletta che mi permette di risalire sulla diga ed
alla cui base un grosso cane morto in avanzato stato di decomposizione, è
rannicchiato come se quello fosse il posto da lui scelto per gli ultimi momenti
di vita. Dalla cima del muro, vedo il lago il cui colore dell’acqua è
semplicemente incantevole, così trasparente che i sassolini bianchi risaltano
sul fondo ricoperto d’alghe; purtroppo come in tutti i posti di facile accesso
alla società “civile”, si possono notare carcasse d’auto e rifiuti vari lungo il
muro che affianca la strada che conduce alla sorgente. Poco importa, non saranno
queste cose che riusciranno a rovinare la magia.
Attacco il filo dello
svolgisagola ad un pezzo di ferro fissato su di una passerella di cemento che
delimita in quel punto il bordo del lago e, dopo aver svolto una ventina di
metri di filo, getto in acqua lo svolgisagola. Lo vedo volteggiare mentre
raggiunge il fondo ed il filo tendersi: lo vedo come fosse a portata di mano,
incredulo nell’osservare la trasparenza dell’acqua. Sempre più eccitato,
completo la vestizione e salto in acqua: “Nooo, non ci posso credere, sono in un
mondo magico” mi dico. Velocemente scendendo verso il fondo del lago con la
corrente che si fa sentire non appena mi affaccio alla bocca della grotta, mi
abbasso sul fondo, mi tiro sui grossi massi oltrepassando rottami vari anche
qui, una carcassa di macchina ed una di motocicletta, un telaio di moto e
qualche tubo di plastica: una desolazione! Avanzo senza esitare perché tra poco
tutto questo sparirà, insieme alla luce del giorno che mi accompagna fino a
-35m. La corrente è fastidiosa, quasi incontrastabile con le sole pinne; a -44m
la galleria riprende a salire ma diventa sempre più stretta. Dove sono le forme
di galleria che ricordo di aver osservato sulla topografia? Iniziando la
risalita, devo prestare attenzione alla velocità, perché la corrente della
grotta vuole sputarmi fuori.
Penso e ripenso alla grotta ed
al mio errore; ora riconosco di aver sottovalutato la complessità di questo
sistema e che la galleria che punto ad esplorare, dovrebbe partire ad una quota
minore. Ho avuto un anno di tempo per riguardare la bella topografia e sono
arrivato qua senza averlo fatto. Vabbè, mi godo l’istante tra alghe sospese
dalla corrente, tappeti d’erbetta incredibilmente regolari da fare invidia a
giardini sapientemente curati. Un’anguilla esce dal manto verde e nuota
tranquilla e, quando la inseguo un pochino, lei accelera, si allontana ed a
trenta metri da me la scorgo ancora. Decidendo di risalire in superficie, prima
guardo il profondimetro: sono ancora a -15m ma la luminosità dell’ambiente mi ha
tratto in inganno inducendomi a credere di essere quasi fuori. Posso non
osservare la temperatura dell’acqua? Naturalmente no: 16°.
Finalmente credo di cominciare
ad aumentarne la conoscenza e mentre esco attraversando le alghe che ricoprono
una parte del lago, percepisco il tepore dell’acqua di superficie e l’odore non
spiacevole di vegetazione in decomposizione.
Raggiungo la macchina con tutto
indosso e mi cambio lì dove è certamente più pratico.
Il mio soggiorno a Creta, per
valutare qualche sorgente esplorabile, presuppone l’indispensabile aiuto degli
amici cretesi e credo giusto occupare una parte del tempo per percorrerla
insieme con loro conoscendone anche l’aspetto alla superficie, legato come
sempre all’acqua che da sopra poi, scende sotto.
Così il 25 ottobre, parto con
Yiannis ed una decina di persone per andare nella zona a sud di Rethymino e
scendere il canyon di Samaria, l’unico dell’isola con acqua, in questo periodo.
Un paio d’ore di viaggio per raggiungere il posto che si trova a metà di
un’incredibile gola percorribile in auto e durante una sosta per aspettare un
ragazzo, scorgiamo di un paio di cuccioli di ermellino sul bordo della strada
che, dopo qualche minuto, rientrano tra la vegetazione e scompaiono. Raggiunta
la gola e scendendo dalle auto, siamo investiti e sospinti da un vento
sostenuto. Yiannis propone di prepararci sulla strada e poi scendere fino a
raggiungere il fondovalle, posto un centinaio di metri sotto di noi. Il percorso
del canyon, seppur interessante è breve ed alla fine della pratica Yiannis deve
fare della teoria ad alcuni allievi; ne approfitto per andare a visitare un
monastero distante una quindicina di chilometri da noi. Più tardi un
interminabile viaggio verso la parte opposta dell’isola, a bassa velocità per
non perdere nessuna delle cinque autovetture al seguito, fino a raggiungere a
metà collina, un piccolo monastero dentro in quale si passerà la notte. Ceniamo
all’aria aperta con una temperatura non delle più calde: siamo a circa 800m di
quota ed il vento gelido di questi giorni si sente ancora di più. Dormo nella
tenda sul tetto della mia macchina che parcheggio quasi a filo della scarpata
per godere appieno della vista sulla valle.
Il 26 ottobre ci aspetta un
canyon asciutto: percorriamo un lungo tratto di sterrato in buone condizioni e
poi, una volta attrezzati per la discesa in corda, ci avviamo verso la forra. E’
la prima volta che scendo una forra asciutta. Ieri ho potuto osservare che gli
armi sono diversi da quelli utilizzati una decina d’anni fa, ma la discesa sulla
corda non è cambiata. Il gelido vento rompe le scatole e ci costringe a
rimanere, appena possibile, al riparo limitando il godimento dei vuoti aerei.
A metà discesa c’è un cucciolo
di capra bloccato in un punto; circa 30m sotto di noi, la carcassa della madre.
Il piccolo ha brucato tutto il possibile intorno a lui, ma non è in grado né di
salire né di scendere. Yiannis, una volta scesi tutti, pendola appeso alla corda
e lo va a prendere. Legate le zampe, lo porta alla base del pozzo ma poiché non
è abbastanza per metterlo in sicurezza, lo porta una cinquantina di metri più
sotto. I rapaci che volano sopra di noi probabilmente attendono di poter
mangiare il corpo della madre. Finalmente, alla base di un lungo tratto
verticale il capretto liberato, percorre qualche decina di metri e si ferma
subito a brucare foglie da una pianta. Alla fine, quando ci salutiamo, io mi
dirigo verso Aghios Nikolaos per andare a vedere una sorgente e loro rientrano
ad Heraklion.
Percorro la costa a sud e dopo
un paio d’ore giungo a destinazione ma, osservando che il lago generato dalla
sorgente si trova in mezzo al paese e nessun amico greco è con me, indovino che
sarà impossibile immergermi in queste acque. Con una telefonata ad Atene, a
Vassili, il mio fidato amico da vari anni, capisco che qui non si può far nulla
fino al prossimo anno. Un’altra piccola sorgente nella zona, ma ricevo una
delusione perché l’acqua proviene da infiltrazioni e le fessure sono
percorribili solo da uno gnomo piccolissimo e non è il mio caso.
Il 27 ottobre è una giornata
che uso per ritornare alla base percorrendo tutta la costa, scegliendo strade
sterrate, sulle quali non incontro nessuno, tranne qualche pastore e migliaia di
capre e di pecore con i loro piccoli; non posso far a meno di riflettere su
quale fine faranno questi piccoli in occasione di qualche festa per tutti ma non
per loro.
Rientro ad Heraklion che il
sole è già tramontato: sono solo, non devo rispettare nessun orario, mangio
quando ho fame e dormo quando ho sonno, meglio di così non si può.
Il 28 ottobre è festa nazionale
e festeggerò finalmente con un’immersione nella sorgente d’Almiros mentre
Yiannis e Katerina mi faranno compagnia. Stavolta osservo attentamente la
topografia, valuto percorsi e profondità e m’immergo: prendo con me un paio di
bombole decompressive ed il bibo sulla schiena. A -24m sulla mia destra, ecco
una galleria in cui infilarsi anche se la corrente si rivela un po’ fastidiosa.
Avanzo tranquillo nella tortuosa galleria dalla quale se ne diramano altre. Mi
concentro sulla principale e, dopo un centinaio di metri di percorso, mi ritrovo
a -35m, di fronte ad uno stretto passaggio che riconosco come la strettoia
disegnata sulla topografia. Mentre mi affaccio, la corrente mi respinge e non
credo di riuscire a passare tenendo le bombole in spalla tanto più che
l’autonomia delle mie bombole a circuito aperto, sta finendo. Sistemo una
bombola a -35m ed inizio il rientro che stavolta, per merito della corrente, é
veloce ed il consumo inferiore che all’andata. Riemergo dopo una quarantina di
minuti.
Il 29 ottobre si ritorna alla
sorgente: anche Yiannis, che desidera scattare qualche foto, s’immergerà.
L’appuntamento alle 11.00, è al campo dove dormo ma purtroppo io sono in netto
ritardo perché il mio circuito chiuso laterale ha qualche problema con gli
o-ring e, stavolta non ho con me la cassetta attrezzi con tutti i ricambi;
fortunatamente riesco a adattare degli O-ring del Copis tagliandoli ed
incollandoli per crearli della giusta misura. Arrivano Nikos e Katerina Ma il
tempo scorre veloce mentre m’ingegno a risolvere tutti gli handicaps; riesco a
finire alle 15.00. In un attimo le attrezzature sono sul bordo della sorgente:
il circuito laterale e due bombole da 20 l. Faccio in fretta a cambiarmi, ma il
sole è già tramontato dietro la montagna e la luce non è molto buona per le
foto; in ogni caso Yiannis indossa la muta umida ed entra in acqua per scattare
qualche foto dalla superficie.
Nella galleria, la resistenza
del volume del materiale da me trasportato si fa sentire, ma oggi con il
circuito chiuso, non ho problemi d’autonomia e me la prendo con calma. Raggiunta
la strettoia lasciata in sospeso il giorno prima, inizio i tentativi per
superarla, spingendovi una bombola da 20 l. ma la corrente me la respinge. Provo
ad infilare il circuito che, pur essendo laterale, è troppo lungo e non riesco a
farlo passare nel posto giusto: dopo quasi 30’ di tentativi, ci rinuncio. Lascio
una bombola da 20 l ed inizio il rientro. Sono arrabbiato con me stesso per i
continui errori di valutazione che sto commettendo perché questa è una grotta da
prendere con più calma soprattutto se non si sono a disposizione attrezzature
adeguate all’ambiente.
Entro in una galleria laterale
speranzoso per osservare ma, dopo pochi metri fangosi, mi ritrovo ad un bivio in
cui da una parte si procede a favore di corrente dall’altra contro, anche se qui
la corrente è appena percettibile, ed il vecchio filo utilizzato per
l’esplorazione è ancora in loco. Ovviamente scelgo di andare nel passaggio
contro corrente ma dopo pochi metri mi fermo perché il filo posto all’interno è
un po’ troppo marcio e non mi fido a seguirlo. Rientro nel torbido fino a
raggiungere la galleria principale. Riemergo un po’ sfiduciato perché, a parte
il bibo da 10+10 ed un 12 l., non ho bombole piccole con me e sapere che la
sorgente è già stata esplorata fino a -90m di profondità, che dalla relazione di
chi l’ha già esplorata dice che sembra continui a scendere, mi fa venire
l’acquolina in bocca prima e mi fa sentire a bocca asciutta poi. La notte
porterà consiglio.
Il 30 ottobre, davanti alla
sorgente, decido di partire in circuito aperto utilizzando una bombola da 20 l.
per raggiungere la strettoia e tentare di superarla, utilizzando la bombola da
10 l. e la 12 l. Questa mattina sono solo e la corda con la carrucola per calare
le attrezzature dal bordo del muro si rivela molto utile anche se devo scendere
tutte le volte a sganciare il moschettone. Preparo tutto sul bordo dell’acqua ed
una volta indossata la muta, con un salto mi getto in acqua. Una verifica
all’erogatore sulla bombola da 12 l. e poi inizio a respirare sulla bombola da
20 l.
Con questa configurazione sono
veramente più veloce nel percorrere il primo tratto di galleria, tanto è che su
cento metri, guadagno tre minuti rispetto al giorno prima. Ecco la strettoia che
mi lancia la sfida, che io non ho assolutamente idea di perdere: lascio la
bombola da 20 l. e, con solo quella da 12 l. mi affaccio ma, non passando, la
sgancio dal dietro e, spingendola di fronte a me, riesco ad entrare
completamente: bene! é fatta! Torno indietro di 2m. per riprendere lo
svolgisagola e la bombola da 10 l.
Dopo aver verificato il
corretto funzionamento dell’erogatore, colloco la bombola a metà strettoia,
fisso il filo ed entro con il 12 l. La buona visibilità mi aiuta notevolmente in
queste situazioni. Passando al di là, una nuvola di fango si stacca dal soffitto
ma la corrente la trasporta via velocemente e la visibilità ne risente
minimamente. Mi sento felice mentre proseguo nella galleria di piccole
dimensioni, in discesa fino a -40m. Nel momento in cui decido di rientrare,
riavvolgo il filo da me posato che con la prima piena sono sicuro si
spaccherebbe completamente e sarebbe solo d’impiccio per il prossimo anno,
quando tornerò con le attrezzature adatte alla prosecuzione. La strettoia che
ormai conosco perfettamente, la ripasso con agilità riprendendo bombole e filo.
Dopo una quindicina di metri, vedendo una seconda galleria laterale con lo
stesso vecchio filo della galleria vista ieri, depongo le due bombole da 20 l. e
non resisto alla tentazione di infilarmi dentro. Con la corrente poco
percettibile, scelgo di andare a destra ma, come tocco il vecchio filo, questo
si rompe. Prendo allora il mio svolgisagola ed avanzando, mi accorgo di andare a
favore di corrente: l’idrologia di questi condotti è proprio strana e
pericolosa. Mi fermo, ma ritornerò con una robusta corda da fissare ben benino
da usare per affrontare questo tratto che, potrebbe by-passare la strettoia.
Notando che i brandelli del vecchio filo fissato alla parete, sono gli ultimi,
deduco che la galleria che prosegue, essendo ancora vergine, avrà un sacco di
sorprese.
Esco dall’immersione dopo
un’ora, depongo sulla passerella le quattro bombole, esco dall’acqua. Riprendo
al contrario le operazioni dell’andata cioè le trasporto alla base del muro, ne
aggancio una, salgo la recupero, scendo aggancio la seconda risalgo la recupero
e via fino a quando non ho finito di portare su tutto. Poi giù alla macchina ma
questo, è meno faticoso. Finalmente sono un po’ soddisfatto dell’immersione che
ho effettuato. Per strada, incontro un greco, Yannis Mavrakis che mi pone
diverse domande e poi, scopro che lui ha conosciuto i francesi che hanno
esplorato ed eseguito la topografia in questa sorgente nel 1991. Proseguiamo
andando a cenare insieme e parliamo del posto magico, d’immersioni e di lavori
subacquei (è un subacqueo anche lui); si rivela molto socievole ed entusiasta di
aver qualcuno con cui scambiare qualche parola in italiano, in greco o più
semplicemente in inglese.
Il 31 ottobre vado presto alla
sorgente, m’immergo e finisco di recuperare il resto del materiale dall’acqua,
trasportando tutto al campo e completando le operazioni di carico dell’auto.
Arriva Yiannis Bromirakis che mi aiuta a caricare la macchina, poi anche Yannis
Mavrakis mi raggiunge per darmi una mano; faccio una doccia con l’acqua rimasta
nella mia doccia “solare”: la temperatura è attorno ai 30° e l’acqua è
notevolmente più calda dei giorni precedenti.
Alla sera, mi imbarco sul
traghetto per il Pireo trascorrendo la notte nel sacco a pelo sul ponte
umidiccio e meditando che in questo viaggio ho verificato che Almiros è una
sorgente molto interessante ed abbastanza difficile, la sorgente ad Aghios
Nikolaos è enorme ma la visibilità sembra scarsa, una sorgentina è risultata
impraticabile e ne rimangono un paio che non sono riuscito a vedere in questa
ricognizione.
Sicuramente il prossimo anno,
avrò tutta l’attrezzatura necessaria ed adatta per affrontare le difficoltà
verificate.
Il 1 novembre quando scendo al
Pireo, e approfitto per salutare Yiannis Kalopsis e fare un po’ di spesa:
olive, capperi, origano, the di montagna e tisane varie. A Patrasso incontro
l’amico Nektarios, ceno con lui e poi m’imbarco verso il freddo che in questi
giorni ha raggiunto la mia città.
Non ho esplorato grandi cose,
solo assaggiato, ma questa esperienza è stata molto utile perché ho rispolverato
le mie conoscenze sull’approccio all’immersione in posti nuovi, che per altro
conosco bene ma che in questi ultimi anni avevo un po’ dimenticato vista la
facilità con la quale portavo a termine alcune importanti esplorazioni.
Il
prossimo anno Almiros d’Heraklion, ti rivedrò con attrezzature diverse pronto a
scoprirti a fondo, in fondo.