
SOURCE BLEUE DORTAN 2008
Da qualche anno ero d'accordo
con Lulù e Bebert che avrei tentato la continuazione dell'esplorazione della
Source Bleue, a Dortan ma, all'epoca dei fatti, Jean Jacques aveva imposto il
veto perché desiderava essere lui a proseguire. Naturalmente non esistevano
faide tra noi, e per me era sufficiente che lui raggiungesse la sua
soddisfazione personale, per entrare poi in gioco.
Conobbi questa sorgente circa 20
anni fa, quando ero un "ragazzino" alle prime armi e sotto l'ala protettiva di
Jean Jacques che, in quei periodi, frequentando spesso il Jura francese per le
sue esplorazioni, oltre all'esistenza di questa sorgente, mi fece conoscere ed
entrare in amicizia con Lulù e Bebert un inseparabile duo di speleo-sub
pazzerelloni che all'epoca, erano rispettivamente il responsabile della
Commissione Speleosubacquea Francese uno e l'altro, uno dei migliori fotografi
speleosubacquei in circolazione.
Valico le Alpi martedì 29, per
raggiungere a Chatel-Saint-Denise, Patrick e Daniela con i quali andrò a vedere
un balletto di Bejart a Losanna.
Il giorno 30 mi dedico a
visitare gli amici che abitano in zona.
Il giorno 31 inizia la trasferta
francese: da casa di Josè ci spostiamo lui ed io per un paio d'ore d'auto, in
direzione Oyonnax dove, raggiunta la casa di Lulù, che diventerà per qualche
giorno il nostro campo base, dobbiamo solo scaricare l'auto e prepararci per una
prima visita nella sorgente.
Il nome della sorgente è tutto
un programma perché questa, che si trova nel parco di un castello, è una piccola
superficie d'acqua che, riflettendo il cielo sereno si trasforma in uno specchio
blu incastonato nel verde dei boschi che lo circondano.
Lulù ha dei buoni rapporti con i
proprietari del castello e dintorni, ed ha il permesso di accedere alla
sorgente.
Apriamo il vecchio cancello di
ferro e percorriamo, per oltre un chilometro, una strada sterrata molto ben
tenuta, fino alla sorgente, nei dintorni della quale sono visibili le tracce
degli zoccoli dei cinghiali che gironzolano, liberi nella proprietà.
Parcheggio la mia auto sul bordo
del laghetto, progettando, per pura pigrizia, di saltare direttamente dal
portellone posteriore in acqua ma poi, per esigenze di rispetto della
collettività, mi adatto a retrocedere un poco, per permettere il passaggio anche
agli altri.
Prepariamo le bombole relè da
sistemare in acqua, il maialino e tutto il materiale necessario a questo primo
tuffo cosicché, quando indossiamo le mute, è già pomeriggio inoltrato. Mentre il
gruppo di Lulù posiziona le bombole decompressive d'emergenza fino a -21m, Josè
mi aiuterà a trasportare il maialino e le tre bombole da 20 l alla profondità di
-25m.
Salto dal muretto del bordo
della vasca, prendo lo svolgisagola, una bombola da 20 l, il maialino ed inizio
a scendere in verticale nel pozzo d'accesso, fino a -18m, poi ancora, per una
decina di metri su di un fondo inclinato in ghiaia; alla profondità di -22m dove
il soffitto ed il fondo quasi s'incontrano creando una prima strettoia, superata
la quale, ci si ritrova di nuovo in un ambiente notevolmente più ampio. A -26m
c'é un camino da risalire fino a -21m poi, dopo qualche metro, c'é una bella
condotta forzata. Josè mi consegna la seconda bombola da 20 l. ed io parto
dentro questa comoda galleria; alla profondità di -40m la morfologia cambia
completamente e la galleria che rimane larga qualche metro, ha il soffitto che
diventa così basso che ci sbatto in continuazione con il mio Copis. Nel
frattempo Josè porta una bombola da 20 l. a -36m. Poiché la visibilità non è
molto buona, riesco a malapena a distinguere la roccia a due metri circa di
distanza da me mentre la corrente è notevolmente sostenuta. Con il soffitto che
rimane basso e non supera quasi mai gli 80cm di altezza, percorro in queste
condizioni, circa 200m di galleria seguendo il vecchio filo di Jean Jacques che
a tratti, è veramente piccino e di cattiva qualità.
Ricordo che di questo filo, Jean
Jacques ne aveva una considerevole quantità e, in attesa dell'arrivo di un filo
migliore, per un buon periodo egli si rassegnò ad utilizzarlo molto spesso.
A 430m di distanza dall'entrata,
la profondità è di 66m e qui decido di posare la bombola da 20 l. e di
rientrare. Quando dopo 72', riemergo, tutti hanno già sistemato le loro
attrezzature: è tardi e dobbiamo ancora preparare tutto per l'immersione del
giorno seguente.
Lulù trascorre la serata
amabilmente, vicino al compressore, io mi limito a smontare il Copis ed a
sostituire le bombole. Il tempo trascorre veloce tra un bicchiere e l'altro
d'acqua invece che di vino poi, tutti a nanna.
Il 2 maggio il ritrovo per la
compagnia è sempre a casa di Lulù e, mentre aspettiamo l'arrivo di tutti gli
amici, approfittiamo per terminare la preparazione delle attrezzature. Siamo
alla sorgente poco dopo le 11, e mentre qualcuno scarica i materiali, qualcuno
preferisce occuparsi di calmare l'appetito stimolato dall'aria frizzante,
organizzando uno spuntino.
Io sono impegnato nelle mie
faccende e darò soddisfazione alla fame solo alla fine dell'immersione, anche se
prima di partire, non manco di sorseggiare una bevanda energetica.
Si distribuiscono le mansioni di
ciascuno: Lulù s'incarica di portare il maialino ed una bombola da 20 l. a circa
trenta metri di profondità. E' la prima volta che adopero il Copis con la muta
gigante che uso per le grandi immersioni perciò, quando salto in acqua, mi
accorgo di essermi troppo zavorrato: corro di corsa ai ripari, facendomi levare
da Josè un piombo da 3kg che ho agganciato con due elastici sulla bombola
d'emergenza dell'ossigeno. Dopo va meglio, anche se sono diventato leggermente
positivo: la mia stima era abbondante cosicché per scendere i primi metri mi
esibisco in una capovolta in stile, con tanto di relè da 20 l.
La discesa è rapida e l'ADV
interviene in maniera precisa con l'aumento della pressione. La corrente è
sempre forte e me ne rendo conto subito alla prima strettoia. In questa seconda
immersione la progressione è migliore: so che, anche se la galleria non è mai
molto alta, non corro nemmeno il rischio di sbattere violentemente, perché il
soffitto è liscio. Anche l'abitudine all'acqua torbida è già ritornata e quindi
mi sento a mio agio. Una volta raggiunta la bombola lasciata da me il giorno
prima, ritenendo migliore sistemarla un po' più avanti, me la trasporto fino a
circa 500m dall'ingresso. Sono oltre i -70m di profondità, la forte corrente, mi
ostacola non poco e quando arrivo a 600m dall'ingresso, trovo in aggiunta, il
filo rotto e arrotolato pericolosamente in alcuni punti. Devo per forza usare il
mio svolgisagola per ripristinare la linea guida; avanzo per una quindicina di
metri ed ecco il vecchio filo riapparire: nuova sosta tattica, un nodo, un
taglio, sistemo lo svolgisagola e proseguo. Dura poco la gioia, perché un altro
ammasso di filo annuncia una nuova rottura, che puntualmente trovo ad una decina
di metri di distanza. Questi accumuli di fili sono pericolosi e normalmente si
radunano in punti tortuosi delle gallerie: vero è che il problema dell'autonomia
con il circuito chiuso "quasi" non si pone ma, è pur sempre spiacevole e
rischioso finire impigliati nei fili e doversi districare.
Lo svolgisagola è pronto per il
suo lavoro, il maialino scalpita, una regolata all'assetto e tutto diventa
facile; poiché la roccia è liscia e non ci sono molti punti dove ancorare il
filo, così si spiegano le decine di metri di questo, sparso aggrovigliato nella
galleria. Quando il filo si rompe per la corrente violenta, esso è trasportato
fino ad ammassarsi in punti in cui la roccia è più ruvida o semplicemente nei
pressi di curve della galleria.
Nel tratto che sto percorrendo,
la morfologia diventa molto interessante: posso osservare tutta la galleria
uniformemente erosa ma, dove l'altezza dei passaggi è più agevole, la larghezza
si riduce e la corrente si fa sentire. Cerco uno spuntone sul quale fissare il
filo, prima di iniziare il rientro, ma il compito è arduo. Dopo altri 20m, sono
alla profondità di -78m, vedo spuntare dal soffitto un blocco di roccia a forma
di femore, un regalo della natura, un ancoraggio perfetto. Mi fermo per
annodare il filo ma la corrente mi spinge indietro. Mi rendo negativo per
guadagnare un po' di stabilità e riprendo la mia posizione; con l'ausilio della
forza del propulsore, mi attacco al "femore" roccioso con una mano e con l'altra
riesco a fissarlo; lascio lo svolgisagola ed una delle mie bombole da 20 l ed
inizio il rientro. 60' dalla partenza di cui 40' passati oltre i -70m. Il
rientro, in favore di corrente, è velocissimo tanto è che riduco la velocità del
maialino per evitare spiacevoli conseguenze. Le prime tappe deco, poi l'incontro
con Josè che recupera il maialino, mi porta una batteria per il giubbetto
elettrico e da bere. Tra una sosta e l'altra, lascio che la corrente mi spinga:
che bella sensazione fingere di essere in sua balia.
Riemergo dopo 190' e sono pronto
a sbafare la mia parte di spuntino.
Ci riuniamo per valutare le
condizioni della sorgente, la cui visibilità è nella media ma la cui corrente è
molto forte: poiché le previsioni annunciano tempo soleggiato fino a domenica,
decidiamo di aspettare, confidando in una diminuzione del flusso.
Il 3 maggio mi prendo una
giornata di libertà e mentre tutto il gruppo s'immerge, Bebert ed io, andiamo a
fare un giro per vedere l'ingresso di un'altra piccola sorgente della zona e per
fotografare il castello e l'altopiano dall'alto.
Il 4 maggio, a metà mattina,
tutto è pronto: aspettiamo gli ultimi ritardatari e ci dirigiamo alla sorgente.
Chiedo di portarmi il maialino ed una bombola da 20 l. alla profondità di -30m.
La giornata è calda e rimanendo
al riparo dell'ombra delle piante, mi preparo velocemente aiutato da Josè: non
appena chiusa la cerniera della muta, salto nelle fresche acque per poi uscirne
dopo qualche minuto di permanenza e continuare la preparazione. Il prossimo
salto avverrà quando sarò completamente vestito. Con i profumini di gustose
cibarie che mi stuzzicano l'olfatto, sono costretto tapparmi il naso con la
maschera per evitare tentazioni, salire sul muretto e splash, saltare nella
vasca.
A prima vista il livello sembra
sceso leggermente ma sarà alla prima strettoia che mi accorgerò se è cambiato
qualche cosa. Con questa gigantesca muta ed una bombola da 20 l su di un lato
non è facile eseguire una corretta capovolta ma mi diverto nel lasciarmi cadere
nei pozzi verticali ed al momento giusto, con una trazione delle braccia, un
colpo di reni ed una contrapposizione seguita da un'altra trazione, eseguo una
capovolta in stile e mi lascio cadere sul fondo. Supero la strettoia e mi sembra
che la corrente sia diminuita; raggiungo il maialino in 3' ed anche nella
condotta che porta oltre i -40m ho la stessa sensazione di avanzare con meno
fatica. Anche se la visibilità rimane di non più di due metri, sono pieno
d'entusiasmo e proseguo a testa bassa fino a raggiungere lo svolgisagola. Poco
più di 700m raggiunti in 35', un tempo enorme se paragonato ai 17' che impiegavo
per raggiungere la stessa distanza all'Oliero, ma la morfologia e le condizioni
non sono le stesse. Impugno lo svolgisagola e continuo sfruttando la spinta del
mio propulsore e delle pinne. La roccia erosa e molto liscia m'impedisce di
fissare il filo lungo il percorso, quindi sono costretto a limitare i punti
d'ancoraggio. Eccomi al pozzo descritto da Jean Jacques: è alto una decina di
metri scende e poco dopo riprende a risalire. Sul fondo trovo un buco nella
roccia, un favoloso punto d'ancoraggio. Di nuovo la corrente si fa sentire qui,
dove la galleria si restringe rispetto alla parte precedente.
Continuo fino a risalire a -71m
e mi ritrovo in una condotta forzata con un diametro di un paio di metri: è
buffo che il propulsore sia alla massima velocità, che io stia pinneggiando e
ciononostante io rimanga fermo sullo stesso punto, a metà galleria. La corrente
è davvero troppo intensa perciò è inutile insistere: ho raggiunto in ogni modo
il punto in cui Jean Jacques si era fermato lo scorso autunno per problemi
d'autonomia sul circuito e sul maialino. Non appena fermo il motore del
propulsore per girarmi ed iniziare il rientro, sono trascinato con violenza
dalla corrente: lascio il propulsore e cerco di bilanciarmi con le mani,
recuperando velocemente il filo per evitare che s'impigli intorno a me;
raggiunto l'ultimo ancoraggio, mi fermo per tagliare il filo, rimettermi in
sesto e rientrare trainato dal mio acquazepp. Sono trascorsi 55' dalla partenza.
Riduco notevolmente la velocità del mio propulsore perché la sua, sommata a
quella della corrente, è un po' troppo elevata per questo tipo d'ambiente.
Eccomi al primo relè, che
aggancio per la rubinetteria, sulla parte bassa dell'imbrago del mio Copis e,
siccome positivo, lascio che sventoli dietro di me. Abbandono la zona ad oltre
-70m dopo 70' di permanenza, raggiungo il secondo relè che mi aggancio con lo
stesso sistema, ed ora che sono accompagnato da quattro bombole da 20 l, devo
stare molto attento ai fili vecchi ed ai passaggi stretti che la poca visibilità
mi nasconde. Qualche piccola sosta di decompressione poi, a -45m, ecco arrivare
Josè cui volentieri affido lo svolgisagola e le bombole per continuare il mio
rientro in maniera più confortevole.
Poco dopo ecco anche i francesi
passare nella galleria per aiutare Josè nel portare all'esterno tutte le bombole
ed il maialino. Ormai a -21m, tengo con me solo la bombola nitrox al 50%.
A turno gli amici ritornano in
acqua per portarmi da bere e le batterie del giubbetto elettrico nonché,
impazienti, per chiedermi quanto tempo mi devono ancora aspettare.
Riemergo dopo 256' e sono tutti
lì che ridono e scherzano, mangiano e bevono: diventa lungo il tempo che impiego
per togliermi tutta l'attrezzatura e gettarmi nella mischia di questi francesi
gaudenti.
La Source Bleue per questa volta
non si è concessa, ma rimango ugualmente soddisfatto per aver percorso degli
ambienti così complicati, in condizioni al limite delle mie possibilità.