
SINJAC 2008
Arrivo in Croazia il giorno 2
gennaio per riprendere le esplorazioni in grotta dopo una sosta di due mesi: la
mia ultima immersione profonda è stata l’immersione più sconvolgente della mia
vita, l’immersione che mi ha permesso di recuperare Jean Jacques morto il
29-10-07 nella sorgente di Lili.

La neve è presente ovunque
intorno a noi e la temperatura è di diversi gradi sotto zero ma per valutare i
nostri programmi un posticino al calduccio lo troviamo facilmente. Quando
arriviamo a Plaski il 4 gennaio, a mezzogiorno, dopo aver bevuto un caffè con il
sindaco, ci dirigiamo velocemente verso la casa che ci ospiterà. Siamo 11
persone in totale che si spargeranno fraternamente in due locali da cinque per
cinque metri. Scegliamo i nostri spazi, scarichiamo le auto e ci dirigiamo
curiosi verso la sorgente. La strada è ingombra dalla neve schiacciata dalle
poche auto che vanno e vengono dalle cascine abitate. Parcheggiamo nel portico
della cascina del proprietario del terreno al momento assente perché in inverno
vive in città: peccato perché oltre alla simpatia, ci offre sempre cibarie e
bevande artigianali.

Scendiamo a piedi sul campo
completamente ricoperto dal manto nevoso. Il paesaggio è molto diverso rispetto
all’estate, le piante del bosco sono completamente bianche ricoperte dalla neve,
che non è ancora caduta a causa delle basse temperature che in questo periodo
caratterizzano la zona; nei dintorni della sorgente non ci sono nemmeno le
piante ricche di foglie che ci hanno protetto dai caldi raggi solari durante
l’estate ma è rimasto solo qualche arbusto spoglio. Il livello dell’acqua è di
circa 20cm più alto rispetto all’ultima volta in estate, ma la visibilità sembra
migliore anche se, non essendo un giorno soleggiato, non possiamo stimarla
adeguatamente. Purtroppo in questi luoghi, il sole durante i mesi invernali
rimane nascosto al di sopra dello strato di nebbia che si stende costantemente
400-500 m. più in alto rispetto a dove ci troviamo.

Il 5 gennaio prepariamo tutte le
attrezzature da trasportare alla sorgente. Prepariamo i filtri dei circuiti
chiusi e, standocene al caldo in casa, verifichiamo i sensori; qui ci troviamo a
solo 375m di quota, ma cerchiamo di ultimare il maggior numero di lavoretti
all’interno delle mura ospitali prima di uscire all’esterno, dove la temperatura
è di diversi gradi sotto lo zero, per scegliere le bombole, gli erogatori, i
nuovi faretti per il casco, ecc. Come sempre il primo giorno è il più laborioso:
riusciamo a terminare tutte le operazioni a mezzogiorno, uno spuntino e poi via
finalmente si parte per raggiungere la grotta. Scarichiamo i fuoristrada sotto
la tettoia della fattoria, trasportiamo le attrezzature al laghetto che dista un
centinaio di metri da qui, ci organizziamo in maniera tale da permettere ad Alan,
che deve filmare il mio passaggio, di entrare in acqua per primo per raggiungere
il carretto che si trova da quasi un secolo a -38m.

Inizia a piovere e sinceramente
la nuova condizione meteorologica non è di mio gradimento: comunque, senza
indugi, iniziamo a prepararci per l’immersione. Con Alan scenderanno in acqua
altre tre persone dotate di muta umida, che si occuperanno di tenere in
posizione le luci. Sul bordo della vasca, Tihi ha organizzato un fuoco che
sicuramente scalderà chi non s’immerge e poi chi uscirà infreddolito dall’acqua
dopo esservi rimasto, per diversi minuti, in muta umida. Osservando l’acqua, ci
sono dei segnali che fanno intendere che certamente non é calda come in estate,
ma come sempre succede, si sorvolano questi piccoli segnali quando si è convinti
di altro.

Prima di partire mi era stato
detto che la temperatura dell’acqua non sarebbe stata inferiore alla decina di
gradi ma, una volta sul posto, considerata la temperatura esterna, quando vi ho
buttato dei blocchi di neve, li avrei dovuti vedere sciogliere con celerità
mentre gli stessi sono rimasti mollemente a galleggiare per diversi minuti sulla
superficie. A causa del freddo, riuscendo a malapena ad infilare i guanti,
chiedo l’aiuto di Tihi, poi mi alzo e mi reco nel punto dove normalmente in
estate entro in acqua.



Ho già preparato le bombole
d’emergenza che porterò con me, sul masso che si trova poco sotto il livello
dell’acqua, vicino a dove scenderò. Alan, prima di sparire sotto la superficie
dell’acqua mi avverte che l’acqua ha una temperatura di 5°, ma m’incoraggia
dicendo che forse, è solo la temperatura superficiale, visto che la corrente è
quasi assente. Quando sono carico con tutte le bombole da trasportare, tre da 20
lt. ed una da 7 lt., mi sposto nel centro del lago dove la visibilità è migliore
di quella trovata nell’estate del 2006. Osservo gli speleosub che stanno ancora
scendendo, prendo tempo approfittando di verificare tutti i piccoli dettagli e
dopo qualche minuto, come da accordi, mi lascio sprofondare in verticale senza
frenare la discesa ed in meno che non si dica, mi trovo nei pressi del carretto.
Dopo essermi fermato, prima di infilare le pinne nel fondo ricoperto di fango,
aspetto che Alan mi dia il segnale e riprendo la discesa verso il fondo. A –75
m., appesa al filo, a circa un paio di metri dal fondo, lascio una bombola.
Riesco a vedere bene i contorni della galleria, ed ecco i -90m, altro punto dove
dovrei lasciare una bombola. Sui due strumenti che ho a disposizione, purtroppo
leggo che la temperatura dell’acqua è di soli 4°, troppo fredda, perciò ritengo
saggio rinunciare a continuare l’esplorazione.

In estate, secondo il periodo,
la temperatura dell’acqua oscilla tra i 13° ed i 17°, quindi è stupido pensare
di andare oltre i -155m., profondità raggiunta nel 2006, e rimanere diverse ore
in acqua a 4° con tutti i problemi legati alle basse temperature sia dal punto
di vista fisico che delle attrezzature. Posso raggiungere lo stesso obiettivo in
condizioni decisamente più confortevoli e sicure. L’idea di venire in inverno,
nasceva dalla possibilità di trovare una visibilità migliore ma, i vantaggi non
equivalgono gli svantaggi. Rientro recuperando le bombole, riemergo dopo 45’ e
prima ancora di uscire dall’acqua, comunico la mia decisione.
Analizzando il comportamento di
questa sorgente, possiamo capire che il bacino d’assorbimento non è lontano e
quindi la temperatura dell’acqua è molto soggetta alla temperatura esterna non
avendo il tempo di scaldarsi all’interno della terra.

Al di là del mancato risultato,
quest’avventura è stata molto divertente e costruttiva, perché abbiamo lavorato
in condizioni limite ed abbiamo visto un ambiente che, pur essendo fascinoso
d’estate, in inverno aumenta la sua suggestione forse perché suggerisce più
paura e rispetto.
Partecipanti: membri del gruppo
speleo DDISKF ed il suo presidente Tihomir Kovacevic, Alan Kovacevic, Alen
Milosevic, Alessandro Fantini, Luigi Casati.

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