
GRAVA DI SAN GIOVANNI a LAURINO 2004
Partiamo
da Lecco il venerdì 24 settembre, in tre: l’amico Paolo Cesana l’immancabile
J.J.Bolanz ed io, alle O5.00 del mattino per tentare di evitare il traffico
della tangenziale di Milano ma, sul più bello a metà tangenziale est, rimaniamo
bloccati in coda a causa di lavori sulla carreggiata, per una mezzora circa.
Questo ritardo ci fa arrivare a Bologna nell’ora di più intenso traffico,
cosicché rimaniamo bloccati ancora una trentina di minuti: per fare i primi
250km abbiamo impiegato 3h30'e la strada è ancora lunga! rimpiango la silenziosa
tranquillità dei miei sifoni deserti...
Verso le
20.00 arriviamo alla nostra destinazione finale: Laurino, provincia di Salerno
uscita Battipaglia dell’autostrada. Sistemiamo le cose essenziali nella casa che
abbiamo affittato, ceniamo rapidamente e ci tuffiamo nei letti. Durante la notte
i brontolii di violenti temporali continuano a svegliarmi, e non posso fare a
meno di pensare a ciò che potrà succedere alla sorgente che vogliamo andare a
visitare: Grava di San Giovanni. La nostra intenzione di partenza è dare
un'occhiata da turisti a questa sorgente di cui conosco l'esistenza da diversi
anni; siamo solo in tre e la somma delle nostre età supera i 160 anni: il più
tranquillo, Jean Jacques ha 64 anni, il meno acquatico che da buon speleologo
odia l'acqua, Paolo, ha 57 anni e il più acciaccato io, ne ho 40. Al mattino,
dopo la colazione, iniziamo a scaricare il furgone e parte della macchina, e
mentre Jean Jacques (la prima immersone sarà sua) prepara l’ attrezzatura, io
preparo le bombole di soccorso da portare in acqua. Sistemiamo il necessario sul
furgone e andiamo alla sorgente che si trova a qualche chilometro dal nostro
alloggio. Sono necessari due viaggi a testa di 5 minuti per portare tutto il
necessario all'ingresso della sorgente. Liberi dai sacchi lasciati all’esterno,
scendiamo per una quindicina di metri quasi verticali nella grotta asciutta,
usando delle scale posizionate da qualche generoso ignoto, fino a raggiungere la
superficie nera dell’acqua: immergiamo il faro da 50w e ci accorgiamo un po’
delusi, che non ci sono più di 20cm di visibilità. Lasciamo i materiali pesanti
all'ingresso e rientriamo in paese. Riteniamo che la causa della poca visibilità
sia il fango trascinato dall'acqua caduta in abbondanza nella notte, così
decidiamo di aspettare un paio di giorni per vedere se le condizioni
miglioreranno. La domenica mattina ci tiene compagnia la pioggerella ed il cielo
nero ci fa cadere nello sconforto; in un momento di tregua e scendiamo a
controllare lo stato della sorgente: il livello è sceso di 1,5m e la visibilità
sembra migliorata. La reazione della sorgente in occasione di forti piogge è
molto rapida: circa una decina di ore, ma in questo caso, forse a causa del
lungo periodo di siccità precedente, la pioggia intermittente arrivata non ha
interferito, a parte la visibilità, sul livello della sorgente.
Lunedì.
- Tornati sul posto, iniziamo: Jean Jacques si prepara, Paolo installa una
scaletta speleo che serve per raggiungere l'acqua e una corda per aiutare a
scendere e salire dal pozzo portando l’attrezzatura, io faccio la spola e
trasporto i materiali necessari e le bombole tra l'ingresso e lo specchio
d'acqua. Quando tutto è in ordine Jean Jacques mette una muta leggera in
trilaminato, indossa il circuito semichiuso, si sistema il casco e inizia a
scendere nel pozzo. La corda da noi installata serve sempre come sicura, nel
caso di scivolata. Raggiunto il bordo dell’acqua finisce di sistemarsi, calza le
pinne, prende una bombola da 12l e una da 7l e parte per l'immersione. A -36m
lascia la bombola da 7l, la visibilità non supera il metro e mezzo, a -40 il
filo che segue è rotto, attacca lo svolgisagola e continua la discesa, a -65m la
visibilità migliora di colpo e questo conferma i nostri sospetti sulla scarsa
visibilità probabilmente dovuta al fango caduto nella pozza da fuori. Vede che
c'è un altro filo che scende, raccorda i due fili e prosegue in una galleria
quasi orizzontale fino a raggiungere i -72m, qui lascia la bombola da 12l ed
inizia a risalire. Dopo 60' dalla partenza riemerge e ci chiama. Lo raggiungo,
prendo i piccoli accessori che mi passa, gli aggancio la corda al circuito così
ci sarà possibile aiutarlo scaricandolo leggermente del peso e iniziamo a
recuperarlo dall'acqua. Tra zavorra, bombole, circuito, Jean Jacques ha indosso
circa 60kg di peso; sale lentamente ma agilmente sulla scaletta speleo fino a
raggiungere le più confortevoli scale rigide ed a questo punto la corda serve
solo come sicurezza: la sua disinvoltura mi impressiona. Appena fuori, ci
descrive l'immersione: é la sua prima volta con il computer collegato al
circuito in maniera tale da poter leggere la pressione parziale dell'ossigeno ed
è felice per essere riuscito a vedere i dati sul piccolo display; la temperatura
dell'acqua di 11° lo ha un pò infreddolito, il pozzo non é in grado di
descriverlo perché, a causa della forte sospensione di fango, non è riuscito a
vederlo.
Martedì.
- Tocca a me fare il turista: indosso quasi tutta l'attrezzatura fuori dalla
grotta: muta, maschera, casco, guanti, profondimetro, tronchesino e il Voyager (
circuito chiuso ) equipaggiato con 2 bombola da 2l di ossigeno e una sempre da
2l di argon. Scendo la scala con facilità, arrivo al pezzetto di scala speleo,
scendo circa 1,5m prima di raggiungere il livello dell'acqua, mi lascio andare,
galleggio nella scura vasca, 2x3m, metto le pinne, mi attacco il faretto, lo
svolgisagola di soccorso, la batteria del giubbetto elettrico, prendo le due
bombole da 12 l contenenti il diluente, una miscela con 7% di ossigeno, 75% di
elio e 18% di azoto, ed inizio la discesa: è mezzogiorno.
La visibilità è di 2,5m, ci sono due fili che scendono e non sono nemmeno
vicini; a -15m lascio la batteria e la lavagnetta. La mia discesa continua: è un
pozzo verticale che ha in alcuni punti, delle erosioni interessanti; vedo la
bombola a -36m, la supero. Fa impressione scendere in un pozzo sconosciuto così
verticale, con così poca visibilità. Quando raggiungo a -65m il fondo, trovo
diversi metri di vecchi fili rotti. Entro nella galleria e pinneggio: anche qui
ci sono due fili; la visibilità rimane di circa 3m; dopo una ventina di metri
quasi orizzontali, vedo la bombola posata da Jean Jacques il giorno prima,
avanzo ancora una ventina di metri a stima, mi ritrovo su di un pozzo, provo ad
accendere il faro che non vuole saperne di funzionare. Allora lo lascio appeso
al filo, riprendo la discesa, mi ritrovo di nuovo in un meandro orizzontale a
circa -90m; lo percorro e raggiungo un pozzo di dimensioni decisamente più
grosse. La visibilità non aiuta molto a capire le dimensioni ma, dopo aver fatto
un giro, valuto 7-8m di lunghezza per 2-3 di larghezza; inizio a scendere
ancora: il circuito chiuso con il diluente da me utilizzato, mi permette
teoricamente di spaziare tra 0m e 200m di profondità, cosicché posso continuare
senza problemi. La discesa sembra non finire mai: -100m, -110m, -120m; a -126m
annodo il filo su una piccola asperità; sono passati 12' dalla mia partenza per
cui decido di continuare attaccando il filo ed entrando nella condotta forzata
che si apre di fronte a me. Questa ha un diametro di circa 2,5m è liscia, bella,
tanto bella che dopo 30m di percorrenza alla profondità massima di -128m, quando
decido di rientrare, mi sembra quasi di averla profanata senza il dovuto
rispetto. Al ventesimo minuto inizio a risalire, recupero il mio faro, supero la
bombola da 12l, arrivo al pozzo iniziale dopo aver già fatto un paio di soste
per la decompressione. Risalgo lentamente; il computer VR3 si spegne dopo 70' di
immersione; dopo 90' sono a -15m: collego la batteria al giubbetto, scrivo
qualche dato sulla lavagnetta e proseguo tranquillamente la decompressione. Dopo
150' riemergo, lascio attaccate alla corda le pinne, la batteria, il faro e
inizio a risalire il pozzo dapprima sulla scala speleo poi sulla più pratica
scala fissa di metallo fino a rivedere il cielo che nel frattempo si è
rannuvolato di nuovo.
Mercoledì. - La giornata si prospetta godereccia: dopo aver esaurito il dovere
completando i preparativi per l’immersione di giovedì, ci dedichiamo al piacere
del riposo: andiamo a Paestum a fare una bagno nel mare, poi a Battipaglia ad
abbuffarci di mozzarelle di bufala. Verso le 17.00 accompagniamo alla stazione
Paolo che deve rientrare a casa.
Giovedì.
- Ormai ridotti a due, io e Jean Jacques, durante la colazione, facciamo il
punto della situazione: i materiali da portare alla sorgente sono pochi e con un
paio di viaggi a testa, tutto il necessario sarà pronto all’ingresso della
sorgente. Utilizzerò una muta con maggiore spessore di neoprene e con un volume
interno maggiore così starò più caldo, il circuito chiuso sarà nella stessa
configurazione di martedì, ecc. Si comincia: riesco a scendere lentamente la
scala senza sudare troppo, raggiungo il laghetto, mi lascio andare e inizio a
galleggiare sulla superficie, infilo le pinne, mi attacco le bombole e via,
inizio a scendere; la visibilità sembra migliore: 3m circa.
A -21m mi fermo per lasciare una bombola di miscela iperossigenata da 7l, i
piombi supplementari e la batteria che alimenterà il giubbetto elettrico, poi la
discesa continua veloce; non posso dire di conoscere bene la grotta, ma so che,
fino alla base del pozzo, posso scendere rapido.
Infatti, dopo quattro minuti sono sul fondo, entro nel meandro, lo percorro fino
ad arrivare al pozzetto, poi di nuovo un meandro, il pozzo, ed ecco che
raggiungo dopo 12’ il mio filo; ora posso vedere la condotta perché il faro
funziona a dovere. Avanzo fino a toccare il punto basso a -128m, mentre poco più
avanti, vedo lo svolgisagola e la galleria che inizia a risalire; -124m un
pezzettino orizzontale, poi davanti a me intravedo un bivio: scelgo di passare
in quello che sembra il passaggio più grosso, ed eccomi su di un altro pozzo;
lego il filo all’inizio e giù fino a toccare il fondo a -138m. Poiché di nuovo
la galleria parte in orizzontale, a questo punto, viste le limitate scorte di
gas per un’eventuale rientro in circuito aperto, decido di tornare. Fisso
definitivamente il
filo ad una asperità, lo taglio, recupero lo svolgisagola e risalgo. La
decompressione inizia a -94m; via via che la profondità diminuisce, le soste si
allungano. Attorno ai -75m osservo una marmitta alta almeno 2m dal diametro di
0,8m. Recupero tutto il materiale posizionato all’interno della grotta, arrivo a
-6m dove trovo una placchetta per scrivere e posso comunicare a Jean Jacques che
va tutto bene e che può iniziare a recuperare con la corda i materiali che ho
con me e che non mi servono più. Ho addirittura caldo, cosicché non vedo l’ora
di poter aprire la muta: stacco perfino la batteria che alimenta il giubbetto
elettrico. Mentre recupero la bombola di ossigeno da 10l a -6m, vedo una
animaletto strano: un verme lungo dai 20 ai 25cm dal diametro di 1mm,
trasparente, nuotare come una biscia intorno a me; lo prendo con una mano, si
attacca con un’estremità al neoprene, si arrotola e cerca, con l’altra
estremità, di appiccicarsi totalmente alla muta: mi ama? lo stacco e lo vedo
dirigersi sconsolato verso la parete; poco dopo vedo un altro animaletto molto
simile nei movimenti al primo ma decisamente più piccolo, misura sì e no 1cm.:
il fratellino?
E’ ora di risalire: un ultimo sguardo ai manometri: 40bar di consumo su un 12l e
90bar di ossigeno su un 2l . Fantastico! il computer dice 190’ di immersione
totale. Ora arriva il peggio: risalire la scala con l’attrezzatura addosso, dopo
un’immersione profonda. Jean Jacques mi scarica di tutti i pesi possibili,
cosicché rimango solo con il circuito completo di 3 bomboline. Inizio, senza
forzare troppo, a risalire; prima, sul pezzo di scala speleo poi, sulla scala
rigida. All’uscita con un sospiro di sollievo mi riposo, raggiungo la macchina
per cambiarmi, sgranocchio qualche cosa, una buona bevuta, e poi aiuto Jean
Jacques a trasportare il resto delle attrezzature.
Sintesi:
in questo piccolo giro di ricognizione, abbiamo esplorato 55m di nuove gallerie
ed avendo raggiunto i -138m, questa sorgente, la Grava di San Giovanni diventa
la seconda più profonda sorgente italiana.
Partecipanti: Paolo Cesana,
Jean Jacques Bolanz, Luigi Casati

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