
ALBANIA-CROAZIA 2004
Nel tardo pomeriggio di venerdì 6 parto
da Lecco in direzione Ancona, mentre il resto del gruppo formato da Jean Jacques
Bolanz, Simone Piscitelli e Marcello Ferretto partiranno sabato mattina. Io
preferisco viaggiare di notte perché il traffico è decisamente meno intenso e
con il carrello per il materiale sono molto più lento degli altri. Mi fermo a
dormire subito dopo Rimini nella piazzola di un autogrill, apro la tenda montata
sopra il tetto della macchina e tra rumori vari mi addormento.
Sabato 7 – Mi sveglio alle 07.00, apro la
tenda e vedo l’autostrada bloccata per cui decido di mettermi in marcia subito
anche se sono in netto anticipo, penso agli altri e mi preoccupo.
Un primo giro di telefonate con gli amici
sulle altre due macchine, che hanno preso strade diverse a causa di una serie di
disguidi, conferma le mie preoccupazioni riguardo al traffico che incontreranno.
Nuotata rinfrescante nel mare a
Senigallia, raggiungo il porto di Ancona alle 15.00; le notizie che ricevo dagli
altri non sono incoraggianti, ci sono code che bloccano le autostrade in diversi
punti e entrambi gli equipaggi sono ancora molto lontani.
Alle 16.00 Jean Jacques è quasi ad Ancona
mentre Simone è a Bologna: la nave che da Ancona ci porterà a Bar, in Montenegro
parte alle 18.00.
Alla biglietteria della “Montenegro lines”
la gente inizia ad accalcarsi, e per fare il check in diventa un’impresa. Jean
Jacques arriva al porto alle 16,30 mentre Simone riesce a presentarsi al
controllo passaporti alle 18,15.
Ci rilassiamo quando ci informano che la
nave partirà con un’ora di ritardo. Raggiungiamo l’ingresso della nave alle
19.20, e dalla coda che osserviamo al check-in prevediamo un consistente
ritardo. A causa del carrello vengo fatto salire tra gli ultimi sulla nave.
Finalmente partiamo alle 22.30, facciamo appena in tempo a vedere il porto
allontanarsi, che già siamo sul ponte a dormire nei sacchi a pelo. Il lungo
viaggio di 18 ore non è piacevole, la nave già sporca non è stata pulita quando
è arrivata in porto, i raccoglitori di immondizia sono già pieni prima ancora di
essere utilizzati, gli unici bagni per uomini rimangono chiusi per la quasi
totalità del viaggio…
Domenica 8 – Ci avviciniamo lentamente
alla terra e il paesaggio che si offre a noi è entusiasmante: la costa è
selvaggia, le alte montagne di calcare svettano a pochi metri dal mare, i sogni
lievitano.
Scendiamo dal traghetto alle 17.00 e
pochi dopo metri ecco la dogana.
Sono il primo del gruppo a raggiungere il
doganiere che, “gentilmente” visto l’enorme carico da me trasportato, mi fa
accostare, qualche minuto dopo stessa sorte tocca a Jean Jacques mentre Simone
riesce a passare indenne e ci aspetta fuori. E’ domenica, e il doganiere ci
manda dall’unico spedizioniere che lavora in porto che deve compilare una lista
del materiale e il conseguente permesso di transito. Ci viene chiesto il tipo e
la quantità di attrezzatura che abbiamo, ma si intuisce che non occorre essere
precisi perché è un proforma. Nell’ufficio dello spedizioniere tra problemi di
comunicazione e una lunga attesa, capisco che per lasciarci passare esigono
500Euro; le cifra è esagerata, per cui mi innervosisco e dichiaro che rientriamo
immediatamente in Italia. Il personaggio pontifica affermando che 500Euro sono
per il valore della merce sulle due vetture. Dopo oltre un’ora il ligio
spedizioniere si presenta con tutti i documenti pronti e una richiesta di
290Euro; nuova discussione: anche se la cifra scende in qualche minuto a
200Euro, noi rifiutiamo ancora di pagarla; lo spedizioniere si arrabbia straccia
i documenti da lui compilati e se ne va dal porto. Ormai sono le 19.30: ci
mettiamo a mangiare aspettando che qualcuno si faccia avanti. Alle 20.30 mi reco
dal capo dogana il quale mi spiega che la cifra da pagare non è una tassa
governativa ma il pagamento allo spedizioniere che compila i documenti.
Ennio, Gezim My. Uruci, Alfrida Uruci e
Kujtim Gilbega che sono venuti al porto ad aspettarci, decidono di rientrare in
Albania: per loro si è fatto tardi, per noi la dogana merci è ormai chiusa e
quindi siamo costretti a rimanere a Bar. Chiacchierando con la gente del posto
riusciamo a trovare un altro spedizioniere che per “soli” 130Euro ci prepara i
documenti per il transito.
Finalmente consegnati i documenti in
dogana possiamo continuare il viaggio, che risulta lungo solo un paio di
chilometri: infatti ci viene sconsigliato di uscire dalla città e salire sulle
montagne di notte; trovato un parcheggio di camion ci mettiamo a dormire.
Lunedì 9 - Sveglia alle 06.00 e partenza
in direzione dell’Albania.
Percorriamo un po’ di costa montenegrina
per poi iniziare a salire su monti selvaggi, fino al lago di Scutari ( Liqen I
Shkodrёs ): un luogo magico. La nebbiolina del mattino permette di intravedere
una catena di montagne calcaree di forma triangolare dapprima basse poi sempre
più alte che si alzano dalle sue sponde, canneti da cui si involano uccelli,
barche a remi dei pescatori che tagliano silenziosamente l’acqua: un visione
suggestiva difficile da scordare.
Raggiunta la frontiera, consegniamo ai
montenegrini il permesso di transito. Raggiungiamo il posto di blocco albanese
non prima di aver attraversato una scura pozza d’acqua per disinfettare i
pneumatici costo 2euro, ed ecco di fronte a noi gli instancabili Ennio, Gezim e
Kujtim con gli amici Albanesi; da questo momento la comunicazione con le
autorità diventa più facile e le formalità vengono sbrigate in un “attimo”. Di
nuovo in macchina per raggiungere Shkodres ( Scutari ), l’asfalto non è dei
migliori, la strada piena di buche e la guida con il carrello non è facile;
sono costretto a viaggiare a 50km/h per evitare problemi alle ruote e alle
sospensioni. I paesaggi sono sempre più intriganti e le prime situazioni di
contrasto evidenziano: fiammanti autovetture di marche prestigiose che
sorpassano carretti trainati da asini, telefoni cellulari da tutte le parti e
greggi di pecore che passeggiano sulla strada impaurite dai continui colpi di
clacson, ecc. Raggiunta la città. veniamo accompagnati a casa di Ritvan Mandia.
A nostra disposizione ci sono due camere
di cui una con mobili e soffitto in legno, con una storia di circa 200 anni e un
magazzino enorme veramente, adatto a contenere le nostre voluminose
attrezzature; senza perdere tempo scarichiamo tutto, una meritata doccia, una
cena e una sana dormita.
Martedì 10 - Finalmente andiamo a vedere
le sorgenti che distano un’ora circa dalla casa dove alloggiamo; raggiunto il
posto ci troviamo di fronte due enormi doline allagate: in condizioni di piena
da una di queste doline esce un fiume che entra nell’altra formando un solo
laghetto chiamato Hurdhanat e Sheganit o Lago del rumore a causa del rombo
dell’acqua; la stessa acqua riaffiora nel lago di Shkodres a circa 500m di
distanza. Dopo 200m arriviamo al primo obbiettivo: una sorgente chiamata Syri i
Sheganit ( Occhio del lago ); il fiume che si forma da questa sorgente sfocia
anch’esso dopo un centinaio di metri nel lago di Shkodres;
Ingresso
di Syri i Sheganit
Spostandoci di un centinaio di metri
sulla sinistra ci viene indicato un’enorme buco che si apre sulle sponde del
lago di Shkodres chiamato Viri i Sheganit ( Fontana del lago ) che scende
verticale e nel quale 4-5 anni fa durante una manovra azzardata è caduto un
camion.
Organizziamo le immersioni iniziando i
lavori nella sorgente Syri i Sheganit esplorata per un breve tratto da
speleosubacquei bulgari nel ‘92 e nel ‘93. Il loro filo è rimasto e si arresta
alla fine della loro esplorazione. Il primo a scendere è Jean Jacques: raggiunge
i 100m dall’ingresso percorrendo una galleria con dei passaggi non molto larghi,
quasi orizzontale, alla profondità di -25m di media per poi trovarsi su di un
pozzo che scende fino a -45m. Io che ho dei problemi con le attrezzature (
sensori O2 ) scendo solo la frattura iniziale fino a -20m. La temperatura
dell’acqua è di 11°.
Mercoledì 11 - Jean Jacques va a
continuare l’esplorazione nella sorgente Syri i Sheganit portando una bombola da
12l a -30m per sicurezza, visto che usa solo un circuito semichiuso. Raggiunge
la base del pozzo a -60, continuando poi in una galleria quasi orizzontale che
scende ancora di 5m. Io faccio un giro turistico mettendo a punto il circuito
chiuso Voyager che sto utilizzando per questo tipo di immersioni. In questa
sorgente ci sono diramazioni da tutte le parti ed il potenziale esplorativo è
veramente notevole.
Simone e Marcello vanno a immergersi
nelle doline Hurdhanat e Sheganit.
La prima
e la seconda dolina del sistema Hurdhanat e Sheganit
In una Simone non trova prosecuzioni ma
alberi, fango e massi, nell’altra Marcello scende fino a -25m, e si ferma avendo
raggiunto i sui limiti di sicurezza, in un punto dove la galleria continua a
scendere.

Giovedì 12 - tocca a me: utilizzo il mio
circuito chiuso con montati due bombolini da 2l di O2 e uno sempre da 2l di
argon, una bombola da 10l e una da 12l con gas differenti che attacco come relè
e che in caso di problemi del circuito stesso mi permettono un rientro in
circuito aperto.
L’ingresso in acqua dal punto più comodo attraverso le alghe che ricoprono una
parte del lago
La visibilità non supera i 5m e fin tanto
che percorro il tratto di galleria stretto non è male, ma quando inizio a
scendere il pozzo che misura almeno 7m di diametro non riesco più a vedere
molto; seguo il filo di Jean Jacques osservando solo la parete sul quale è
posato. Alla base del pozzo sarei tentato di avanzare diritto. Di fronte a me
c’è il vuoto, ma il filo entra sul lato sinistro in una condotta perfettamente
rotonda e levigata di 3m di diametro troppo invitante per snobbarla, per la
percorro fino a raggiungere lo svolgisagola lasciato da Jean Jacques.
Inizio a stendere il filo e dopo qualche
metro mi trovo sulla sommità di un nuovo pozzo: che bello! ma che impressione
tutto nero intorno a me! Verifico gli analizzatori: la PpO2 1,4 è un po’ alta,
per cui cambio tipo di diluente, faccio il lavaggio del sacco pensando a quando
racconterò a Jean Jacques di questo pozzo così vicino al termine della sua
esplorazione, e poi giù fino in fondo -72m. Qui le dimensioni della galleria
sono di circa 12m per 7m, vedo un’anguilla sotto di me che si nasconde tra i
massi, vedo addirittura dei pesci e decine di piccoli crostacei che mi
accompagnano in questa nera galleria. Ho due profondimetri: uno indica, dopo una
decina di metri di progressione, -76m mentre l’altro, -74m; dopo 80m di
percorso a profondità costante, arrivo in una zona ostruita da grossi blocchi,
scelgo di passare alto, mi infilo in un passaggio che misura 1m di altezza per
7m di larghezza lo supero e di nuovo mi ritrovo in una grande sala; alla mia
sinistra vedo una galleria, penso sia il passaggio basso che ho osservato prima
della frana, continuo, e di nuovo mi ritrovo in un passaggio alto 1m.
Decido di fermarmi: ho percorso 260m
dall’ingresso di cui 120 oltre i -65m. Quando inizio il rientro sono trascorsi
25’; raggiungo i -60m, dopo 35’, mi prendo il tempo di osservare quello che mi
circonda e di vedere almeno una decina di interessanti diramazioni.
Decompressione con il circuito chiuso
In decompressione osservo a -50m una
stalattite alta 5m e più su da -45m a -30m, sulle pareti del pozzo vedo migliaia
di fossili. Raggiungo la zona stretta, cerco di forzarla con tutto attaccato ma
mi incastro in malo modo, non riesco più né ad avanzare né ad indietreggiare;
riesco fortunatamente a sganciare i relè e quindi a superare con facilità il
passaggio.
Ultime
verifiche dei sensori d’ossigeno prima dell’immersione
Riemergo dopo 105’ felice per il
risultato ancora di più per le prestazioni del Voyager consumando: 60Bar di O2
dalla bombola da 2l, 20Bar di trimix 18/60 dal 10l e 30Bar di trimix 12/60 dal
12l. La differenza osservata tra il circuito semichiuso e il circuito aperto la
rivedo ora tra il chiuso e il semichiuso.
Lo stesso giorno Jean Jacques nella
stessa sorgente verifica una galleria alla profondità di -30m che risulta
chiusa.
Più fortunati sono Simone e Marcello che
vanno a controllare un enorme vuoto nero all’ingresso della stessa sorgente a
-22m sulla destra del filo principale. Simone che è più esperto scende in
profondità raggiungendo i -45m fermandosi per raggiunti limiti di consumo;
lascia il filo pronto per la prosecuzione dell’esplorazione. Marcello, che
attraversa orizzontalmente la sala e raggiunge la parete opposta, si ritrova
all’inizio di una galleria pianeggiante, alla profondità di -21m.
Venerdì 13 - Jean Jacques decide di
modificare il suo circuito semichiuso usato fino a quel momento come singolo e
lo assembla in coppia con un secondo. La mattina e parte del pomeriggio,
trascorrono in un batter d’occhio, cosicché siamo costretti abbandonare l’idea
di iniziare nella sorgente di Viri i Sheganit, rimandandola al giorno seguente,
e dedicarci invece alle altre immersioni previste.
Tuttavia Marcello non sta molto bene,
quindi non va in acqua; Jean Jacques vuole provare la nuova muta ma avendo i
suoi rebreathers tutti smontati, deve utilizzare un circuito aperto: dopo quasi
un anno di circuito semichiuso, sarà capace ancora di usare gli erogatori?
Simone non vede l’ora di continuare il
pozzo da lui iniziato il giorno prima a Siri i Sheganit; io andrò a saggiarne
una diramazione, nella galleria da me esplorata il giorno prima.
Alla fine della giornata, l’unico ad aver
raggiunto qualche risultato, è Simone, che scende fino a -60m nel pozzo e
non va oltre perché impressionato dal nero di fronte a lui. Decide di risalire e
forse, lo fa troppo in fretta perché, dopo che è uscito, gli sopraggiunge una
MDD al braccio.
Io, dal mio canto, raggiungo i -20m
rapidamente, mi accorgo di avere problemi con i sensori, per cui decido di
tornare per vedere di sistemare l’inghippo: alla fine desisto e rinuncio
all’esplorazione.
Sabato 14 – Durante la notte si scatena
un forte temporale che si prolunga nella mattinata. Quando raggiungiamo le
sorgenti constatiamo che a Viri i Sheganit pur non essendo aumentato il livello,
l’acqua è torbida ed il color marrone poco invitante, è imputabile alla violenta
pioggia che ha trasportato argilla nel lago ed al movimento delle onde dello
stesso sulla spiaggia fangosa; Jean Jacques che aveva previsto un’immersione lì,
è costretto a rinunciare.
Ci spostiamo a Syri i Sheganit: anche qui
la visibilità si è ridotta a circa 3m, ma decidiamo di immergerci; Jean Jacques
continuerà il pozzo già esplorato da Simone: Scende fino a -65m, raggiunge una
sala sul fondo del pozzo, cerca…, intravede uno stretto passaggio, si infila, ma
rimane incastrato: gli capita anche di impigliarsi nel filo con la parte bassa
dei circuiti, perciò, dopo aver risolto il problema, rientra.
La mia immersione non dà frutti
apprezzabili: vado a sondare la zona a -45m nel pozzo da me già esplorato ma, a
dispetto di quello che avevo sperato, non trovo prosecuzioni.
Vero è che, usando il circuito chiuso, i
consumi sono talmente limitati che l’autonomia di permanenza in immersione,
aumenta notevolmente la possibilità di ricerca di nuovi passaggi in piena
tranquillità.
In risalita, attorno ai -30m, mi infilo
in uno stretto passaggio che promette bene: lo metto in nota per il prossimo
anno. Durante il rientro rimango per un paio d’ore a -6m. a fare compagnia a
Simone che si è reimmerso con l’ossigeno, per facilitare la guarigione del
braccio.
Marcello che si è ristabilito, ripercorre
e controlla la serie di gallerie già esplorate.
Domenica 15 – Una forte infiammazione
alle orecchie mi fa prendere una drastica decisione: rinuncio a continuare la
mia esplorazione ed approfitterò dei prossimi giorni di trasferta per rimettermi
in ordine.
Jean Jacques rivolge la sua attenzione a
“Viri i Sheganit” già esplorata qualche giorno fa fino a -65m da Luca Vincenti,
uno speleosub del gruppo di Ennio ( Gruppo Grotte Giara ) che partecipa alla
spedizione speleologica di ricerca nella zona di montagnosa di Tamara.
Sulla
riva del Liqen I Shkodrёs nei pressi dell’ingresso di Viri i Sheganit
L’ingresso più comodo in assoluto! Jean Jacques viene accompagnato nell’acqua
seduto sul suo furgone, con il rischio di ritrovarsi sul fondo del pozzo ad
osservare un nuovo relitto
JJ raggiunge i -86m incontrando sul
percorso tre barche affondate e un camion caduto durante una manovra azzardata
necessaria per varare una delle barche affondate. La visibilità è scarsa, 3-4m,
le grosse dimensioni e la forte presenza di argilla sulle pareti e sul fondo non
aiutano; difficile trovare la prosecuzione. Dopo una attenta ricerca durata
diversi minuti, JJ intravede una possibile prosecuzione che viene messa in nota
per il prossimo anno.
I giorni dedicati alle immersioni in
Albania per questo anno sono terminati.
A Marcello tocca il lavoro di recuperare
il materiale da Syri i Sheganit.
Lunedì 16 –Questa giornata è dedicata
alla conoscenza del territorio.
Il Liqen
I Shkodrёs visto dalla strada per Tamara
Simone che ha ancora il braccio gonfio,
viene lasciato riposare sulle rive del mare, mentre il gruppo si reca sulle
montagne sovrastanti per avere una prospettiva delle zone di assorbimento che
alimentano le sorgenti da noi visitate. Più precisamente andiamo a Tamara, un
paesino in mezzo alle montagne base della spedizione speleologia del GGG. Per
fare circa 80km impieghiamo 3 ore. Oltrepassiamo la zona delle sorgenti,
arriviamo a pochi chilometri dal confine con il Montenegro, poi iniziamo la
salita sulla montagna; raggiungiamo i 1100m di quota e il paesaggio che si apre
ai nostri occhi è di una bellezza selvaggia. Alle nostre spalle il lago di
Scutari e le montagne del Montenegro, alla nostra sinistra ancora le montagne
del Montenegro, alla nostra destra e di fronte le montagne dell’Albania.
Vegetazione scarsa, calcare con forme di erosione uniche nella loro espressione
e colorazione, poche malghe sparse, una ripida strada sterrata per raggiungere
il fondo valle e qualche macchina di passaggio.
La valle
che porta a Tamara
A Tamara oggi inizia una festa
tradizionale alla quale affluisce anche la gente che vive nei dintorni, tra le
montagne, con i propri codici e le proprie regole, qualche emigrato rientrato in
vacanza dai parenti, qualche cittadino in visita da amici e qualche curioso
turista come noi.
Raggiungiamo Tamara dopo aver
attraversato una valle, dato un’occhiata ad un paio di interessanti sorgenti,
sorseggiato un ottimo caffè turco aspettando gli amici. Insieme a loro
percorriamo ancora un’ora di strada sterrata, salendo a 1200m di quota.
Raggiunta la località Bardolez assistiamo a una Messa singolare celebrata da un
frate francescano Padre Sergio, integrata dal discorso dei capi locali.
Terminata la cerimonia, a bordo di un camion, dopo circa un quarto d’ora,
raggiungiamo una località ancora più sperduta sui monti.
Ennio e
Marcello affamati
Sullo sfondo il massiccio calcare
“Malesise se Madhe” offre di sé un’immagine superba con le cime ancora innevate.
Intorno a noi la vegetazione è lussureggiante. Siamo ospiti per il pranzo in una
casetta che serve da alpeggio estivo, con cibo semplice, compagnia simpatica e
goliardica, panorama mozzafiato.
Il
massiccio di calcare di Malesise se Madhe
Rientriamo a Scutari in tarda serata
ripercorrendo il passo: all’imbrunire i giochi di luce sulle pareti si sprecano
e questo è il saluto finale che riceviamo dall’Albania.
Martedì 17 - La partenza avviene in tarda
mattinata.
Uscendo dal territorio albanese la tassa
è di 10euro, mentre per l'ingresso in Montenegro l'obolo è di 3euro per il
disinfettante che sta nella pozza d'acqua che lava, al passaggio, i pneumatici
delle vetture. Lo stesso lavaggio all'andata costava 2euro, sarà a causa del
disinfettante più pregiato? Comunque oltrepassiamo senza gravi problemi le due
dogane nel giro di un'ora con la convinzione di esser stati turlupinati quando,
allo sbarco, abbiamo sborsato 130euro: infatti, durante questo transito non ci è
stato chiesto nulla. Raggiungiamo, zizzagando tra paesaggi suggestivi, Dubrovnik.
Ci fermiamo nei pressi di una spiaggia a dormire, dopo un lussurioso bagno
notturno.
Lievi problemi di salute insorgono: tre di noi hanno attacchi di dissenteria, ed
io decido di mettere una pomata antibiotica nell'orecchio dal momento che, con
il solito disinfettante, l'infiammazione dei giorni precedenti non accenna a
migliorare.
Mercoledì 18 - Raggiungiamo nel
pomeriggio Vrlika. Lì incontriamo gli amici Croati che campeggiano nei pressi di
una limpida sorgente; dopo aver scambiato un po' di chiacchiere, questi ragazzi
ci accompagnano alla sorgente che dovremo esplorare. La vasca è favolosa: una
ventina di metri di diametro di acqua cristallina, in trasparenza si vedono
delle trote ed una miriade di gamberetti; sui bordi, ronza una quantità enorme
di api mentre le rondini caracollano vertiginosamente sul pelo dell'acqua. Dopo
aver osservato per benino il posto, iniziamo a scaricare ed a preparare il
campo. Questa è la sorgente dalla quale viene prelevata l'acqua con una pompa
che viene poi imbottigliata con il nome di acqua "Cetina".
La
sorgente di Milaševo Jezero e parte del campo visti dall’alto
Giovedì 19 - Durante i preparativi del
mattino, mentre si fanno raffreddare le bombole bollenti appena caricate,
immergendole nell'acqua a 7° della sorgente, una bombola da 7 lt sfugge dalle
mani e decide di rubarci l'esplorazione, scivolando piano piano sul fondo a
imbuto della vasca, fino a sparire nel pozzo. Jean Jacques, che si immerge per
primo, utilizzando aria, scende a -73m, base del pozzo iniziale e lì trova la
bombola fuggitiva: lo sviluppo della grotta fin qui è esclusivamente in
verticale. Jean Jacques riemerge estasiato raccontando che la visibilità è più
che ottima, che il pozzo è di una impressionante bellezza e che le luci non
occorrono fino alla profondità da lui raggiunta, perché la luce del sole penetra
attraverso l'acqua trasparente. Gli spiace soltanto di non aver previsto di
portare le miscele per poter seguire la tentazione di continuare l'esplorazione.
Marcello inizia a predisporre le tre bomboline da 4lt che utilizzerò io
nell'immersione di domani.
Si
riescono a distinguere le pareti della grotta a oltre 20m di profondità
Venerdì 20 - Oggi tocca a me. Dopo tre
giorni di dissenteria, sono stato costretto a prendere una pastiglia per
bloccare il flusso, (sgradevole avere delle "necessità" indossando la muta) ed
insisto con la pomata antibiotica nelle orecchie per l'infiammazione dei
timpani; considerando che il dolore è quasi sparito, decido che posso
immergermi. Ci alziamo alle 06.45, facciamo una gratificante colazione, si
preparano le ultime quisquiglie, cosicché alle 10.00, sono pronto per vestirmi a
puntino, evitando il caldo delle ore centrali. Per questa volta, utilizzo i due
circuiti semichiusi così da non dover preparare un rientro in circuito aperto;
ho con me miscele che mi permettono di scendere fino a 130m, dal momento che non
conosco la sorgente avendone visto solo uno schizzo fatto da un corallaro ceco
che si vi si era immerso ad aria, qualche anno fa. So che dopo il pozzo, la
galleria dovrebbe scendere inclinata fino a -103m. Termino la preparazione sul
bordo della vasca, due passi e mi lascio scivolare in acqua. Che spettacolo di
pozzo! Che visibilità! Riemergo un istante e segnalo a gesti, le mie prime
impressioni. Inizio la discesa mentre Alan Kovacevic prende delle immagini con
la telecamera, prima che io sparisca nel pozzo. Anticipo i cambi gas a -15m e a
-50m, così sono più rapido nella discesa; con sorpresa vedo brillare il mio
svolgisagola sul fondo, lo raggiungo ed inizio la discesa sul ghiaione: la
galleria è larga una decina di metri ed alta almeno sei; sul fondo ci sono dei
pneumatici, rottami vari e, mi hanno detto, potrebbe esserci anche qualche
bomba. Continuo la discesa pinneggiando contro una leggera corrente; la galleria
si restringe leggermente e non occorre che fissi il filo perché è davvero molto
lineare con una visibilità tale da ricordarmi i bei tempi dell'esplorazione del
Gorgazzo. Sul cammino, sempre qualche pneumatico e qualche rottame, che
segnalano tristemente fin dove l'inciviltà di qualcuno riesca a spingersi! A
-95m circa, percepisco in lontananza, la galleria chiudersi. Avanzo sperando in
una prosecuzione ma, ahimè, raggiunti i -109m a 143m dall'ingresso, sono di
fronte ad un unico piccolo passaggio di forma triangolare che misura 80cm per
80cm; mi affaccio: è lungo solo un metro scarso ed oltre, la galleria prosegue
con generose dimensioni. Qui l'esplorazione si ferma ma, il prossimo anno,
quando avrò già collaudato per benino i miei due circuiti chiusi da utilizzare
con la tecnica all'inglese, questa strettoia, ostruita da un sostanzioso
deposito di ghiaia e di sassi, non mi precluderà l'avanzata. Durante la
risalita, osservo tutti gli angoli, ma non vedo nessuna prosecuzione; a -80m
spengo le luci, e guardo in su: non capita spesso in grotta di risalire da
queste profondità, guidati dalla luce del giorno. A -75m incontro una trota di
almeno tre chili, che mi fissa immobile, la fisso anch'io poi, alzo di nuovo lo
sguardo prima di continuare la risalita: quanto appare lontana ancora l'aria
libera! la forma ellittica e le pareti del pozzo, danno la sensazione dello
sprofondamento. Risalgo lentamente osservando l'erosione della roccia ed ogni
tanto, lanciando un'occhiata verso l'alto per fissare, come foto, le immagini
nella mia memoria. A -30m riesco a distinguere la marca della mia macchina, il
campo, le bombole sulla riva, la chiesa sul cucuzzolo. Dopo 81' riemergo. Per
continuare l'esplorazione è meglio, per sicurezza, attendere il prossimo anno
ma, per il momento, mi consolerò eseguendo il rilievo topografico.
La zona
doccie. Meglio scaldare l’acqua con il sole che immergersi nelle fresche acque
della sorgente
Sabato 21 - Jean Jacques scende a vedere
il passaggio sul fondo della grotta.
Simone
dopo la sua immersione più profonda in grotta
Simone, poiché il gonfiore ed i dolori al
braccio sono ormai da giorni totalmente spariti, riprende le immersioni
andandosene a fare un giretto a -60m, Marcello si incarica di riposizionare le
bombole che mi serviranno domani per la decompressione e poi si toglie la voglia
di guardarsi un po' intorno. Riemergendo, Jean Jacques mi parla della
possibilità di far rotolare alcuni massi verso quello che sembra il fondo della
grotta, ma io sono un po' perplesso al riguardo perché, data la pendenza della
galleria che da -73 scende a -109, smuovere dei massi potrebbe determinare
l'ostruzione del piccolo passaggio.
Verifica
del circuito semichiuso prima dell’immersione
Domenica 22 - Oggi non fa caldo, e ci si
può preparare senza soffrire. Scendo sul fondo della grotta per raccogliere i
dati per la topografia per tutta la parte esplorata. Sono 143m totali di
percorso di cui 80m verticali; visto che questa ultima parte la rileverò durante
la decompressione, mi rimangono 63m da topografare tra -109m e -73m. Raggiungo
il fondo velocemente dopo 5' dalla partenza. Tolgo gli elastici che tengono
bloccato le matite alla placchetta su cui sono montati gli strumenti necessari:
un profondimetro, una bussola e i fogli di carta speciale adatta all'uso
subacqueo. Inizio il rilievo: lunghezza sul filo, direzione della bussola,
profondità, larghezza e altezza, ed uno schizzo con i particolari salienti della
pianta e della sezione della galleria. La risalita è molto lenta e gli schizzi
impegnano un certo tempo; fortunatamente i punti topo non sono molti perché la
galleria in tutta la sua lunghezza è praticamente diritta, da 180° a 200°;
comunque impiego 30' per raggiungere i -73m. La decompressione mi permetterà in
tutta tranquillità di finire la topografia fino alla superficie. Trascorsi 115'
riemergo soddisfatto per il lavoro fatto.
Jean Jacques scende a verificare una
galleria orizzontale già esplorata da speleosub croati, che parte da -28m e la
percorre per un centinaio di metri; dopo un'oretta circa anche Marcello va a
curiosare nella stessa galleria. Simone invece decide di scendere alla base del
pozzo a -73m.
Vengo
aiutato da Jean Jacques a completare la vestizione
Due
passi e...
Ingresso nel paradiso
Ritorno a riva per prendere
le ultime cose: faro, svolgisagola e bombola
Riscaldo
la calce prima della rapida discesa nel pozzo
Lunedì 23 - Carichiamo le macchine e
iniziamo il viaggio verso Racovica dove ci aspetta un'altra sorgente: Sinjac. Il
viaggio è relativamente breve, meno di 200km. Raggiungiamo la "speleo-casa", una
struttura che serve agli speleologi come base, posto tranquillissimo costituito
da due enormi case che permettono di sistemare le attrezzature all'interno,
mentre noi dormiremo nelle tende. Andiamo anche a vedere la sorgente che dista
una quarantina di chilometri, salendo fino all'altopiano sul quale si trova il
lago dove mi ero immerso per andare a visitare la grotta di Velika Pecina nel
passato mese di maggio; in questo periodo di siccità il lago è completamente
asciugato e le sue acque, confinate nell'interno della grotta, si disperdono
nelle viscere della terra fino a raggiungere una zona impermeabile dove
scorrendo, confluiscono riemergendo in alcune sorgenti della zona.
Ancora qualche chilometro e raggiungiamo
il fondo valle dove sgorgano le acque di Sinjac. Notando che non ci sono nessuna
tracce di corrente, ci auguriamo che il passaggio attraverso la strettoia nella
zona fonda a -103m, sia facilitato, anche se la visibilità, a causa dell'acqua
immobile ed alla decomposizione delle piante, è solo di un metro.
Martedì 24 - Simone con un certo
rammarico, è costretto a rientrare in Italia per problemi di lavoro, il resto
del gruppo si organizza per un'immersione di prova, a Sinjac. Jean Jacques
scende per primo con l'intenzione di stendere il filo fino a -70m, io mi limito
ad un giretto, con Alan che si diverte a prendere delle immagini video e
Marcello sollecito, prepara le bombole per la decompressione. I parametri che
verifico sono che la visibilità è scarsa fino a 4-5m di profondità poi si
stabilizza in tutto il resto della galleria e si può vedere fino a 5m non oltre.
La temperatura dell'acqua è di 14°.
Mercoledì 25 - Un nuovo attacco di
dissenteria che non è mai veramente passata e un riacutizzarsi dei dolori
all'orecchio, mi impedisce di immergermi e rimando l'esplorazione al giorno
successivo. Approfitto quindi per dedicare il mio tempo alla manutenzione delle
attrezzature, e terminata questa attività, per una visita a Plitvička jezera,
località che, con i suoi pittoreschi laghetti e deliziose cascatelle, rende
grande merito a tutto quello che l'acqua riesce, nel contesto della natura, a
creare di meraviglioso.
Giovedì 26 - Questa volta sono le
condizioni meteo che mettono il veto all'immersione: un violento temporale che
si scatena e incalza per tutto il giorno, ci fa desistere. Jean Jacques e
Marcello decidono di partire definitivamente alla volta dell'Italia, mentre io
rimango sul posto per recuperare lo svolgisagola e una bombola di ossigeno
rimasti nella sorgente. Il tempo destinato alle esplorazioni in queste regioni,
è ormai agli sgoccioli.
Venerdì 27- Organizzo l'immersione con
Alan: se le condizioni della sorgente sono buone mi spingerò il più avanti
possibile, in caso contrario mi limiterò a recuperare lo svolgisagola a -72m., e
la bombola d'ossigeno a -6m. Prima di iniziare il nostro lavoro alla sorgente,
temporeggiamo attardandoci nel visitare la grotta turistica di Baracevac la cui
fama ha attirato, nel giro di un paio di mesi, 2000 turisti. Raggiungiamo
finalmente Sinjac alle 14.00. Le condizioni di visibilità, alla prima occhiata,
non sembrano mutate: il livello dell'acqua si è alzato di una decina di
centimetri, e mentre lo osservo, rifletto che le mie condizioni fisiche non sono
migliorate anzi, soffro anche di mal di testa. Probabilmente, al termine del mio
viaggio, ne risento un poco sia sul lato psicologico che fisico. Con questo
spirito, preparo i due circuiti semichiusi con montate due bombole da 10l di
trimix e una da 2lt d'argon, preparo i tre relè di cui uno da 7lt con una
miscela da viaggio e due da 5lt contenente miscele iperossigenate. Gli ultimi
accordi con Alan sono che mi seguirà con la sua fedele videocamera fino a circa
-40m, ed in un secondo tempo, mi raggiungerà alla tappa di decompressione,
un'ora dopo la mia partenza. Inizio a prepararmi con poca convinzione, ma non
appena metto il naso in acqua, il mio umore cambia totalmente: divento grintoso
e tutti gli acciacchi sembrano scomparire. Attraverso il lago e raggiungo la
partenza del filo, tolgo aria dalla muta e velocemente scendo il pozzo. Dovrei
lasciare la bombola iperossigenata a -21m. ma arrivo "lungo" e sono costretto a
lasciarla qualche metro sotto; a -30m. cambio gas nel circuito e raggiunti i
-36m. lascio anche la seconda bombola decompressiva. Per non perdere tempo a
fare lavaggi del sacco polmone in discesa, devo anticipare i cambi gas: a -50m.
ultimo cambio e passo alla miscela di fondo. Raggiunti i -72m. lascio la bombola
da 7lt, prendo lo svolgisagola e continuo la discesa seguendo il vecchio filo
messo dai francesi diversi anni fa. La visibilità massima di 4m. non mi permette
di osservare tutta la galleria che scende con un'inclinazione di almeno 30°;
percepisco solo che l'altezza del soffitto, diminuisce fino ad arrivare a circa
1,5m.; il fondo di sabbia ormai è inevitabilmente urtato dalle mie pinne, per
cui prevedo che al rientro avrò ben poca visibilità. Sono a -100m.: a differenza
dei miei predecessori che si sono fermati a -103m in una zona stretta, decido di
attraversare la galleria e portarmi sul lato destro; supero lo scivolo di sabbia
e, facendo molta attenzione, ne attraverso un altro di argilla; percorro ancora
una quindicina di metri e raggiungo un punto in cui la galleria ritorna
nuovamente grande. Continuo sagolando sul lato destro: la galleria scende, mi
fermo quando l'analizzatore di ossigeno mi indica una PpO2 di 1,6, fisso il filo
su un'asperità: sono a -119m a 203m dall'ingresso, l'acqua è piuttosto torbida,
ma intravedo sotto di me il fondo che sembra proseguire in discesa. Sono passati
19', quando inizio la risalita: in alcuni punti sono costretto procedere
lentamente a causa della ridotta visibilità. Quando Alan viene ad incontrarmi,
sono già a -21m giusto il tempo di scrivere il risultato raggiunto sulla
tavoletta, passargli le attrezzature di cui non avrò più bisogno, per continuare
la decompressione. Sono consapevole che non avrò, per tutto il resto del tempo
di decompressione, altri contatti con gli umani alla superficie. Poco prima di
riemergere trovo, a -5m. sotto il fango, un fucile militare: nella mia mente
scorrono gli orrori delle immagini di una guerra combattuta in questi luoghi
pochi anni fa, guerra che ha lasciato segni profondi nella popolazione e nel
modi di vivere della gente che abita vicino ai confini delle zone più colpite.
Dopo averlo estratto dal fango, mi accorgo che è molto antiquato e che, più
verosimilmente, è probabile risalga alla prima guerra mondiale; all'uscita lo
consegno ad Alan che a sua volta lo porterà al museo di Racovica. L'immersione
finisce dopo 105'. Con rammarico mi convinco che è il momento di rientrare.
Dopo il
temporale, la calma viene annunciata da due arcobaleni
La
chiesa sconsacrata che domina il cucuzzolo sopra la sorgente
Il bilancio delle esplorazioni è
positivo: se poi considero gli acciacchi fisici sopravvenuti e non solo, e di
come sono riuscito a limitarne le conseguenze, il bilancio diventa ancora più
positivo. Per di più i contatti presi e consolidati nei due paesi visitati, ci
aprono le porte ad una serie di promettenti esplorazioni sia nelle grotte da noi
viste in questa prima esperienza, sia in molte altre ancora, solo nominate e non
ancora visitate direttamente. Le impressioni da me recepite in questo viaggio
sono molto simili a quelle recepite in altri viaggi, tuttavia godono della
unicità del loro essere, come uniche sono le persone incontrate ed il loro modo
di vivere.
Ringrazio in modo particolare tutti
coloro che hanno permesso questa spedizione:
Aquatica, Best Divers
Ennio Lazzarotto, Hrvoje Cvitanoviċ, Alan Kovacevic, Tihi Kovacevic, Jean
Jacques Bolanz, Marcello Ferretto e Simone Piscitelli.

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